[08/01/2010] News toscana

Gelicidio a Montesenario (Fi): centinaia di alberi spezzati o caduti. Molte anche le frane

FIRENZE. Sono centinaia, forse migliaia, gli alberi pesantemente danneggiati o caduti al suolo sulla collina di Montesenario, situata nel comune di Vaglia (Fi) sulle alture tra la piana fiorentina e il Mugello, ad un'altitudine di 820 m. E alla vera e propria ecatombe che ha colpito le popolazioni vegetali locali si aggiunge un'innumerevole quantità di piccole frane, causate sia dallo sradicamento alla base che ha colpito molti esemplari arborei, sia da fenomeni di dissesto del suolo stesso. Il fenomeno, che sembra essere stato particolarmente localizzato, ha causato danni non ancora quantificati, ma sicuramente di non poco conto.

Il motivo dell'evento è legato prevalentemente al "gelicidio" avvenuto nelle nottate della prima parte della settimana, a cui va aggiunto il peso della neve caduta nei giorni precedenti. Il gelicidio, chiamato anche "bruscello" (nell'appennino Tosco-emiliano), "Vetriore" in Mugello e "Glaze" (cioè "invetrinamento") in inglese, è un fenomeno meteorologico piuttosto raro, ma che avviene comunque con una relativa frequenza proprio nei fondovalle appenninici e in pianura padana.

Il fenomeno avviene solitamente quando, come nelle scorse settimane (sia intorno al 20 dicembre, quando il fenomeno ha colpito il modenese - sia nei primi giorni dell'anno), ad una discesa di aria fredda da nord fa poi seguito un rapido riscaldamento degli strati superiori della troposfera. Ma, vicino al suolo o comunque a basse altitudini, talvolta può avvenire che resti "intrappolata", a causa del suo maggiore peso, aria più fredda.

Ed ecco che in situazioni di questo tipo si può avere il paradosso meteorologico per cui piove a quote di media montagna (sui 1200-1400 metri), ma più in basso la pioggia, attraversando strati di aria più freddi, si ghiaccia, oppure essa ghiaccia quando arriva a contatto col suolo e con ciò che lo ricopre (strade, alberi, ad esempio).

E se, nei giorni passati, le cronache dei media generalisti avevano avvisato ripetutamente la cittadinanza della possibile incombenza di questo fenomeno, l'attenzione si era però prevalentemente focalizzata sui possibili pericoli per la viabilità, dati dalla formazione di ghiaccio al suolo in un contesto di pioggia e non di neve o grandine, e quindi della difficoltà per gli automobilisti di percepire il pericolo di slittamento.

Ma il gelicidio ha anche un altro effetto perverso: sulle piante si forma all'inizio una pellicola continua di ghiaccio, che poi si inspessisce con ulteriori apporti di pioggia ghiacciata, o che diventa ghiaccio a contatto con la pellicola in via di formazione. Ciò causa un completo "avvolgimento" dei rami, anche di grosse dimensioni, che così tendono a cadere al suolo in conseguenza non solo del peso del ghiaccio, ma anche dalla spiccata fragilità indotta sui loro tessuti legnosi dall'avvenuto rivestimento.

In aggiunta, le tensioni interne accumulate portano ad un generale indebolimento di tutta la struttura del tronco che, aggiungendosi al peso del ghiaccio sui rami laterali e al fatto che nei giorni precedenti la zona era stata sottoposta a forti alternanze di gelo e disgelo, hanno portato allo sradicamento di molti alberi e a generali, diffusi problemi di dissesto del suolo che hanno colpito soprattutto la parte alta della collina.

I danni sono, come detto, ancora da quantificare: Montesenario, una tra le più gettonate mete che i fiorentini e i mugellani scelgono per brevi gite fuoriporta soprattutto in estate, ha nella sua parte alta un assestamento vegetale derivante dalla plurisecolare opera dei monaci che vi abitano dal XIII secolo, e che nel tempo hanno sostituito, alla vegetazione locale potenziale, un pregiato popolamento di conifere nostrane (es. Pinus nigra, Abies alba) e straniere, come la douglasia (Pseudotsuga Menziesii).

Questo popolamento è stato colpito duramente dall'evento meteorico avvenuto, e ora occorrerà capirne la capacità di ripresa: dal punto di vista botanico, il problema è che, mentre un popolamento di latifoglie caduche ha maggiore facilità di ripresa davanti ad eventi di questo tipo, non solo per una migliore capacità di reazione ma anche proprio per il fatto che nei mesi invernali giunge, a livello di sottobosco e quindi di giovani piante, una discreta quantità di luce, ciò non vale per quanto attiene ad un popolamento di conifere, che riesce a rinnovarsi solo ai margini del buio che si crea al di sotto delle chiome, ed è comunque sfavorito dalla peggiore qualità del terreno.

E' quindi molto probabile che occorreranno azioni di rimboschimento, anche per garantire la perpetuazione del popolamento vegetale, che altrimenti rischia, col tempo, di essere "assorbito" nella normale successione a bosco di latifoglie che caratterizza la zona climatica in questione, e che appare fenomeno da scongiurare a causa della grande (e riconosciuta) valenza paesaggistica della collina.

 

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