[15/01/2010] News

Haiti, la catastrofe ambientale sotto le macerie

LIVORNO. Mentre Haiti cerca di strappare dalla macerie del terremoto di Port-au-Prince un brandello di speranza ed umanità e le priorità immediate rimangono la ricerca dei sopravvissuti, il soccorso dei feriti, degli affamati e degli assetati, la fornitura dei servizi igienico-sanitari di alloggi di emergenza, la messa in sicurezza della moltitudine di bambini (in un Paese di bambini) rimasti senza famiglia, il ripristino di una parvenza di logistica e telecomunicazioni... qualcuno pensa già al dopo, al come dare a questo piccolo Paese un futuro diverso che finalmente passi dalla rapina e dalla violenza alla sostenibilità sociale ed ambientale.

Oggi l'Onu ed i suoi partner internazionali hanno lanciato un "Flash Appeal" per i prossimi 6 mesi, per avviare un lavoro per capire quali impatti ambientali il terremoto abbia già innescato ad Haiti.

Il Programma per l'ambiente dell'Onu (Unep) si è detto «Pronto a svolgere un ruolo attivo per affrontare la questione trasversale degli impatti ambientali», naturalmente dopo Una volta ricevuti i necessari permessi locali, cosa che dovrebbe essere facile, visto che nel Paese il già debole governo sembra ormai disperso dal terremoto che ha polverizzato i centri del potere politico. Haiti è di fatto "commissariata" dalla Mission des Nations Unies pour la stabilisation en Haïti (Minustah) e dal governo Usa.

L'Unep, basandosi su osservazioni iniziali dei principali impatti ambientali del terremoto che avranno pesanti ripercussioni sul benessere della popolazione, prevede di gestire i rifiuti che verranno prodotti dalla ricostruzione di Haiti.

Nel Paese caraibico la situazione somiglia a quella di una città pesantemente bombardata nel corso di una guerra, ed il tipo di distruzione di case ed infrastrutture (e il tipo di macerie prodotte) ricordano da vicino quelle di Gaza dopo la distruttiva rappresaglia israeliana contro Hamas del 2008.

Il Post-Conflict and Disaster Management Branch dell'Unep, che ha sede a Ginevra, ha una grande esperienza nel recupero post-catastrofe e nella gestione dei rifiuti prodotti dai disastri: ha già operato con successo in Cina dopo il devastante terremoto (7,9 gradi della scala Richter) che colpì lo Sichuan il 12 maggio 2008 ed attraverso il suo ufficio di Pechino continua a fornire consulenza al governo cinese per quanto riguarda la gestione ambientale post-sisma, green reconstruction, smaltimento dell'amianto, valutazione dei siti inquinati e contaminati da sostanze tossiche e per l'elaborazione di linee guida nazionali per la riduzione delle calamità e le risposte di emergenza.

Infatti, terremoti di questo tipo, con così estesi danni ad intere metropoli, con un numero di vittime altissimo, vengono trattati come situazioni post-conflitto e coinvolgono anche l'Ufficio dell'Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha). Proprio per questo l'Onu ha istituito l'Unep/Ocha Environment Unit (Jeu) come meccanismo di base per la mobilitazione e il coordinamento della risposta internazionale alle emergenze ambientali.

 «Le catastrofi umanitarie, comprese quelle naturali e gli incidenti industriali, possono causare situazioni di emergenza ambientale - spiega una nota del Jeu - Una parte fondamentale di una risposta umanitaria efficace è quello di garantire che tali emergenze, come frane, fuoriuscite di sostanze chimiche, danneggiamenti di dighe ed incendi boschivi, siano prontamente individuati ed affrontati con un ordine di priorità».

Dalle macerie sanguinanti ed avvelenate di povertà di Haiti potrebbe nascere la speranza di un futuro sostenibile per questa terra martoriata, dove sole, vento ed acqua siano una benedizione energetica economica e non un costante pericolo.

Il mondo ha già perso l'occasione dopo una serie di uragani che devastarono Haiti nell'agosto-settembre 2008, abbattutisi soprattutto nell'area non colpita dal terremoto e dove la popolazione non si è ancora ripresa dalle distruzioni, dai lutti e dai pesantissimi danni economici.

L'Onu, che di fatto governa Haiti da anni garantendo la sopravvivenza di una parvenza di governo democratico, si troverà a ricostruirla ed a determinare la qualità della ricostruzione con quello che Barack Obama ha annunciato come una sorta di "Piano Marshall" tropicale che servirà anche a fermare l'ondata di profughi che già preme sulle frontiere della Repubblica Dominicana, subito blindate con terrore.

Il segretario dell'Ocha e coordinatore dei soccorsi d'urgenza, John Holmes, ha fatto un primo sconsolato bilancio della tragedia umanitaria di Haiti ed ha detto che «Il solo vantaggio dell'Onu in questo contesto di crisi è la presenza delle sue agenzie sul terreno. Le Programma alimentare mondiale (Pam) e il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (Unicef ), così come numerose organizzazioni non governative (Ong), che erano già stati dispiegati nel 2008, sono già al lavoro».

Forse anche per l'Onu sarebbe il momento di passare dall'economia della catastrofe a quella della prevenzione e del nuovo sviluppo di cui si chiacchiera troppo e si pratica poco. Il mondo ha l'occasione di far nascere dalle macerie di Port-au-Prince e delle altre città e villaggi distrutti e dimenticati di Haiti, la fenice verde di un nuovo e dignitoso sviluppo sostenibile per Haiti, con case sicure, servizi igienici, acqua potabile ed energia pulita per i poveri dimenticati di questo piccolo cuore di tenebra dell'America.

Torna all'archivio