
[28/07/2009] News
LIVORNO. La crisi economica frena l'innovazione tecnologica, mentre lo sviluppo tecnologico ed industriale legato alle nuove frontiere dell'energia può essere la via per uscirne. Questa la sollecitazione che viene da Luigi Paganetto, presidente dell'Enea, che ha presentato oggi a Roma il "Rapporto energia ambiente 2008". In particolare Paganetto si è soffermato sul concetto di "green stimulus" come contributo che le nuove tecnologie per l'efficienza ed il risparmio energetico, così come per l'abbattimento della CO2 o dello sviluppo del nucleare possono comportare in termini di incremento del pil e di maggior occupazione. E rispondere alla sfida di una domanda sempre crescente di energia.
Il rapporto di quest'anno, ultimo dell'attuale gestione Enea, che diventerà un ente a servizio del rilancio del nucleare in Italia, sottolinea l'impatto della crisi economica sul sistema energetico, con scenari che evidenziano per un verso la riduzione dei consumi e, di conseguenza delle emissioni per effetto del minor livello dell'attività economica e, per altro verso, la riduzione che la recessione determina sull'attività d'investimento del settore energetico. Ma sottolinea anche l'importanza dell'investimento in ricerca e tecnologia come strumento per affrontare la sfida energetica.
Il rapporto affronta anche la situazione internazionale e sottolinea come il raddoppio della domanda di energia prevista a livello mondiale dalla Iea per il 2030 dipenderà per l'85% dall'incremento della domanda proveniente dai paesi emergenti e ben il 55% da Cina e India. Da questi dati, evidenzia l'Enea, diventa necessario un forte impegno sulle tecnologie «un'accelerazione tecnologica senza la quale è di fatto impossibile raggiungere risultati concreti in materia di contenimento delle emissioni».
Nell'indicare le opzioni per il quadro energetico italiano, nel rapporto si ribadisce la centralità dell'efficienza energetica come scelta per il breve medio periodo e l'esigenza di concentrare l'attenzione sugli usi finali dell'energia, nel residenziale, nei trasporti e nell'industria, anche per i suoi effetti positivi sul sistema economico. Si scorge poi nel ritorno al nucleare che si aggiunge, ma non in alternativa, alle altre fonti, in particolare rinnovabili, una novità importante perché consentirà al nostro paese il rientro in un settore tecnologico da cui siamo fuori da tempo e in cui vi possono essere occasioni di innovazione.
Sulla necessità di investire in ricerca ed innovazione e sull' l'esigenza di mettere il massimo impegno sul trasferimento tecnologico dal mondo della ricerca a quello dell'industria il rapporto si sofferma spesso sia per il settore delle rinnovabili che per quello nucleare e cita a tal proposito che «occorre riaffermare con decisione il ruolo di leadership che il Paese, anche tramite l'Enea, ha conquistato a livello internazionale sulle tecnologie energetiche a lungo termine, come il programma sulla fusione nucleare Iter».
Ma Paganetto ha anche tenuto a sottolineare che l'Italia non dovrebbe perdere terreno nemmeno sui settori dove eccelle, quali la ricerca sul solare termodinamico contro cui è stata presentata in Senato una mozione dalla maggioranza: «Ritengo singolare che questo accada, perché sul solare termodinamico siamo leader del mondo».
Dati considerati utili quelli del rapporto Enea da Francesco Ferrante, dell'esecutivo nazionale degli Ecologisti Democratici, così come ritiene «assolutamente condivisibile l'enfasi posta nell'innovazione tecnologica e in particolare sull'efficienza energetica per quanto riguarda la qualità del nostro futuro, ma il Presidente Luigi Paganetto sbaglia- commenta Ferrante- quando guarda con favore a una tecnologia vecchia come quella nucleare».
Secondo l'esponente degli Ecodem «l'Enea deve essere messo in condizioni, con le risorse economiche sufficienti e rifuggendo dalla tentazioni lottizzatrici di questo governo, di lavorare e stimolare la ricerca per sperimentare le tecnologie che possano avere una applicazione sensibile nel campo dell'efficienza energetica e delle rinnovabili». Non è condivisibile invece anzi «è sbagliato -dice ancora Ferrante- pensare all'applicazione di una tecnologia superata come quella della terza generazione nucleare, che non ha superato alcun problema collegato alla sicurezza e allo smaltimento finale delle scorie e che costa decisamente troppo».
E a sostegno di questa affermazione Ferrante riporta il rapporto del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit) che «esplicitamente afferma che in un'economia di mercato il nucleare non è competitivo e che i costi del capitale e i costi finanziari delle centrali nucleari continuano ad essere infatti significativamente incerti».
Secondo i dati del Mit nel 2007 realizzare una centrale nucleare costa 4000 dollari per kW contro i 2000 di quattro anni prima. Una crescita che si ripercuote inevitabilmente anche sui costi finali dell'energia: dai 6,7 centesimi a kilowattora stimati nel 2003 il nucleare è passato ad un costo di 8,4 cent a kilowattora contro i 6,2 del carbone ed i 6,5 del gas.
«D'altra parte - conclude l'esponente Ecodem - se mai il nucleare verrà rilanciato nel nostro paese avrà bisogno di ingenti sostegni economici pubblici che i cittadini dovranno pagare mentre ogni sforzo andrebbe fatto per sostenere le rinnovabili. L'Enea deve invece concentrasi con quello che in tutto il mondo è considerata la chiave di volta di un nuovo sviluppo: rinnovabili ed efficienza energetica e per quanto riguarda il nucleare sulla ‘quarta generazione' con l'obiettivo di superare i problemi connessi alla sicurezza e allo smaltimento delle scorie».
«Il nucleare non solo non è fondamentale per il nostro Paese ma toglierà risorse allo sviluppo delle vere fonti che possono aumentare la nostra efficienza e la nostra competitività. Un ritorno all'atomo oggi in Italia è un errore imperdonabile». E' il duro commento del presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza alle dichiarazioni sul nucleare del presidente dell'Enea Luigi Paganetto.
«Il tempo - aggiunge il presidente di Legambiente- non è una variabile indipendente e continuare ad ignorare che produrre energia dall'atomo in Italia non sarà possibile prima del 2025-2030 è mettere la testa sotto la sabbia. La crisi economica e quella energetica hanno bisogno di provvedimenti immediati, così come l'urgenza di ridurre la CO2 in atmosfera e il nucleare non offre soluzioni a nessuna di queste problematiche. Per non parlare della sicurezza e dei costi. Le affermazioni di molti nuclearisti di oggi - conclude Cogliati Dezza - alimentano illusioni insieme a false e semplicistiche aspettative distogliendo l'attenzione sociale e politica dall'unica strada immediatamente perseguibile, quella dell'efficienza e delle energie alternative, che danno una risposta immediata ai cambiamenti climatici e alla crisi economica.Secondo un recente studio della UE, investire su quest'ultime ha già portato 2,8 milioni di posti di lavoro e l'1,1% del PIL».
A supporto delle sue posizioni Legambiente ricorda:
Riduzione CO2?
Secondo uno studio presentato dal Cesi e dall'Aiee ad ottobre del 2008, 4 reattori EPR da 1600MW potranno essere operativi non prima del 2026 e produrranno una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 17 mln di tonnellate annue. Al 2020, se tutto va bene ci sarà una centrale operativa che ridurrà le emissioni per poco più di 4 mln di ton, che, a fronte di una produzione odierna di 552,8 mln/T annue in Italia di CO2, corrisponde allo 0,7%. Tutto ciò al netto della produzione di CO2 di tutta la filiera, perché alcuni studi recenti hanno calcolato che se si considera tutto il ciclo di lavorazione, per ogni kwh di produzione con il nucleare si emette la stessa quantità di CO2 di un kwh prodotto con il ciclo combinato. Il nucleare servirà poi solo alla produzione di elettricità settore responsabile delle emissioni di CO2 per il 18-20% del totale, che non tocca gli altri grandi responsabili, i trasporti e la residenzialità.
Innovazione?
La produzione di energia nucleare nel mondo è sempre più marginale, una parziale sostituzione di vecchie centrali, tanto che la stessa IEA prevede una riduzione al 2030 di produzione di energia dall'atomo dall'attuale 15% al 9%.
Competitività?
Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero (l'Italia ha miniere di uranio?) e le riserve di uranio sono limitate (si parla di 35-70 anni al massimo).I costi e i tempi sono esorbitanti, basti pensare che il reattore in costruzione ad Olkiluoto ha già sforato il budget di 2 miliardi e i tempi di realizzazione del 50%. La bolletta degli italiani non diminuirà. Anche l'ad di Enel Fulvio Conti ha chiesto al Governo una soglia minima garantita nelle tariffe di vendita.
In serata è intervenuto anche il Wwf: «Il rapporto dell'Enea sottolinea giustamente l'importanza e la strategicità dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per il nostro Paese, ma allo stesso tempo prova a conciliare la necessità di intensificare gli sforzi in questa direzione con il ritorno al nucleare. Purtroppo queste opzioni sono tra loro inconciliabili e concorrenti. In un momento di recessione e limitatezza di risorse economiche la scelta è, infatti, obbligata: se si decide di investire nel nucleare non si investirà nelle fonti rinnovabili e nell'efficienza. Un conflitto di interessi per certi versi sottolineato dalla stessa mozione recentemente proposta in Senato che contrappone il solare termodinamico al nucleare; l'importanza data a quest'ultima isolerebbe l'Italia ponendola in controtendenza rispetto all'onda della nuova economia cavalcata anche dalla Cina, che ha appena lanciato un massiccio piano di investimenti in fonti rinnovabili, con una forte spinta all'energia solare».
Tra le opzioni più importanti in materia di efficienza, l'Italia avrebbe notevoli potenzialità per quanto riguarda la micro cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e termica), ma questa è ostacolata da un sistema di produzione e distribuzione energetico italiano ancora fortemente incentrato sulle grandi centrali termoelettriche e le reti ad alta tensione, una criticità peraltro bene evidenziata oggi anche dallo stesso Corrado Clini, Direttore generale Ricerca ambientale e Sviluppo del Ministero dell'Ambiente. Sulla base di questi presupposti, è ancora più evidente come puntare sul nucleare significhi rafforzare quel modello di grandi impianti di produzione di fatto antitetico all'efficienza energetica e alla generazione distribuita da fonti rinnovabili connesse alle reti intelligenti (smart grid).
L'Italia deve quindi decidere ora su quale modello energetico basare il proprio futuro: quello centralizzato, basato su grandi impianti a combustibili fossili e nucleare - ovvero fonti poco pulite, destinate ad esaurirsi, a costi sempre crescenti anche in termini di sicurezza e non risolvono il problema del cambiamento climatico - oppure quello distribuito, incentrato sull'efficienza energetica, le fonti di energia rinnovabili e le smart grid - tecnologie pulite, sempre più competitive, che rappresentano la svolta sostenibile necessaria per rilanciare l'economia, creare occupazione e affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, anche in vista del nuovo accordo globale sul clima che dovrà essere definito a Copenhagen a dicembre.
«L'Italia necessita di una seria pianificazione energetica, che tenga conto delle reali esigenze del Paese e non degli interessi dei grandi produttori di energia - ha dichiarato Stefano Leoni, presidente del WWF Italia - Aspetti economici e tecnologici dovrebbero spingere il nostro Paese a puntare con coraggio su rinnovabili ed efficienza, ponendo in essere quella nuova rivoluzione industriale che alcuni Paesi, come Germania e Spagna, hanno da tempo avviato. Continuando a investire su energie del passato come il nucleare, che non hanno risolto nessuno dei loro problemi, finiremo invece per esserne totalmente tagliati fuori, con gravi conseguenze non solo per l'ambiente ma anche per il rilancio della nostra economia. Lo sviluppo delle fonti di energie rinnovabili diffuse rappresenta per l'Italia una garanzia di autonomia ma anche di democrazia, perché consente ai privati di non sottostare ai condizionamenti dei grandi produttori».