
[19/01/2010] News toscana
FIRENZE. Secondo alcuni dati forniti da Cispel Confservizi Toscana (l'associazione regionale delle imprese di servizio pubblico) del 2006 (ma sostanzialmente la situazione non è cambiata) dei 440 milioni di metri cubi di acqua prelevati per uso idropotabile, il 73% proviene dal sottosuolo (pozzi e sorgenti) il 25% da corsi d'acqua superficiali e il 2% da laghi ed invasi.
In base ai dati Arpat riportati nella Relazione sullo stato dell'ambiente in Toscana 2009 relativi alla qualità delle acque derivate per la potabilizzazione (vedi articolo su greenreport di ieri) sono scomparsi i punti di approvvigionamento "tal quali", cioè quelli con acque al massimo livello qualitativo, con un trend che va avanti almeno dal 2004, dati che mettono in evidenza un crescente inquinamento ambientale.
Del resto la stessa Cispel con il documento "Una strategia per l'approvvigionamento idrico in Toscana" del 2008, un campanello di allarme l'aveva suonato. La maggior parte delle risorse idriche del sottosuolo del territorio toscano si trova nelle pianure alluvionali dove si concentrano insediamenti abitativi e attività produttive: questo ha portato ad un sovrasfruttamento delle falde e ad un loro decadimento qualitativo.
L'inquinamento fondamentalmente di origine antropica, con presenza in aumento di sostanze pericolose, ha come conseguenza che la gran parte delle acque prelevate dall'ambiente non soddisfino i requisiti di potabilità rendendo necessari costosi trattamenti per fornire acqua potabile agli utenti.
Nello stesso documento vengono censite su scala regionale le captazioni per soddisfare il fabbisogno idropopotabile e fonti di approvvigionamento definite "non sostenibili" cioè che evidenziano un progressivo decadimento qualitativo della risorsa e/o dell'ambiente idrico (subsidenza, abbassamento delle falde) per le quali è necessario promuovere una riduzione dei prelievi, o per le quali il mantenimento della captazione è da ritenersi irrazionale ed antieconomico (mancanza requisiti prescritti dalla normativa, disponibilità di volumi annui ridotta...).
I numeri forniti nello studio citato, rilevano che a fronte di 4469 captazioni utilizzate solo 238 hanno caratteristiche qualitative e quantitative tali da poter essere utilizzate, con una carenza strutturale superiore ai 158 milioni di metri cubi annui. Pur considerando una riduzione dell'emungimento complessivo del 10% dovuta al recupero delle perdite idriche, la carenza di risorsa sostenibile ammonta, secondo questo studio, a circa 100 milioni di metri cubi annui.
In questa circostanza non entriamo nel merito delle soluzioni proposte da Cispel (che possono piacere o no) ma vogliamo evidenziare come la criticità della situazione sia nota e ben documentata da tempo. Gli studi e i piani, da qualsiasi fonte attendibile provengano vanno studiati attentamente e non messi nel cassetto e poi ovviamente il decisore politico deve scegliere la strada a maggior sostenibilità per ridurre od eliminare le criticità evidenziate.
Attualmente siamo in attesa che venga adottato il piano di gestione del distretto Appennino settentrionale (che comprende tutta la Toscana escluso il bacino del Serchio) ai sensi all'art.13 della direttiva 2000/60/CE, il cui termine previsto per l'adozione (22 dicembre 2009), in base al decreto legge approvato in Consiglio dei ministri del 17 dicembre us, recante "Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative", è stato differito al 28 febbraio 2010.
Il piano, oltre l'analisi delle criticità, specifica le misure (e i tempi) per raggiungere l'obiettivo di qualità di "buono" per tutti i corpi idrici (superficiali e sotterranei) come previsto dalla Direttiva europea. Vedremo se le misure saranno effettivamente cogenti ma è implicito che questa pianificazione sovraordinata, pur non parlando solo di acqua (ma anche di ecosistemi), coinvolga tutti i settori di utilizzo della risorsa idrica compreso quello idropotabile. Purtroppo, almeno fino ad oggi, l'interesse per il Piano di gestione (anche degli addetti ai lavori) non è stato straordinario a dimostrazione che su questo tema si procede a comparti, ed ognuno coltiva il suo orticello in ciò favorito da una normativa che amplifica anche la frammentazione delle competenze.
Una seconda scadenza importante è di carattere politico. Dalle elezioni regionali uscirà una maggioranza che esprimerà un nuovo esecutivo: auspichiamo che quest'ultimo sappia esprimere programmi chiari sulla difesa dalle acque e delle acque in sinergia con gli enti (delegati e sovraordinati) preposti.