[29/12/2009] News

La Corea del sud avvia il carbon market. E intanto vende nucleare agli emiri

LIVORNO. Le emissioni di CO2 della Corea del sud nel 2007 sono arrivate a 620 milioni di tonnellate, con una crescita del 2,9% rispetto al 2006. Secondo il governo sudcoreano sarebbe il risultato di una crescita economica che nel 2007 aveva registrato un più 5,1%, lo 0,1% in meno che nel 2006, ma intanto la crescita delle emissioni di CO2 era tre volte più grande.

Misteri di un Paese che si basa per la produzione di elettricità in gran parte sulle centrali nucleari che, secondo quanto ci viene detto, sarebbero praticamente ad emissioni zero.

Il governo di Seoul attribuisce il forte aumento delle emissioni alla produzione di carburanti fossili e proprio alle difficoltà produttive della rigida industria nucleare che non è riuscita a star dietro all'aumento del consumo di energia da parte delle industrie siderurgiche e petrolchimiche.

La crisi economica che ha preso il via nel 2008 ed è ancora in corso dovrebbe aver ridimensionato i dati delle emissioni, ma sarà comunque difficile per il governo sudcoreano rispettare il suo programma di riduzione volontaria del 20% delle emissioni di gas serra entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005.

La Corea del sud ci prova iniziando dall'avvio di un progetto pilota di tre anni per il commercio delle emissioni di gas serra. Il ministero dell'ambiente ha annunciato che la Korea Exchange (Krx), la borsa sudcoreana, servirà da piattaforma per il carbon market che debutterà al più tardi entro la fine del 2010.

Al progetto pilota di carbon market sudcoreano parteciperanno 641 organizzazioni, tra le quail 14 governi locali, 446 organizzazioni pubbliche, 29 laboratori e 166 fornitori, che secondo il governo dovranno dotarsi di permessi di emissione che consentiranno loro di emettere una certa quantità di gas serra ma non oltrepassando i limiti fissati, le industrie potranno vendere ed acquistare quote di emissioni. L'obiettivo è quello di ridurre dall'1 al 2% le emissioni di de CO2 rispetto al livello medio registrato tra il 2005 e il 2007.

E' sintomatico (e preoccupante) che questo progetto pilota di carbon market nasca senza l'industria pesante sudcoreana che lo stesso governo ci dice essere la causa dell'aumento di emissioni.

Intanto la Corea del sud governo di Seoul gioisce per il contratto da 40 miliardi di dollari per costruire 4 reattori nucleari negli Emirati Arabi Uniti, firmato tra il consorzio capeggiato dalla Korea Electric Power (Kepco) e l'Emirates Nuclear Energy. Del consorzio vincitore fanno parte anche la Hyundai Engineering and Construction, Samsung C&T, Doosan Heavy Engineering e la Westinghouse Electric, un ramo Americano della giapponese Toshiba.

Una trionfale nota del governo sottolinea che «Si tratta di niente meno che del più importante contratto mai vinto dalla Corea all'estero».

Il risultato sta scatenando un'ondata di vero e proprio orgoglio nazionalista per la vittoria ottenuta sul gruppo nucleare francesa Areva che capeggiava un consorzio che proponeva la realizzazione di centrali nucleari Epr e comprendeva la statunitense General Electric e la giapponese Hitachi.

Secondo il contratto firmato, il consorzio coreano dovrà realizzare nel deserto degli Emirati, entro il 2020, quattro reattori nucleari per una potenza di 1.400 megawatts.

Si è felicitato persino il presidente sudcoreano Cheong Wa Dae: «La Corea ha colto questa opportunità di esportare dei reattori nucleari in un Paese produttore di petrolio. La nazione realizza così il suo sogno di diventare un esportatore di energia».

Che il sogno possa trasformarsi in un incubo geopolitico e per la pace e la sicurezza mondiale non sembra nemmeno sfiorare i sudcoreani, eppure, proprio dall'altra parte del Golfo Persico, le strade sono di nuovo teatro di scontri sanguinosi tra la polizia e i miliziani del regime islamico e gli oppositori iraniani, Israele oggi annuncia che l'Iran potrebbe avere la bomba atomica nel 2011, l'Iran si è preso un pozzo petrolifero in Iraq e minaccia gli Stati arabi amici dell'occidente, con in testa gli Emirati Arabi che con Teheran hanno qualche contenzioso territoriale... i reattori sudcoreani rischiano di diventare facili bersagli in caso di guerra e rappresaglia.

Sono già oggi un altro elemento di instabilità in Medio Oriente. Mentre si fanno convegni internazionali per la denuclearizzazione dell'area, mentre si parla di non proliferazione e si cerca di contenere l'avventura nucleare iraniana, coreani, francesi, americani e giapponesi non trovano di meglio che andare alla corte degli emiri arabi per soddisfare il sogno nucleare di un regime dittatoriale... ricchissimo, spendaccione fino alla bancarotta, ma sempre una dittatura affacciata sul tratto di mare (e sulle sue risorse di petrolio e gas) più instabile e ambito del mondo.

Eppure, secondo la Corea del sud «il successo dell'offerta del consorzio coreano si basa sui 30 anni di esperienza nel settore nucleare delle imprese coreane, sulla competitività del prezzo proposto e sulla relativa rapidità di costruzione».

Pecunia non olet e gli affari sono affari, e la valutazione del tasso di democrazia (e di pericolosità) varia molto se ci sono i petrodollari a disposizione e se il monarca assoluto è un buon amico dell'Occidente ed un nemico dell'Iran.

 

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