[04/02/2010] News toscana

Economia ecologica e parco della Piana

FIRENZE. Per perseguire un'economia ecologica, cioè che - in termini di gestione dei flussi di energia e materia che ne costituiscono il metabolismo - rispetti i criteri della sostenibilità, è chiaro che occorre una politica che sappia scegliere percorsi alternativi, sul sentiero dello sviluppo, rispetto a quelli che, nonostante la loro insensatezza sia sempre più evidente, sono tuttora largamente predominanti, in primo luogo l'obiettivo della "crescita senza se e senza ma".

E un esempio di tutto questo è rappresentato - potenzialmente - dalla creazione del parco della Piana. Un progetto che, almeno nelle intenzioni, non sarà un né un "parco" comunemente inteso (per esempio, l'assenza di un Ente parco - e quindi di un piano come da legge 394 - cui accenna ieri Renzo Moschini su greenreport, è stata una scelta per il momento voluta, come spiegato da Maria Clelia Mele della regione Toscana al seminario di lunedì, «per evitare il rischio di affollamento gestionale», e non è neanche escluso che anche in futuro «forse non servirà un organismo ad hoc») né un banale strumento di tutela urbanistica, magari aggirabile a piacimento. Sarà, tra le tante visuali da cui lo si può osservare sperando che all'apertura del processo di pianificazione strategica (il masterplan) segua poi un reale, efficace e veloce percorso che conduca alla sua pianificazione, progettazione e gestione, un caso (finora raro) in cui la dinamica dei sistemi economici potrà prendere corpo sotto il faro della sostenibilità, e non al di fuori del suo fascio di luce.

E' una scelta la cui concretezza e coerenza potrà essere verificata solo nei prossimi anni, ma che comunque ha il merito di non porre ambiguità di fondo (nel senso che è esplicito che lo strumento "parco" non potrà comunque configurarsi come scusa per bloccare a prescindere qualsiasi forma di sviluppo urbanistico), ma anche di rendere ai sistemi ecologici (sia umani sia naturali) il loro ruolo preponderante nell'orientare lo sviluppo del territorio, almeno nelle intenzioni espresse dai tecnici e dai decisori politici.

Bando ai facili entusiasmi, certo, ma viene da pensare che la creazione del parco (e il relativo, imponente percorso partecipativo che vi contribuisce e contribuirà) sapranno rappresentare il pozzo delle idee per i nuovi crismi che speriamo contraddistinguano la Toscana del futuro: i crismi, cioè, dell'eccellenza, della qualità, dell'efficienza, dell'innovazione di processo e di prodotto in direzione della sostenibilità, che si parli di green-, di soft- o anche (e soprattutto) di hard-economy. Perché in un parco in cui sono presenti aeroporti, termovalorizzatori (futuri), dove è prevista pure una bretella autostradale (la Signa-Prato) e dove - parco o non parco - comunque proseguirà lo sviluppo urbanistico sia sociale sia produttivo, è necessario sì che la pianificazione punti a massimizzare il valore e l'indotto - anche economico - delle aree protette, ricreative, archeologiche e culturali presenti nelle zone di salvaguardia, ma soprattutto è necessario pianificare le aree di non-salvaguardia in direzione della sostenibilità.

Un "parco dello Stelvio" in mezzo alla Piana non lo vedremo mai, insomma, e forse sarebbe anche illusorio puntarvi. Ma niente impedisce di pensare che il brulicare delle attività economiche potrà espletarsi, almeno nel perimetro del parco della Piana (perimetro che crescerà, peraltro), sotto l'egida di una robusta sostenibilità, sia dal punto di vista delle strutture di mobilità, sia urbanistico, sia dello sviluppo produttivo in generale.

Viene da pensare che il contenimento del consumo di suolo, di paesaggio, di biodiversità, del capitale sociale, potrà essere il criterio realmente predominante, viene da pensare che ogni metro quadro di nuovo suolo impiegato non sarà concesso "gratuitamente", ma dovrà essere necessariamente motivato nella sua imprescindibilità, ad esempio con i canoni contenuti nella legge 1/2005 (art. 3 comma 4) in termini di valutazione di assenza di alternative, in misura ben maggiore di oggi.

Viene da pensare che le opere di mobilità stradale previste saranno valutate nella loro effettiva imprescindibilità, e verrà valutata approfonditamente ogni possibile ipotesi di loro sostituzione con opere finalizzate, in prospettiva, a diminuire l'impatto sui sistemi ecologici, e non ad aumentarlo.

Sono solo, quelli sopra citati, degli esempi indicativi di ciò che si intende: ma, se già questi criteri saranno presi come determinanti, comunque a quel punto potremo dire che, almeno in 3400 ettari piazzati in mezzo alla Toscana, sarà stata messa in pratica, oltre ad una sperimentazione urbanistica e sociale (la partecipazione su vasta scala), anche una sperimentazione di economia ecologica.

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