[03/02/2010] News toscana
FIRENZE. Analizzare le questioni legate alla percezione delle criticità ambientali è sempre esercizio arduo, ma una cosa è certa: mentre l'inquinamento climatico (cioè legato ai gas serra) è percepito da gran parte della popolazione come un problema reale, ma comunque "lontano" e non direttamente incidente sulla vita quotidiana, discorso diverso vale per l'inquinamento "tradizionale", e in particolare per il suo indicatore fondamentale, cioè il pm10.
I gas serra, cioè, sia pure erroneamente (si considerino, ad esempio, i dati Irpet che indicano nello 0,2% del Pil già oggi - e nello 0,77% al 2030 - l'impatto che il cambiamento climatico sta già avendo sull'economia toscana, e anche i legami già appurati con l'aumento degli eventi meteorologici estremi in tutta la regione) sono considerati da buona parte della popolazione come un problema sostanzialmente rimandabile, o che comunque ha e avrà un impatto limitato sulla salute e la qualità di vita della popolazione.
Un problema "da orsi polari", o che colpirà solo paesi in via di sviluppo al di là del mare, o al di là del tempo, o comunque al di là della nostra percezione: questo è appunto l'approccio al global warming (e quindi alle emissioni serra) di buona parte della popolazione toscana.
Per il pm10 il discorso è diverso: l'inquinamento da polveri, così come quello da ossidi di azoto, di benzene, di monossido, ha un impatto mediatico molto più significativo, che è parallelo all'impatto che ha sulla popolazione: la "gente", cioè, forse non è molto interessata alle politiche di riduzione dei gas serra, ma è sicuramente attenta (e lo sarà ancora di più in futuro, con il crescere della consapevolezza nell'opinione pubblica sui temi della sostenibilità) a quelle relative alla riduzione degli inquinanti tradizionali.
E si consideri anche che i problemi di impatto sanitario legati all'inquinamento da polveri sono (sia pure in un contesto di numeri discordanti: ad esempio per Firenze sono stimati circa 300 morti all'anno per patologie legate all'inquinamento, ma il dato non può dirsi universalmente accettato come valido nelle relazioni di causa ed effetto) ben presenti agli occhi della popolazione, mentre la stessa cosa non può dirsi per quanto riguarda i (probabilmente molto più gravi) problemi sanitari legati all'impatto presente e soprattutto futuro delle emissioni serra.
Insomma, l'uno è il problema del "dopo e forse", l'altro è il problema del "qui ed ora": giusto o sbagliato che sia, la situazione appare questa, nella percezione di gran parte dell'opinione pubblica, anche Toscana.
In termini concreti, quanto detto ha una conseguenza immediata sul piano politico, ed in particolare sugli aspetti legati al consenso di cui possono godere le azioni di contrasto all'inquinamento da polveri o comunque di natura "tradizionale.
La lotta a quello che possiamo definire "inquinamento di prossimità", cioè, è una strada molto più agevole da percorrere rispetto a quella all'inquinamento climatico: le limitazioni, i vincoli da imporre alla popolazione (in termini, ad esempio, di mobilità, ma anche di utilizzo dei riscaldamenti) possono cioè essere accolti molto più favorevolmente dall'opinione pubblica - e quindi dagli elettori... - se vengono presentati come finalizzati a "migliorare l'aria della nostra città", cioè in altri termini "del nostro giardino": in questo senso l'effetto-Nimby, solitamente vera e propria nemesi delle politiche di governo del territorio, molto spesso anche relativamente alla sostenibilità, può essere per una volta preso come leva per attuare incisive politiche di riduzione dell'inquinamento.
Politiche che passano per vari ambiti legati all'utilizzo il più possibile efficiente di energia il più possibile rinnovabile (si pensi alle emissioni industriali e da riscaldamento), ma passano anzitutto per azioni di grande impatto sulla mobilità, azioni cioè che non si limitino al - pur giusto - sostegno alla mobilità ciclabile e a quella "dolce" in generale, ma che vi affianchino la definizione di politiche "hard" in direzione del trasporto pubblico e verso una vera penalizzazione dell'uso dei veicoli privati. Politiche che peraltro, soprattutto per quanto attiene alle "grandi opere" come la tramvia fiorentina, costituiscono anche una significativa alternativa da offrire agli stakeholder politici ed economici davanti alle ipotesi di sviluppo infrastrutturale destinate a favorire la mobilità privata.
Il punto è che il momento di attuare con più decisione queste politiche è ora. Ora che l'argomento è tornato in auge nel dibattito politico, ora che ai toscani è stato fatto presente per l'ennesima volta che generalmente l'aria delle loro città è in miglioramento, ma che in alcuni punti (come i "buchi neri" rappresentati dalle due centraline di viale Gramsci e di via ponte alle Mosse a Firenze) il trend è opposto e i livelli di inquinamento sono alle stelle. Ora che i toscani vedono di nuovo su tutti i giornali, che l'inquinamento esiste davvero ed esiste ancora: un elemento che, a suon di scetticismi sulla politica dei gas serra, sembra essere stato dimenticato negli ultimi tempi in buona parte dell'opinione pubblica, nonostante causi (dati nazionali Istat) 8000 morti l'anno. Un'evidenza che dovrebbe portare la gente in piazza a fermare le auto e per prime a utilizzare con intelligenza le proprie, oltre naturalmente al fare pressione sulla politica perché agisca come peraltro impone la legge...
Quindi, così come speriamo che - come sempre - non succeda anche questa volta che passa la nottata e domani si torna a contestare la tramvia, la chiusura dei centri storici e si chiede più parcheggi, allo stesso modo speriamo che larga parte della politica riesca sempre di più ad evitare di schierarsi contro ogni azione, anche impopolare, di mobilità sostenibile con l'unico obiettivo del consenso dell'oggi che sarà un boomerang per il domani.