[03/02/2010] News toscana
LIVORNO. Il Comitato contro il rigassificatore di Livorno critica duramente la sentenza del Consiglio di Stato che ha spianato la strada alla realizzazione dell'impianto di Olt. Il giorno dopo la pubblicazione del provvedimento, gli attivisti si sono messi subito a lavoro per studiare il dispositivo dal quale emergerebbero alcune inesattezze. «Intanto non è vero che abbiamo presentato il ricorso in ritardo come sostenuto dai giudici - spiega Maurizio Zicanu del Comitato. L'atto è stato depositato il 19 aprile 2006, cioè prima della scadenza dei 60 giorni calcolati dal giorno del rilascio della concessione dell'autorizzazione che tra l'altro non è mai stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Ma ciò che più ci ha amareggiato è il fatto che un gruppo di cittadini non sia stato considerato legittimato all'azione legale».
Secondo il Comitato, nella decisione dei giudici che hanno bocciato anche il ricorso di Greenpeace, vi sarebbe «una pochezza e una contraddittorietà di argomentazioni». Il ricorso dei cittadini è stato considerato "irricevibile" perché presentato entro i 60 giorni fra la data di autorizzazione e la presentazione del ricorso popolare. Ma queste date vengono contestate. «I 60 giorni non partono dal 26 febbraio ma dal 16 marzo, data di pubblicazione dell'autorizzazione sulla Gazzetta Ufficiale, come gli stessi giudici della Consiglio di Stato hanno fatto rilevare nella sentenza parallela riguardo il ricorso della OLT contro Greenpeace. Ma allora i 60 giorni partono dal 26 febbraio (sentenza cittadini livornesi) o dal 16 marzo (sentenza Greenpeace)?».
Inoltre, per il Consiglio di Stato, il ricorso non sarebbe stato comunque neppure presentabile perché i cittadini non hanno "nessun stabile collegamento" con l´impianto contestato. «Questo vuol dire - spiegano dal Comitato - che poiché il rigassificatore si trova in alto mare, l'iter autorizzativo avrebbe potuto essere anche pieno di pecche e vizi sostanziali e formali ma "nessun cittadino" avrebbe comunque potuto opporsi». Da quella che è stata valutata una "sconcertante sentenza", gli attivisti dicono di essersi confrontati con due vere e proprie "lezioni". «La prima è che in mare, cioè in uno spazio che è di tutti, si può fare ciò che si vuole, basta avere gli appoggi politici giusti, e i cittadini non hanno alcuna possibilità di far valere i loro diritti né di far rilevare errori ed omissioni. La seconda è che le popolazioni che
si battono per la salvaguardia della propria salute e dell'ambiente non devono aver voce negli iter autorizzativi».
La conclusione del Comitato è che i giudici non siano stati super partes. «Alla luce di tutto questo - concludono dal Comitato - è lecito domandarsi se il Consiglio di stato fa giustizia o fa politica. Con queste argomentazioni, cioè con artifici giuridici formali che riteniamo impresentabili, il Consiglio di Stato è riuscito ad evitare di entrare nel merito delle argomentazioni che avevano spinto il Tar Toscana ad accogliere il ricorso dei cittadini: il problema è stato risolto alla radice semplicemente ignorandolo».