[21/01/2010] News toscana

La Toscana per il bene comune

FIRENZE. Se si guarda al futuro, al bene comune dei residenti toscani, autoctoni e migranti (compresi gli irregolari), va detto che il principio della partecipazione alle scelte e alle decisioni avviato nell'ormai lontano 1992 è un bene da salvaguardare. Di questo la concertazione non corporata è un pilastro. Ma per salvaguardare il principio occorre modificarne radicalmente la concezione e gli obiettivi. Perché la scommessa della collaborazione tra imprese, sindacati, istituzioni e associazioni ambientaliste, in un  mercato "regolato" è stata persa a favore delle rendite, quelle delle corporazioni e quella immobiliare/fondiaria.

Così le cose non sono andate molto bene soprattutto di recente; anzi dal 2004 in poi sono peggiorate anche in Toscana, dal punto di vista di uno sviluppo di qualità o sostenibile che dir si voglia, nonostante i reiterati tentativi di rilanciare l'applicazione del protocollo di Kyoto e l'iniziativa per gli Stati generali della sostenibilità del 2007.

Così questo modello ha fatto il suo tempo, anche se non si è mai potuto dispiegare compiutamente per una strana anomalia che vedeva al centro della concertazione sempre e solo il denaro e i poteri pubblici e mai capitali e impegni degli altri soggetti privati, in particolare del settore economico e produttivo, per non parlare di quelli creditizio e assicurativo, associati solo nella fase calante del sistema concertativo. Unico tentativo a prezzo di grandi sforzi (la trattativa durò quasi un anno) per indicare un percorso che mettesse in comune impegni e risorse di tutti gli Stakeholder fu il Patto del 2004 rimasto sostanzialmente sulla carta.

Operavano a contrasto limiti culturali e di sistema, una tradizione amministrativa fortemente burocratizzata, poco incline a cedere poteri, integrare e codecidere, molto a consociare. Un sistema di imprese sospettoso e geloso delle proprie prerogative, un movimento sindacale diviso al di là degli slogan generali. Un associazionismo ambientalista le cui capacità di progetto e proposta rischiavano spesso di essere annullate da affermazioni di principio astratte e una pratica quotidiana talvolta incapace di condurre azioni coerenti con quei principi, rifugiantesi, talvolta, nel particolare di comitati locali raramente tradotti in partecipazione alle scelte decisionali nell'interesse del bene comune (salvo qualche eccezione come la battaglia in difesa dei corsi d'acqua e contro la TAV in Mugello). D'altra parte gli altri soggetti (privati e pubblici) hanno spesso tenuto comportamenti che nella realtà contraddicevano l'impegno comune per uno sviluppo sostenibile divenuto facendolo diventare vuoto slogan.

Emblematica da questo punto di vista è stata la vicenda dell'acqua. Dove la Toscana ha fatto da apripista alle scelte dei Governo nazionali che ora vanno ben oltre gli indirizzi europei arrivando a privatizzare, di fatto, la gestione dell'acqua svuotando di significato la riaffermazione della proprietà comune, con costi molto elevati e nessun beneficio per il diritto.

Così la concertazione ha perso peso e significato si è trasformata in una pletorica e stanca ripetizione di impegni senza risultati e verifiche sullo stato effettivo delle cose: fino alla crisi finanziaria che dall'agosto 2008 ha devastato tutto.

(2. continua)

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