[13/01/2010] News

In Ecuador crisi di governo per il progetto ambientale Yasuní-ITT

LIVORNO. Il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, ha ammesso che le dimissioni del ministro degli esteri Fander Falconí sono state causate dai dissidi interni al governo di sinistra sui negoziati per il finanziamento dell'iniziativa Yasuní-Ishpingo Tampococha Tiputini (Yasuní-ITT). Il progetto Yasuní-ITT  prevede di lasciare sotto terra 850 milioni di barili di greggio, giacimenti che sono stati scoperti in una riserva ai confini con la Colombia, dove nella foresta amazzonica vivono popoli autoctoni che non vogliono avere contatti con la "civilizzazione" occidentale. L'iniziativa voluta dal governo ecuadoriano con il sostegno delle organizzazioni indigene, punta a salvaguardare la biodiversità unica dell'area attraverso un mercato del carbonio che fornisce compensazioni in cambio della non estrazione del petrolio e quindi di una non immissione in atmosfera di 410 milioni di tonnellate di CO2 che verrebbero prodotte dalla combustione degli idrocarburi imprigionati nel territorio del parco.

Durante un intervista alla TC Televisión, Correa ha affermato che le condizioni stabilite dei  donatori internazionali sono vergognose «Perché stabiliscono che i contribuenti abbiano la maggioranza nel Consiglio e che siano coloro che qualificano il progetto. Se per questa rinuncia è molto triste, perché Fander è membro del  buró (la direzione dell'Alianza País che governa l'Equador, ndr) ed una delle punte di questo processo e del progetto politico, anche se rispetto la sua decisione, pare che si sia risentito per le mie dichiarazioni di sabato».

Correa aveva ordinato di non firmare l'accordo su Yasuní-ITT  alle condizioni che pretendevano di imporre i donatori internazionali che esigono l'istituzione di organismo gestito dal Programma dell'Onu per lo sviluppo (Undp), che sarebbe incaricato di approvare i progetti nei quali investire  le risorse date in cambio del non sfruttamento delle riserve petrolifere nel Parque Nacional Yasun.

Le dimissioni di Falconí arrivano dopo quelle di Roque Sevilla, il direttore della Commissione tecnica del progetto. Correa ha criticato anche Sevilla per la sua visione «tremendamente ambientalista per la gestione dei fondi» che lo avrebbe portato a commettere errori nei negoziati.

Il presidente ecuadoriano ha detto che non ha ancora deciso con chi rimpiazzare Falconí, ma che lo farà presto con «Qualcuno in perfetta sintonia col governo e con la sua base ideologica. La rinuncia del ministro delle relazioni estere non danneggerà il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Colombia, questo non cambierà»

Fander Falconí era in carica come ministro degli esteri dal dicembre 2008 e si è dimesso dicendo polemicamente che ha rispettato sempre i principi e gli obiettivi politici con i quali il movimento Alianza País ha vinto largamente le 6 ultime tornate elettorali. Falconí non ci sta a passare per "destro" e amico degli imperialisti, in un documento di 5 pagine fa la cronaca politica dei risultati ottenuti durante la sua gestione: avvio di una nuova integrazione basata sul dialogo politico; ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Colombia; firma dell'accordo costitutivo del Banco del Sur e del Sistema Único de Compensación Regional. Tutte cose concordate con i governi progressisti sudamericani, così come l'opposizione al colpo di Stato in Honduras e la richiesta di reintegrare Cuba nella Organización de Estados Americanos.

Rispetto alle dichiarazioni di Correa sull'iniziativa Yasuní ITT, Falconí  ha detto che  «Questa merita un impegno molto più esplicito della fissazione di un termine perentorio di 6 mesi per raccogliere le risorse finanziarie necessarie, poi la sua importanza marca la differenza sostanziale di un progetto politico che in sostanza propone un cambio di stile di vita. Un cambiamento perfettamente sostenuto dalla Costituzione della Repubblica.

In una nota si legge: «Durante la gestione del ministro Falconí la Cancillería (il ministero degli esteri, ndr)  si è trasformato in portavoce del governo ecuatoriano per posizionare l'iniziativa a livello globale. Con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo si è progettata una commissione per dare sostenibilità finanziaria all'iniziativa, preoccupandosi in primo luogo degli interessi del popolo ecuadoriano ed ac nche della sicurezza dei contribuenti; nello stesso tempo, il progetto istituzionale di questo strumento preserva il controllo e la gestione da parte dell'Ecuador».

Quel che si capisce è che rischia di rimanere nelle paludi dello scontro politico l'innovativo progetto che nel 2007 avanzò il governo di Quito per alcune delicatissime aree del Parque Nacional Yasuní e che voleva superare gli angusti confini del carbon market e degli attuali accordi per combattere il cambiamento climatico. L'iniziativa Yasuní-ITT riguarda infatti il "corridoio" dei giacimento petroliferi di Ishpingo, Tambococha y Tiputini, e prevede di non sfruttali in cambio di un "risarcimento" internazionale equivalente alla metà del loro valore commerciale. Così verrebbero evitati gli impatti sociali ed ambientali derivanti dallo sfruttamento petrolifero in un ecosistema fragile, dichiarato riserva mondiale della biosfera dell'Unesco, abitato anche da tribù indigene "non contattate" come i Taromenani ed i Tagaeri. Il parco dello Yasuní, che si estende su 982 mila ettari, è infatti uno degli ambienti con il più elevato tasso di biodiversità del pianeta ed il governo vuole, attraverso la sua protezione integrale, contribuire allo sforzo globale per la riduzione dei gas serra. Il progetto ha sollevato anche l'attenzione della nostra Premio Nobel Rita Levi Montalcini che, in occasione del vertice G8 dell'Aquila, chiese al governo italiano di inserirlo nella lista dei progetti da proporre. Il suo slogan è molto ambizioso:  "Yasuní-ITT. Una iniciativa para cambiar la historia", ma per ora ha cambiato solo un ministro.

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