[04/01/2010] News toscana

La misura della performance economica, da Rossi a Gesualdi

FIRENZE. Il recente dibattito sullo sviluppo che deve augurarsi la Toscana, introdotto dal candidato del centrosinistra a presidente della Regione Enrico Rossi, al quale ha risposto oggi sul Tirreno Francesco Gesualdi, induce ad augurarsi che al probabile nuovo governatore della Toscana, siano fornite indicazioni utili (e Irpet per esempio, ha dimostrato di non lesinarle) per prendere le decisioni migliori. Solo con dati certi e trend fotografati nel tempo è infatti possibile leggere le dinamiche dei flussi di materia e di energia che determinano qualsiasi economia, e quindi agire di conseguenza, arrivando magari in prospettiva a riorientare il modello di sviluppo verso quella "economia della sazietà" vagheggiata da Gesualdi. Non è certo un problema solo toscano o risolvibile solo dalla Toscana.

E infatti i tentativi mirati a riportare in vita l' economia mondiale e a rispondere alla crisi globale del clima fanno sorgere una domanda: le statistiche danno «segnali» corretti e affidabili in relazione a quello che viene fatto in proposito? Ciò vale a maggior ragione a scala regionale dove il confronto con lo stato delle cose avviene quotidianamente. In caso di rilevamenti inadeguati, ciò che si cerca di ottenere (per esempio aumentare il PIL) può in realtà contribuire a peggiorare le cose, dagli gli standard di vita a quelli ambientali, dall'occupazione alla qualità del lavoro, ecc.

Da qui la necessità per la Toscana di prender quanto prima visione e adattarsi ai risultati della Commissione Internazionale sulla Misura della performance economica e del progresso sociale istituita dal Presidente francese Nicolas Sarkozy. C'è qualcuno che lo fa? Il governo della Regione ne ha consapevolezza?

Abbiamo necessità, da una parte, di verificare quanto pesino in modo negativo gli effetti del mito della produttività sulla qualità e sulla protezione dell'ambiente e della salute oltreché sul benessere sociale e, dall'altra, se è vero che le iniziative prese per migliorare l' ambiente, o per far fronte ai cambiamenti climatici, risultino vantaggiose anche per l' economia (cosa che crediamo sostenuti da autorevoli studi come quelli di Nicolas Stern), in che misura e soprattutto come.

Da tempo è risaputo che il PIL è un indice di misura inadeguato perfino delle attività di mercato, figuriamoci poi se è in grado di dire qualcosa di utile sul benessere; per di più i cambiamenti sociali, economici, indotti dalla crisi finanziaria del 2007-2008 e reale del 2009-2010, e climatici, innescati almeno mezzo secolo fa, hanno sicuramente accentuato i problemi.

Allo scopo di individuarli a scala regionale, oltre che prendere visione e atto dei risultati della suddetta Commissione sarebbe opportuno che i soggetti sociali organizzati e le istituzioni dessero vita a specifiche attività dedicate, anche autonome ma coordinate tra loro.

Ciò anche al fine di contribuire agli obiettivi fondamentali di sviluppo sostenibile e di politiche di adattamento (oltreché di mitigazione, per quello che ci compete) che così, sinteticamente, possono essere richiamati: (a) ricerca di una economia in equilibrio con le risorse disponibili (ambientali e umane) che comporta una riduzione della crescita economica puramente quantitativa e la riduzione conseguente delle performences del PIL non per crisi ma per rafforzamento e crescita di altri parametri e indicatori (salute, cultura, benessere, conoscenza, ecc.); (b) sviluppo della cooperazione sociale e della cooperazione del lavoro sulla base della crescita (questa si!) della conoscenza; (c) sviluppo della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali "strategici" (brutta parola di origine guerresca, ma che rende l'idea).

 

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