[15/01/2010] News
GROSSETO. A settembre dello scorso anno la commissione voluta dal premier francese Nicholas Sarkozy per il restyling del Pil ha presentato le sue conclusioni, che hanno innescato un positivo strascico di discussione, non del tutto scontato.
Il Pil, anche forse per effetto della crisi che lo presenta sempre anticipato da un segno negativo, non sembra più essere il totem indiscusso dell'economia, ma anzi se ne sottolineano spesso i limiti e le rigidità. Lo ha fatto ieri anche il ministro dell'economia Giulio Tremonti, intervenuto ad un convegno sul tema organizzato da Aspen, Ocse e Istat, dal titolo Oltre il pil: quantità e qualità della crescita.
Tremonti, in maniera forse un po' troppo ottimistica, ha detto infatti che se il pil tenesse conto della bellezza, della felicità dell'arte e della cultura l'Italia «sarebbe in un imbarazzante primo posto». Affermazione discutibile se non altro per il fatto che per arte e cultura i parametri dovrebbero riferirsi non tanto al presente (purtroppo), che è il dato cui il pil si rapporta, quanto ad una copiosa eredità del passato che ci ha permesso di vivere di rendita.
Ma non vi è dubbio ormai, e l'opinione pare essere piuttosto diffusa, che il pil da solo non basta più a cogliere le tante sfaccettature che rappresentano la società attuale, in cui è sempre più evidente che oltre al pane (essenziale) contano anche le rose.
Appunto, lo ha sottolineato anche il ministro Tremonti quando dice «ho l'impressione che la realtà non sia completamente catturata dalle statistiche sul prodotto interno lordo» mentre il presidente di Aspen Giuliano Amato ne ha sottolineato le contraddizioni più paradossali, ovvero il fatto che «un evento come la catastrofe di Haiti dovrebbe considerarsi positiva perché fonte di nuove attività economiche che necessariamente si mettono in moto» e che il pil lo fanno crescere.
E già una prima ipotesi di ripulitura da queste incongruità era emersa dal lavoro della Commissione francese, presieduta dal premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz e con la collaborazione di Amartya Sen, Jean-Paul Fitoussi ed Enrico Giovannini, attuale presidente dell'Istat.
«Un buon indice di misurazione per comprendere come stiamo procedendo deve prendere in considerazione anche la sostenibilità - scriveva Stiglitz in un articolo in cui presentava le conclusioni - Proprio come un'azienda ha bisogno di calcolare il deprezzamento del proprio capitale, così anche i conti della nostra nazione devono riflettere l' esaurimento delle risorse naturali e il degrado del nostro ambiente. Le tabelle statistiche sono concepite per sintetizzare ciò che accade nella nostra complessa società con numeri di facile interpretazione. Dovrebbe essere stato ovvio che era impossibile ridurre ogni cosa a un unico numero, il Pil»
E già anche la Commissione europea si sta attrezzando per aggiungere altri indicatori di carattere ambientale e sociale nella composizione di questo indicatore.
Appare evidente che il percorso per superare il pil non sarà né veloce né tantomeno facile, ( e già anche il titolo del convegno tradisce la difficoltà, parlando ancora di crescita) perché alla base di tutto non c'è solo la necessità di ripensare i parametri da utilizzare per ricostruire un indicatore che abbia ancora caratteristiche di un indicatore sintetico confrontabile quale è stato il pil.
Cosa non semplice ma tutto sommato nemmeno irraggiungibile prendendo a riferimento le diverse proposte di indicatori più o meno complessi che già esistono e che già vengono utilizzati.
Il problema - presente anche nelle raccomandazioni espresse dalla Commissione Stiglitz - è il fatto che se quello che si intende misurare è il benessere complessivo di una società diventa difficile ridurre l'obiettivo ad un problema esclusivamente tecnico, perchè la concezione stessa del benessere è frutto dei valori di fondo di una società e degli individui che la compongono. In cui la politica non ha un ruolo marginale.
Non è un caso allora che nelle raccomandazioni della Commissione incaricata di individuare la possibilità di un superamento del pil, oltre ad indicare la necessità di accrescere la disponibilità di dati e di statistiche di qualità in grado di descrivere aspetti importanti del benessere sociale e ambientale, si sottolinea anche che questo dovrà (dovrebbe) avere l'obiettivo di permettere alla politica di scegliere nella maniera più opportuna per l'interesse comune.
In altre parole la revisione e il superamento del pil dovrebbe avere non solo e non tanto l'obiettivo di misurare meglio e in maniera più esaustiva la ricchezza- intesa nell'accezione più ampia del termine- di una nazione, ma garantire benessere anche per il futuro, ponendo le basi perché questo futuro possa delinearsi.
Un tema che non può prescindere dalla conoscenza e quindi dalla contabilità delle risorse (naturali come elemento essenziale per quelle economiche) ma neppure dalla ripartizione equa di queste risorse; e se il primo elemento può essere assolto a mezzo di un indicatore, il secondo non può che discendere dalla politica.