[18/01/2010] News

Cile: vince la destra di PiƱera che ha rubato le parole alla sinistra

LIVORNO. La presidente del Cile, Michelle Bachelet, si è congratulata con Sebastián Piñera, l'imprenditore televisivo, patron di una squadra di calcio e con estesi interessi in altri settori, che ha riportato la destra al potere in Cile dopo 20 anni. Il presidente uscente e quello eletto si incontreranno già oggi al palazzo della Moneda a Santiago, dove aleggia ancora lo spirito di Salvador Allende, ucciso dal golpe di quel Pinochet al cui governo dittatoriale ha poi partecipato come ministro anche un fratello di Piñera.

Il candidato dei due partiti della destra cilena ha vinto al secondo turno con il 51,62% dei voti, al democristiano Eduardo Frei, mal digerito candidato della Concertación Democrática con i socialisti, è andato il 48,38% con un forte recupero finale di ben 10 punti, che non gli ha però evitato la sconfitta.

Si tratta di un altro caso dell'epidemia di suicidi che colpisce spesso il centro-sinistra in giro per il mondo: la Bachelet termina il suo mandato con una popolarità all'80%, se si fosse potuta ripresentare (ma la legge prevede un solo mandato) avrebbe sbaragliato la destra, eppure le divisioni interne al Partito Socialista e l'opposizione aperta dell'estrema sinistra alla candidatura di Frei (che discende da una dinastia democristiana ed è già stato presidente del Cile da 1994 al 2000) hanno portato la fetta di elettorato di sinistra più disincantata a non andare a votare o addirittura a scegliere l'alternanza, dando una lezione ad una Concertación Democrática ritenuta ormai vecchia e priva di slancio.

Paradossalmente la mancanza di coraggio del governo sui temi ambientali, i diritti degli indios, l'economia ed i diritti civili, hanno favorito una destra che non nasconde la sua idiosincrasia per tutto questo e che sposterà l'asse politico verso un conservatorismo "compassionevole" che molti in America latina temono (viste anche le caratteristiche di Piñera) sia lo specchio del berlusconismo italiano.

Nel suo primo discorso dopo le elezioni, il vincitore ha assicurato che lavorerà per un governo di unità nazionale, però ha detto che è necessaria una buona opposizione, «Anche se abbiamo legittime differenze siamo tutti figli della stessa patria». Poi ha riconfermato i cavalli di battaglia della sua campagna elettorale: lotta alla delinquenza ed al narcotraffico, impegno contro la disoccupazione e miglioramento dei servizi sanitari nazionali. «Arriba los corazones porque vienen tiempos mejores para Chile - ha detto rivolgendosi alla folla dei suoi sostenitori - Sta arrivando il Cile migliore».

Vedremo cosa farà Piñera quando entrerà in carica l'11 marzo, ma è chiaro che dopo la sanguinaria dittatura di Pinochet (1973-1990), dopo 20 anni di moderatissimo governo di centro-sinistra, in Cile è arrivato il tempo dell'alternanza. Lo stesso vincitore ammette che «Le democrazia che abbiamo recuperato in maniera esemplare nel decennio degli anni 80 sta facendo un grande passo dopo 20 anni di governo della Concertación».

Riferendosi alla bandiera cilena Piñera ha chiesto a tutti «che prendano la stella e la portino nel loro cuore», poi ha detto del suo rivale Eduardo Frei: «Abbiamo avuto un dialogo fraterno, condividiamo con lui un forte amore per il Cile. Avremo un governo di unità nazionale, butteremo giù i muri che dividono e costruiremo punti di incontro. Il mio governo non perderà un minuto sapendo che nel nostro Paese i cileni e le cilene non hanno lavoro, sapendo che vivono nel timore della delinquenza e del narcotraffico, sapendo che ci sono bambini e giovani senza educazione, sapendo che sono in centinaia di migliaia in lista di attesa, sperando in una buona assistenza sanitaria. 600 mila famiglia che non hanno un alloggio decente o di che costruirsi una casa, pensionati da trattare con gentilezza e dignità, non abbiamo un minuto da perdere, ci stiamo preparando per questo da molti anni. Realizzerò un governo impegnato per il futuro, per la società della conoscenza, dell'informazione, della scienza e della tecnologia. Un governo che spezzerà il giogo che ha tenuto legata la forza immensa che ha il nostro Paese. La nostra generazione deve affrontare la grande di portare il Cile fuori dal sottosviluppo. Voglio dire ai compatrioti che la grande sfida della nostra generazione, della generazione del bicentenario, è di lavorare perché il nostro Paese sconfigga il sottosviluppo e superi la povertà».

Il multimilionario di destra ha vinto promettendo «Un Paese con maggiore giustizia sociale», utilizzando tematiche che le coalizione finora al potere ha abbandonato spostandosi al centro, il populismo ha pagato e Piñera a volte sembra Hugo Chavez o Evo Morales, riuscendo a nascondere con la retorica che la crescente disuguaglianza sociale in Cile deriva proprio dall'attuazione delle ricette economiche ultra-liberiste del Fmi diligentemente attuate dalla dittatura fascista di Pinochet e poi proseguite dai governi democratici di centro-sinistra. Una scelta che ha favorito la crescita economica del Paese ma che non ha mitigato l'ingiustizia sociale il cui mantenimento era alla base del golpe oligarchico-militare che seminò il Cile di morti, desaparecidos, torturati ed esiliati. La verità è che lo stesso Piñera ha ammesso di aver avuto il sostegno in campagna elettorale di ex collaboratori della dittatura e che non ha chiuso ad una loro possibile presenza nel suo governo.

Comunque lo stesso Frei ha aperto una linea di credito al nuovo presidente: «Spero che prevalgano il dialogo, la ricerca di un accordo, le conquiste sociali che tanto ci sono costate recuperare e che si sono trasformate nel simbolo delle nostre relazioni col mondo», poi ha chiesto agli elettori di «Centro-sinistra, progressisti e democratici di seguire la bandiera della giustizia sociale. Il progetto di costruire un Paese più solidale è ancora attuale». Forse è proprio il fatto che sia rimasto un progetto che ha spinto, dopo 20 anni e 5 governi di centro-sinistra, una parte degli elettori cileni a preferire "El Cambio".

Ma Frei ha ribadito alla fine la linea di demarcazione, lo spartiacque che divide la storia del Cile tra un invalicabile prima ed un dopo, ricordato alla fine suo padre, Frei Montalva, assassinato dai sicari di Augusto Pinochet: «Mi diceva: bisogna guardare ai trionfi e alle sconfitte con la stessa faccia, se si vuole essere un uomo».

 

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