
[30/12/2009] News
LIVORNO. Mentre la situazione in Iran sta precipitando ed il regime sta attuando un giro di vite per mettere a tacere gli oppositori, Il Wall Street Journal e la stampa russa stanno dando grande rilievo ad un rapporto preparato dai servizi di intelligence per conto dell'International atomic energy agency (Iaea) che svela l'esistenza di un contratto segreto tra il Kazakistan e l'Iran per la fornitura alla Repubblica Islamica di 1.350 tonnellate di concentrato di uranio per un ammontare di 450 milioni di dollari. Secondo il rapporto la dittatura kazaka e il regime iraniano dovrebbero ufficializzare la cosa nelle prossime settimane, magari quando il sangue che scorre nelle strade delle città iraniane sarà rappreso e le prigioni saranno piene di scomodi oppositori finalmente messi a tacere.
La rivelazione, in questo momento, è scomoda anche per la satrapia che governa il Kazakistan e il portavoce del ministero degli esteri kazako, Erjan Achikbaiev, oggi ha dichiarato che «Il Kazakistan non ha mai pensato di fornire all'Iran del concentrato di uranio. Non c'è dubbio che il Kazakistan rispetti tutte le esigenze dell'Iaea, il che esclude ogni vendita al di fuori del controllo dell'Agenzia».
Secondo il Wall Street Journal il governo di Astana non sarebbe direttamente coinvolto nell'affare che sarebbe trattato da "un funzionario kazako infedele". Ma il sospetto più che fondato è che l'Iran, dopo il deteriorarsi dei rapporti con gli amici russi che non sembrano più disposti a coprire e rifornire la sua avventura nucleare, cerchi nell'ex Asia centrale sovietica, tra i regimi autoritari che dietro la facciata di un tiepido islamismo sono in realtà una macchina di affari familistici e tribali, l'uranio necessario ad alimentare le sue centrali ed i suoi esperimenti, che rischia di non arrivare più con l'inasprimento delle sanzioni e con la nuova "prudenza" di russi e cinesi che non si fidano più tanto di un Paese così turbolento e dove probabilmente è in corso uno scontro finale che potrebbe portare ad una vera democrazia o ad una vera dittatura teocratico-militare.
Il Kazakistan, con un territorio martoriato ed avvelenato dalle discariche nucleari e tossiche del suo passato sovietico, é il naturale sbocco di queste ambizioni: secondo la società statale Kazatomprom per l'energia nucleare, nel 2009 dovrebbe aver prodotto 13.500 tonnellate di uranio, il 58% in più rispetto al 2008, diventando così il leader mondiale del settore.
Kazatomprom sarebbe direttamente coinvolta nell'affaire iraniano, visto che é l'operatore nazionale kazako per l'esportazione dell'uranio e dei suoi derivati, delle terre rare di combustibile per le centrali nucleari, ma esporta anche attrezzature speciali e "materiali a doppia vocazione".
Che i traffici nucleari stiano andando molto bene al regime kazako lo spiega un comunicato della stessa impresa nucleare controllata al 100% dal governo di Astana: «Kazatomprom sviluppa assi altrettanto promettenti quali il riciclo e l'arricchimento dell'uranio naturale, la produzione di combustibile per reattori, la realizzazione e lo sfruttamento di reattori di bassa e media potenza. La società progetta inoltre di creare in Kazakistan degli impianti di produzione di terre rare».
Quindi il Kazakistan, con la tecnologia ereditata dagli ex compagni russi (e probabilmente con il loro fraterno supporto), si dichiara in grado di fare quello che non si vorrebbe far fare all'Iran. Il tutto in una dittatura che usa l'Islam come piedistallo "sociale", nel cuore dell'Asia e ad un passo dalle pericolose faglie nucleari iraniana e pakistano-indiana, pronte ad entrare in contatto con scosse delle quali nessuno è in grado di valutare le conseguenze.
Forse qualcuno dovrebbe preoccuparsi per quanto succede nell'esotica satrapia centro-asiatica.
Invece ad Astana, grazie all'uranio, al gas. Al petrolio ed al suo equilibrismo tra russi ed occidente, tra indipendentismo del Turkestan uiguro e la Cina, viene perdonato ogni deficit di democrazia ed ogni eccesso.
Solo ad ottobre il presidente francese Nicolas Sarkozy è andato in visita di Stato ad Astana per firmare accordi sullo sviluppo dell'industria dell'uranio e l'utilizzo pacifico dello spazio.
Ma Sarkozy ha soprattutto portato a Parigi quel che probabilmente vogliono portare a Teheran gli iraniani: un accordo per creare una joint venture tra Kazatomprom e Areva/Cogema per commercializzare il combustibile nucleare e per condurre uno studio di fattibilità su un progetto che punta a produrre del combustibile nucleare in Kazakistan.
Naturalmente in questo preoccupante quadro di mercato energetico non potevano mancare gli italiani: un consorzio guidato dalla nostra Eni e dalla Bg ha aperto ieri con il Kazakistan una trattativa per entrare nel progetto di esplorazione del giacimento di Karachaganak che produce 1,2 miliardi di tonnellate di petrolio e gas condensato e 1.350 miliardi di metri cubi di gas naturale. Bg e Eni hanno insieme il 65% delle quote, l'americana Chevron è al 20% e i russi di Lukoil il 15%.