[12/01/2010] News toscana

L’altra via di Gesualdi: dalla crescita al benvivere, programma per una economia della sazietà

PRATO. Quando Francesco Gesualdi (Nella foto) inizia la presentazione di fronte a più di 80 persone, molte in piedi, c'è subito l'occasione per parlare della toponomastica: nella circoscrizione Prato Est la destra, che ha vinto per la prima volta le elezioni, ha deciso di cambiare la dedica di una sala pubblica, non si chiamerà più Don Lorenzo Milani ma Don Sturzo. La risposta è subito secca: il parroco di Barbiana non è neutro, anzi è sempre stato schierato, per questo alla destra dà fastidio e prova a cancellarne la memoria, questo fa anche giustizia di ogni interpretazioni bipartisan (andate per la maggiore) della figura del suo maestro. Il ragionamento non fa una grinza, soprattutto perché dice chiaramente che la colpa è che a Prato avete perso le elezioni, toccando un tasto che ancora duole. Ma ha un difetto, sarebbe come dire: perché vi stupite se si spara agli immigrati, in campagna elettorale lo avevano promesso, hanno anche istituito le ronde e ora si passa alla pratica...

La presentazione di questo opuscolo "L'altra via. Dalla crescita al benvivere, programma per una economia della sazietà" edizioni TERRE DI MEZZO-altraeconomia, dopo la breve introduzione di Giovanni Lenzi di Venti di terra, durerà più di un'ora e poi quasi altrettanto per rispondere alle domande del pubblico. Gesualdi dice le stesse cose di sempre, aggiornate alla lettura della crisi, il neoliberismo (che ha vinto affermando una globalizzazione che ha la sua centralità nell'impresa, nel profitto e nella speculazione finanziaria) è la causa di questa crisi e le risposte messe finora in campo sono ampiamente insufficienti sia quelle dei governi più o meno avanzati, che quelle della sinistra in quanto tale (con la parziale eccezione del sudamerica da cui appunto viene il "benvivere" che lui declina come articolazione del pensiero de "La sobrietà", cui era dedicato un più consistente libro per i tipi di Feltrinelli del 2005).

Il pensiero di Gesualdi pare venire da altrove, la sinistra ha smarrito il suo senso nella rincorsa del libero mercato (basta pensare alla mercificazione dell'acqua o ai brevetti sulla natura e sul pensiero) e senza dogmatismo retrò riesce a dire tranquillamente a pag 38 "Il padrone visto non come sfruttatore, ma come benefattore". Una lontananza siderale da quello che circola come l'arricchitevi del cinese Deng o il buonismo di Veltroni secondo cui non c'è niente di male ad arricchirsi. Per Francesco la povertà crescente nel mondo non è solo un accidente di questo sviluppo, ma viene proprio dal modo con cui distribuisce le risorse.

Lo stato (e con esso la politica) è schiacciato nella ricerca di una crescita economica per poter effettuare una redistribuzione che coinvolga tutti i cittadini. Ma la terra non ne può più già oggi di questi consumi, figurarsi di una nuova crescita economica. E comunque è solo un'illusione, come altrove dice Stiglitz (Il sole 24 ore di domenica 3 gennaio): lo stato ridistribuisce prima di tutto alle banche per farle uscire dalla crisi (di cui sono causa con i mutui subprime) e queste non ci pensano neanche a distribuire ricchezza tramite il credito alle imprese per creare occupazione. I soldi dello stato sono direttamente finiti in dividendi per gli azionisti (pochi) e in premi per i loro dirigenti (molti). Dov'era scritto che lo stato ridistribuisce dai ricchi ai poveri?

Ovviamente la decrescita è uno slogan che a Francesco piace, ma piace di più pensare ad una società che si organizza in gruppi e comunità con altra centralità: minori consumi, autoproduzione, scambio non monetario, sostenibilità sociale ed ambientale ed eticità. Per Gesualdi le sfere dell'economia sono tre la prima attiene a quella dell'iniziativa autogestita lavorare non per arricchirsi ma per soddisfare i bisogni primari, la seconda dei beni comuni o dei diritti che deve essere di gestione pubblica, la terza a quella del mercato che deve essere regolato e in posizione subordinata rispetto alle altre due.

Presenta (più nel libro che nel corso della serata) anche una proposta di percorso del cambiamento che ruota attorno ad una cassetta degli attrezzi metodologica: mostrare ossia dare l'esempio;  provare nel senso di sperimentare e praticare; arrestare che vuol dire opporsi alle scelte sbagliate; forzare facendo pressione sulle istituzioni; intrecciare che è quello che si fa quando si creano legami con chi pratica scelte come le tue.

Il giorno dopo sarà a Firenze per un primo incontro dei gruppi "Cerca la rotta", una trentina, che in Italia hanno aderito all'appello finale del libro, ma Francesco dice chiaramente che è presto per un impegno diretto e in prima persona nella politica: prima bisogna radicarsi nella società. Senza un rapporto forte e diretto con un popolo si rischia di non contare niente finendo a fare i servitori sciocchi delle potenti lobbies economiche. Ho trovato un po' impietoso il giudizio sulla sinistra e sui verdi (si salva solo Langer), ma nella sostanza non c'è dubbio: siamo di fronte non ad una ritirata, ne ad un ridimensionamento, ma ad una vera e propria rotta. L'unica attenuante è che in questi anni ne abbiamo prese tante e non solo metaforicamente (cita espressamente il G8 di Genova) e questo vale anche per lui.

Il libro, costa solo 3 euro, è esaurito, qualche copia si può trovarla residuale in qualche libreria o presso le botteghe del commercio equo e solidale. Francesco è tranquillo "vendute le 10.000 copie della prima tiratura siamo rientrati delle spese e quindi potete scaricarlo gratuitamente dal sito http://www.cnms.it/". Intanto l'editore ha promesso che a fine febbraio verrà ristampato, vedremo.

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