[18/12/2009] News toscana
FIRENZE. "Prescrivere o non prescrivere, questo è il problema" - direbbe il poeta riguardo al Piano di indirizzo territoriale (Pit) della Toscana, il cui monitoraggio è stato dibattuto oggi in un incontro a Firenze. E' un documento, il Pit, che contiene infatti sia parti vincolanti sia indicazioni di prospettiva, ma che è sostanzialmente caratterizzato da un'ampia elasticità che, secondo quanto dichiarato dall'assessore alle Infrastrutture della Regione, Riccardo Conti, era nelle intenzioni dei legislatori stessi. Sostiene infatti Conti che «il Pit è volutamente un documento di indirizzo (anche se contiene una parte prescrittiva), e ciò è stato fatto per far sì che fosse prima di tutto uno strumento di dibattito, prima che di prescrizione».
Eppure, afferma l'assessore riferendosi alle polemiche che - dalla vicenda della "Toscana felix" in poi - hanno accompagnato gli anni di vita del Piano, «in questi anni la regione è stata sottoposta ad una campagna di stampa finalizzata a criticare quello che era definito "il saccheggio della Toscana", e che focalizzava le sue accuse proprio sull'eccessiva elasticità del Pit».
E' chiaro che, nel meccanismo gerarchico che sussiste tra le pianificazioni urbanistiche di livello regionale (il Pit, appunto), provinciale (i Peap) e comunale (l'iter che va dal Piano strutturale al Regolamento urbanistico), entrambi gli estremi sono da evitare: se, cioè, un'eccessiva prescrittività del Piano regionale annullerebbe le autonomie locali in termini di pianificazione e porterebbe ad un accentramento decisionale, è anche ovvio che un'eccessiva elasticità è - pure - fattore da evitare, poiché vanificherebbe il potere di indicazione prospettica e di "regia" che la normativa assegna all'autorità regionale.
Quale sia il punto di equilibrio più solido è ancora da chiarirsi. La questione, peraltro, investe anche l'efficienza e l'efficacia (intese anche come velocità di esecuzione, ed effettiva incisività, delle scelte attuate) della politica di governo del territorio: a questo proposito è utile riportare un dato Irpet oggi ri-presentato dal Garante per la comunicazione del Pit, Massimo Morisi, e di cui greenreport aveva parlato il 1° dicembre in un intervento di Mauro Parigi: il tempo medio che intercorre tra l'avvio di un nuovo procedimento e (attraverso le varie fasi di adozione e approvazione dei Piani strutturali e dei Regolamenti urbanistici) l'approvazione finale del Regolamento urbanistico è di 2237 giorni, cioè quasi 6 anni.
Che sia tanto o poco tempo non è qui in discussione, ma è ovvio che su queste tempistiche influisce (e influirà) anche l'impostazione in termini di elasticità/prescrittività che si dà al Piano di indirizzo territoriale, cioè come si prosegue l'applicazione di quello attuale (che scadrà nel 2010) e come si agirà in futuro sia dal punto di vista della produzione di normative, sia da quello della loro applicazione.
Ma se i Piani sono tipicamente documenti di indirizzo (del tutto o in prevalenza), le leggi ad essi parallele sono invece (almeno teoricamente) caratterizzate da una natura prescrittiva. E in questo senso va ricordato che sia la legge regionale 5/95 sul Governo del territorio sia la sua evoluzione (la l.r 1/2005) contenevano parti caratterizzate da una (teorica) forte prescrittività in termini di limitazione al consumo di suolo. Se, infatti, la l.r.5 (art. 5 comma 4) indicava che «nuovi impegni del suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono di norma consentiti quando non sussistono alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e infrastrutture esistenti», questa impostazione è stata poi superata da quella contenuta nella legge 1/05, in cui all'espressione "di norma" si sostituiva un più cogente "esclusivamente". Sostiene infatti l'art. 3 comma 4 della legge attuale che «nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti».
In particolare dalla 1/05 in poi, quindi, in Toscana ogni possibile ambito in cui si avrebbe avuto consumo di suolo libero sarebbe dovuto essere sottoposto ad un iter di verifica della effettiva necessita di consumare suolo aggiuntivo.
Eppure, non appare essere riscontrabile una reale applicazione di questa normativa, o meglio non si riscontra una reale coerenza tra la forte prescrittività che caratterizza le parti citate delle due leggi (e in particolare di quella vigente) e quella dell'azione di governo, che è stata invece ispirata più, appunto, ad un'azione di indirizzo che ad una di prescrizione.
Di tutto questo ne abbiamo parlato con lo stesso assessore Conti (vedi link a fondo pagina per leggere l'intervista)