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[23/07/2009] News
LIVORNO. L' organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ufficialmente dichiarato che l'influenza suina causata dal virus H1N1 l'11 giugno 2009 è una pandemia. Da allora si sono mossi i piani dei vari paesi per commissionare alle industrie farmaceutiche le dosi di vaccini necessari a coprire almeno la parte più debole o più esposta della popolazione al contagio e le aziende si sono messe al lavoro.
Secondo le definizioni della stessa Oms, siamo di fronte ad una pandemia quando almeno due continenti sono interessati da epidemie di dimensioni comunitarie che presentano virus non riconducibili ad agenti patogeni già conosciuti.
Riconoscere che si è di fronte ad una pandemia non significa necessariamente che l'infezione e quindi la patologia conseguente debba essere estremamente letale o pericolosa (il termine si riferisce infatti all' estensione, non alla potenza del virus) ma attiva una serie di azioni che debbono essere messe in pratica dai paesi, con misure di prevenzione, informazione alla popolazione, e risposte in caso di contagio.
Che non significa chiudere frontiere o scuole, come si è letto anche in questi giorni, ma appunto prepararsi ad intervenire.
«In un primo momento il numero dei malati era gestibile e sono state messe in campo, da parte di tutti gli Stati membri, delle strategie di "contenimento e di isolamento" del virus - ha dichiarato pochi giorni fa Paola Testori Coggi, direttrice generale aggiunta per la Sanità alla Commissione europea- adesso l'azione dei diversi sistemi sanitari è di "mitigazione: si limita la diffusione dell'influenza ma non si può evitarla».
Quindi l'unico rimedio efficace contro il diffondersi della nuova influenza è ricorrere al vaccino e per limitare gli effetti del virus, in caso di contagio, utilizzare farmaci antivirali.
Per questo quattro grandi multinazionali ci stanno lavorando «basandosi su ceppi influenzali identificati nel maggio scorso e autorizzati a livello mondiale - ha detto Testori Coggi, e ha aggiunto - Pensiamo che entro settembre si possa arrivare al vaccino e stiamo discutendo con gli Stati membri le strategie migliori per mettere in campo un'azione comune di vaccinazione».
In realtà gli stati stanno già pianificando il percorso di vaccinazione e hanno già provveduto a prenotare le dosi necessarie soddisfare questi piani, prima ancora della riunione del consiglio dei ministri della salute prevista per ottobre.
In Italia ad esempio il ministro Sacconi ha fatto sapere ieri nel corso del question time alla Camera che per contrastare le diffusione del virus H1N1 verranno acquistare 48 milioni di dosi di vaccino, che saranno somministrate entro la fine del 2009 agli operatori sanitari, sociali e agli individui portatori di determinate patologie (8,6 mln di persone) e da gennaio 2010 i giovani fino ad i 27 anni ed i bambini, categorie «maggiormente suscettibili a tale infezione, e quindi serbatoi di diffusione della stessa» ha detto Sacconi. La vaccinazione sarà gratuita per tutte le categorie inserite nel programma dell' autorità e sarà somministrato negli ambulatori, non sarà cioè possibile acquistarlo autonomamente in farmacia. Un piano in linea di massima simile a quello adottato in altri paesi e per fare in modo che l'azione sanitaria sia omogenea per tutto il territorio europeo l'Ue «sta preparando- ha detto ancora Testori Coggi- anche un contratto unico per la fornitura del vaccino contro la nuova influenza, per quei Paesi più piccoli che non ce la fanno a sottoscrivere accordi con le grandi industrie farmaceutiche».
Si calcola che questi interventi coordinati per vincere la battaglia contro la malattia del momento frutteranno alle quattro aziende farmaceutiche almeno 10 miliardi di dollari: 35 Paesi hanno già chiesto informazioni, Svizzera, Francia, Stati Uniti e Germania, e adesso anche l'Italia, hanno già stilato contratti. Ma chi penserà a fornire i vaccini anche in quei paesi che non se lo potranno permettere?
«Per produrre un vaccino occorrono anche degli incitamenti finanziari» ha dichiarato Daniel Vasella, direttore generale di Novartis, una delle principali aziende che stanno lavorando alla realizzazione del vaccino. Una frase che il responsabile delle relazioni globali della multinazionale ha reso ancora più esplicita aggiungendo: «Siamo pronti a supportare tecnicamente i Paesi in via di sviluppo. Il vaccino comunque non sarà "free", non sarà regalato».
Chi pagherà dunque per questi paesi? Una domanda non troppo peregrina se si pensa che se serviranno cifre di questa portata per frenare una pandemia d'influenza, comunque nemmeno troppo pericolosa per la salute pubblica, dati i numeri che attualmente si sono registrati almeno in Europa («Se, nella migliore delle ipotesi, il contagio rimane a questi livelli è evidente che 15mila malati su scala europea sono relativamente pochi» ha detto la responsabile Salute della Commissione europea) quando ancora non si è provveduto a finanziare campagne di vaccinazione per frenare la diffusione di patologie ben più gravi quali l'Aids, la malaria o il morbillo.
Riguardo all'Aids, l'Unicef calcola che esistano 33,2 milioni di ammalati: di questi sieropositivi, 2,1 sono bambini sotto i 15 anni, di cui il 90% vive nell' 'Africa sub-sahariana. La situazione italiana, dal 1982 (anno in cui il morbo fu scoperto) al 2004 è stato di 53.000 casi, di cui 33.000 con esito letale e secondo gli addetti ai lavori ogni anno sono dalle 3500 alle 4000 le persone colpite dal virus Hiv di cui almeno la metà sviluppa la malattia conclamata.
La malaria uccide solo in Africa 3.000 bambini ogni giorno e anche il morbillo non è stato ancora sconfitto laddove non si è provveduto ad una massiccia vaccinazione e secondo le ultime stime nonostante la riduzione, il numero dei decessi per il contagio era ancor di 345.000 nel 2005.
Non saranno pandemie, ma provocano senza dubbio un numero molto più alto di vittime. Farebbe bene rifletterci e destinargli almeno la stessa attenzione che viene data all'influenza suina.