[01/02/2010] News toscana

La Toscana per il bene comune (4)

FIRENZE. "Il Tirreno" del 26.1.2010 riferisce che il candidato Enrico Rossi (Nella foto) intervenendo sui problemi dello sviluppo sostiene più dinamicità per la Toscana per uscire dalla crisi, imputando i ritardi alla "lentezza con cui la pubblica amministrazione dà risposte alle esigenze e ai bisogni della società" (in particolare in economia) citando come esempio di virtuosità amministrativa il Vietnam che, guarda caso, ha il fiume più inquinato del mondo, e all'"ambientalismo del no" che metterebbe "in pericolo il nostro ambiente e il nostro paesaggio".

Aggiunge poi che "l'obiettivo è dunque poter restare almeno in Europa nel dare risposte alle richieste delle imprese, senza per questo fare sconti o mettere a rischio il patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale". Ne ha da fare di strada la Toscana verso la sostenibilità per restare in Europa!

Intanto si doti di un piano almeno decennale (cfr Guido Sacconi già presidente della Commissione speciale sui cambiamenti climatici del Parlamento Europeo, la Repubblica del 22.1.2010) di contenimento dei danni e di adattamento ai cambiamenti climatici e ricavandone dinamicità e innovazione (scientifica, culturale, industriale e di mercato).

La stantia polemica con l'"ambientalismo del no", come la noiosa querelle sull' "ambientalismo del fare", nasconde che anche nel 2004 (Patto per maggiori e migliori lavori) e ancora nel 2007 (Stati generali della sostenibilità) le associazioni ambientaliste cercarono, in concertazione, di ottenere quel piano e quelle nuove condizioni di sviluppo e di lavoro senza riuscirci, per gli ostacoli frapposti, e in ultima analisi a nascondere che la sostenibilità ambientale è una grande opportunità e non un freno all'economia e all'occupazione.

Fin dagli albori della rivoluzione industriale lo sviluppo tecnologico ha orientato lo sviluppo delle istituzioni politiche ed economiche del mondo, è stata la forza autonoma che ha dato l'avvio a ogni ciclo di crescita dell'economia fino all'attuale caotico, ingiusto,  globale e che continuerà finché tutto il mondo sarà il suo nuovo contenitore.

Perciò la tecnologia va sottoposta ad un controllo sociale democratico molto di più di quanto si sia fatto fino ad oggi, ché il suo sviluppo non può essere demandato al solo agire del mercato. Questo, con il consumismo, può trasformarla in disastri ambientali e sociali. Ma essa riguarda anche la crescita della conoscenza e contenuti e qualità del lavoro, da qui la necessità/opportunità di investire in sapere, in strategie tecnologiche e di automazione alternative, in modo che il cambiamento non piova sulla testa dei lavoratori e delle popolazioni ma cresca anche con la loro creatività.

Senza di questo, come è accaduto e sta accadendo, lo sviluppo tecnologico (e di conseguenza quello economico) appare inseparabile dalla sottomissione alle scelte ed al dominio altrui.

Ed è su questo versante, come su quello dell'adattamento ai cambiamenti climatici, che esistono ampi margini per politiche regionali, appunto, per restare in Europa.

Certo, è necessario riformare il sistema Toscana a partire da strumenti e politiche pubbliche, non per abbandonarle ma per renderle efficaci ed efficienti per il "bene comune": dalla macchina amministrativa e partecipativa che assicuri velocità di funzionamento e agilità alla decisione di governo, trasparenza nella gestione del potere ed effettivo ruolo al controllo sociale e civile, alla programmazione e alla concertazione tese ad creare le condizioni culturali e strumentali per una condivisione di obiettivi incisivi per il futuro della Toscana.

(4. continua)

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