
[07/01/2010] News
GROSSETO. Per qualcuno potrà essere un suono quello che per altri è un rumore, ma sta di fatto che l'inquinamento acustico è una realtà in quasi tutti i centri urbani ed un fattore da non sottovalutare ai fini della protezione della salute.
Motivo per il quale il sindaco di Milano, Letizia Moratti, dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per l'inquinamento atmosferico della città che amministra è adesso nel registro degli indagati per omissione di atti d'ufficio relativamente ad un esposto presentato da un comitato di un quartiere cittadino per il troppo rumore che vi si registra nelle ore notturne.
«Proprio come l'inquinamento dell'aria e le sostanze tossiche» aveva sottolineato l'Oms in occasione del lancio delle nuove Linee guida sul rumore notturno «anche il rumore è una minaccia ambientale per la salute».
Il rumore non è infatti solo causa di problemi all'apparato uditivo sino alla sordità: condizione estrema, che si riscontra in casi di malattie professionali e quindi in particolari ambienti lavorativi.
Ma è ormai riconosciuto come uno dei fattori che predispongono ad un insieme di manifestazioni che vanno generalmente sotto il nome di stress e che comprendono disturbi vari che vanno da difficoltà di concentrazione, a problemi a carico del sistema digerente e che soprattutto incidono negativamente sulla sfera del sonno.
Il rumore disturba il sonno attraverso una serie di effetti diretti e indiretti che si ripercuotono sia sulla salute psichica, sia sulla salute fisica degli individui e dato che dormire è un'esigenza biologica la mancanza di un riposo adeguato è associata a numerosi problemi di salute.
Già un livello di rumore di 55 decibel è considerato dall'Organizzazione mondiale della sanità la soglia oltre la quale si verificano disturbi del sonno, mancanza di concentrazione, stress, aumento della pressione sanguigna e disturbi psichici. Una soglia che è però -molto spesso-è pari al livello standard, se non la di sotto di quello che si registra nell'ambiente abituale di vita. Soprattutto per chi abita in città.
Nonostante ciò il rumore è, da sempre, una delle forme di inquinamento cui si è prestato meno attenzione e su cui si è agito in maniera meno incisiva e, forse, anche tra le più difficili da combattere.
Una delle ragioni che rendono difficile agire sull'inquinamento acustico è data dal fatto che l'unità di misura del rumore, il decibel, si basa su una scala logaritmica; questo significa che un aumento di 3 decibel porta un raddoppiamento del volume, mentre 10 decibel in più equivalgono a 100 volte il rumore iniziale. Ma anche dal fatto che le sorgenti di rumore sono assai diffuse soprattutto in ambiente urbano e se il traffico dà il contributo principale all'instaurarsi di un fenomeno d'inquinamento acustico ( ne è responsabile per il 53% secondo uno studio dell'università La Sapienza) vi sono tanti altri fattori che concorrono al frastuono, dai cantieri aperti alle attività ricreative. Ed è proprio verso di queste che si è concentrata recentemente l'attenzione di molti comitati, come quello milanese, inducendo molte amministrazioni a far chiudere locali o ad impedire lo svolgersi di manifestazioni musicali.
Come se ne esce? E' evidente che già seguire le indicazioni di quanto prescrive la normativa potrebbe aiutare a distribuire in maniera più consona attività e rumore conseguente, così come intervenire in maniera drastica sul traffico porterebbe ad avere un doppio risultato: ridurre l'inquinamento atmosferico oltre a quello acustico.
Purtroppo anche i recenti dati che provengono dalle agenzie regionali per la protezione ambientale indicano che le città che hanno messo in pratica tutte le prescrizioni previste dalla normativa sono ancora molto poche.
La legge quadro sull' inquinamento acustico (la n. 447/95) prevede infatti l'obbligo per i Comuni di procedere alla classificazione acustica del territorio, ovvero alla distinzione del proprio territorio in classi omogenee (sono 6 quelle definite dalla normativa) sulla base della prevalente ed effettiva destinazione d'uso del territorio. Ad ognuna di queste zone omogenee deve essere poi assegnato il valore acustico limite, sulla base di due riferimenti temporali: diurno e notturno.
Ed è sempre competenza del Comune assicurare poi il coordinamento degli strumenti urbanistici con il suddetto piano di classificazione, cui far seguire anche un piano di risanamento, con l'obiettivo di ridurre sistematicamente il numero di persone esposte. Va da sé che ci sarà sempre chi scambierà per melodia il fragore di clacson o chi riterrà insopportabile il vocio notturno, ma intanto si proverebbe a dare soluzione ad un problema che secondo uno studio commissionato
dalla commissione europea, espone 210 milioni di cittadini ad rumore superiore a 55 dB, soglia che l'Oms raccomanda di non superare e anzi indica la soglia dei 40 dB, durante le ore di sonno, come valore limite per tutelare tutti i cittadini, compresi quelli appartenenti alle categorie più a rischio.