[23/12/2009] News
GROSSETO. «Dopo 22 anni l'Italia ritorna al nucleare di nuova generazione». Inizia così il comunicato stampa emesso dal ministero dello Sviluppo per rendere noto che il Governo ha ieri approvato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per "la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché le misure compensative e le campagne informative al pubblico".
Ma già nell'incipit ci sono almeno due incongruenze. La prima: dire che «l'Italia ritorna al nucleare» è esageratamente ottimistico in questa fase perché non tanto la storia ma la pratica quotidiana insegna che tra lo scrivere le norme e ottenere che a quelle norme venga dato un seguito di acqua sotto i ponti ce ne passa.
Quando poi le norme servono a riscrivere le regole per impostare una politica nucleare e partono dal presupposto di appoggiare gran parte di esse su una struttura al momento nemmeno esistente quale l'Agenzia per la sicurezza nucleare, è ancora più velleitario poter dire che siamo già a poter parlare di "posa della prima pietra della prima centrale nucleare entro questa legislatura", alla quale il ministro Scajola ha invitato Pierluigi Bersani, scettico sulla scelta nucleare per l'Italia.
Un ottimismo quello sui tempi che sembra non fare i conti con i passaggi che lo schema di decreto proposto dal ministro Claudio Scajola dovrà fare e che non incontrerà ovunque favori. Tra l'altro ha già ha fatto storcere il naso al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per le poche competenze che il decreto lascia al suo dicastero. Dopo il primo atto del via da parte del Consiglio dei ministri, il decreto dovrà andare all'esame della Conferenza Unificata dove la maggioranza delle regioni (13 su 20) ha già fatto ricorso alla Corte Costituzionale perché il decreto Sviluppo esautora di fatto le regioni dalla loro competenza in materia energetica e il sindaco di uno dei comuni che probabilmente sarà tra i siti idonei, Montalto di Castro, ha già detto che non è interessato alle compensazioni e che la centrale non la vuole.
Pertanto non sarà un passaggio né facile né tantomeno veloce. C'è poi il parere delle Commissioni Parlamentari da esprimere prima che il decreto possa tornare al Consiglio dei Ministri per il varo definitivo. Solo fatti questi passaggi, il decreto prevede che nei tre mesi successi, il Consiglio dei Ministri adotterà il documento contenente la "strategia nucleare" con il quale saranno delineati gli obiettivi strategici in materia. Dopodiché gli operatori interessati potranno formalizzare le loro proposte relative alla realizzazione degli impianti.
Ma prima dovrà essere redatta la mappa delle aree idonee ad opera di un'Agenzia (che però, appunto ancora, non c'è) sulla base di criteri la stessa agenzia dovrà definire. Agenzia che dovrà anche provvedere all'autorizzazione per la realizzazione degli impianti che le aziende interessate proporranno, dopo che sarà definito tutto l'iter descritto.
La seconda incongruenza sta nel definire nucleare «di nuova generazione» quello che si vorrebbe riproporre in Italia, quando le prime quattro centrali su cui si è già fatto l'accordo con la Francia, saranno reattori della tipologia Epr, ovvero nucleare di terza generazione attualmente in corso di costruzione in due siti europei, Olkyluoto in Finlandia e Falmanville in Francia.
Una tecnologia su cui recentemente si sono espresse le autorità nazionali per la sicurezza nucleare di Francia (Asn), Finladia (Stuk) e Gran Bretagna (Hse/Nd) con un documento congiunto, che punta l'indice sul sistema di interconnessione tra il sistema di controllo e quello di sicurezza, quando per garantire la sicurezza, sottolineano le stesse agenzie sarebbe fondamentale che i due sistemi fossero indipendenti. Il sistema di sicurezza assicura infatti protezione dal guasto o dal funzionamento difettoso del sistema di controllo: pertanto se i due sistemi fossero fuori uso in maniera contemporanea sarebbe un grave problema di sicurezza. Quindi si tratta di dover modificare un caposaldo concettuale dei reattori Epr, proprio riguardo alla sicurezza. Per non parlare poi di tutti gli altri problemi che questa tipologia di reattori ancora presentano, tanto che in un articolo pubblicato a giugno dal New York Times si dice che quello che doveva essere «l'emblema della rinascita nucleare arranca sul terreno fangoso dell'isola finlandese e dopo quattro anni di costruzione e le migliaia dei difetti e delle mancanze registrati, Areva, la società che lo sta realizzando, non si pronuncia su quando potrà entrare in esercizio».
Ma la stessa Areva ha però già riconosciuto che il costo del nuovo reattore è oggi circa 6 miliardi di euro, dal momento che i ritardi accumulati nei tempi ipotizzati per la sua realizzazione hanno fatto salire i costi almeno del 50%. E sulla base di questi dati asserire che quanto deciso dal Governo riguardo alle regole per la realizzazione del nucleare «consentirà di garantire all'Italia non solo energia elettrica ai prezzi inferiori almeno del 30% ed allineati con quelli di altri paesi europei, ma anche di dotarci di una fonte di energia disponibile su vasta scala, con sicurezza delle forniture» non è solo eccessivamente velleitario, è alla luce dei dati disponibili non corrispondente a realtà.