[14/01/2010] News toscana
FIRENZE. Sono soprattutto l'agricoltura, il settore forestale, il turismo, l'utilizzo dell'energia e gli aspetti idrogeologici gli ambiti che, secondo il rapporto Irpet "Toscana CO2", stanno subendo e sono destinati a subire sempre più gli effetti dei cambiamenti climatici. In generale le criticità, valutate secondo diversi scenari futuri, tendono ad essere parzialmente controbilanciate (almeno per alcuni settori) da evoluzioni anche positive di alcuni fattori, come vedremo più avanti. Ma ciò avviene solo con scenari da global warming moderato, mentre al di sopra di una certa soglia gli effetti positivi vengono meno.
Ciò vale, in primo luogo, per l'agricoltura, che di per sé (e soprattutto nella parte meridionale della regione) è particolarmente esposta a cambiamenti climatici in direzione di una «riduzione media delle precipitazioni, (di un) aumento delle temperature» e dell' «aumento di frequenza ed intensità di eventi estremi come le ondate di calore, le precipitazioni intense, le grandinate o siccità particolarmente prolungate». Questi eventi potranno incidere non solo sulle rese agricole, ma causare «spesso anche danni alle infrastrutture per l'agricoltura, generando ingenti perdite economiche e conseguentemente un forte indebolimento dell'intero sistema agricolo regionale».
Anche se l'aumento della CO2 disponibile può indurre una migliore crescita delle piante, questo effetto positivo può valere solo fino ad un certo livello di disponibilità idrica, sotto il quale ogni possibile fattore positivo viene annullato. Discorso analogo vale per la produzione vinicola, la cui qualità è stata - per svariate produzioni es. il Brunello - particolarmente alta in occasione di annate caratterizzate da forte siccità e intenso calore, come avvenne nell'anno record 2003, e che quindi sarebbe potenzialmente meno a rischio, rispetto ad altre colture, davanti alle più probabili evoluzioni del clima futuro. Ma, anche per il settore vinicolo, gli studi riportati da Irpet evidenziano che «il forte aumento previsto delle temperature e la riduzione delle precipitazioni per i prossimi 50-100 anni» potranno «influire negativamente sia sulla qualità che sulla quantità della produzione».
In generale, è riportata una stima per l'area italiana basata sul modello Cropsyst, che valuta la riduzione della produttività agricola al 2050 secondo due scenari, e la integra con le stime di una migliore crescita a causa della maggiore disponibilità di CO2: ed emerge che, con un gw moderato, la riduzione della produzione sarebbe del 4% per le leguminose, del 2% per la categoria "C3 summer" (comprendente il 95% delle specie, compresi grano e girasole), mentre per la categoria "C4 summer" (comprendente il granturco e la canna da zucchero) si avrebbe un moderato aumento di produzione (+8%). Lo scenario "gw medio-forte", invece, porterebbe ad una riduzione del 14% per i legumi, del 12% per il C3, mentre per il C4 si avrebbe un aumento del 4%.
Non sono comunque specificati, nel rapporto, i valori di crescita delle temperature medie corrispondenti ai due scenari: a questo proposito, un'altra ricerca citata stima che «in Europa l'incremento di temperatura di 2°C previsto (secondo alcune tra le tante stime disponibili, nda) per la seconda metà del secolo potrebbe determinare la riduzione della produzione agricola media del 20%».
Per il settore forestale, e quindi per gli aspetti sia naturalistici/paesaggistici, sia economici, sia di riduzione delle emissioni ad esso connessi, è stimato - analogamente a quanto detto per l'agricoltura - che «fino a quando le risorse idriche saranno sufficienti le foreste potranno beneficiare del cambiamento climatico in atto per accrescere questa loro capacità di assorbimento», mentre al di sopra di un certo deficit idrico il trend è destinato ad invertirsi.