[10/02/2010] News

Le otarie delle Galapagos migrano (per la prima volta) in PerĂ¹

LIVORNO. E' la prima volta che una colonia di otarie orsine delle Galápagos (Arctocephalus galapagoensis), endemiche delle isole di Darwin, abbandona il suo mare e si trasferisce a ben 1.500 chilometri di distanza, sulla costa del Perù, incalzata dal El Niño che riscalda l'Oceano Pacifico e gela la costa orientale degli Usa.

Infatti, secondo qunto dice da Lima l'Organización científica para la conservación de animales (Orca) «L'aumento della temperatura del mare nel nord del Perù ha fatto si che le colonie di "lobos marinos" abbandonassero le isole». E l'organizzazione ambientalista peruviana spiega che «E' la prima volta che le otarie orsine hanno installato una loro colonia fuori dalle isole Galapagos».

Le Galapagos sorgono dall'oceano a più di 900 chilometri dall'Equador e sono un vero e proprio scrigno di biodiversità scoperto da Charles Darwin più di 150 anni fa e diventato il simbolo ed il museo vivente dell'evoluzione del pianeta terra.

I ricercatori dell'Orca evidenziano che «Le temperature medie del mare del nord del Perù sono aumentate - secondo le misurazioni effettuate dall'Istituto Geofisico del Perù -  costantemente da una media di 17 gradi centigradi a 23 gradi. Una temperatura molto più vicina a quella del mare delle isole Galapagos che ha una media di 25 gradi centigradi».

Secondo gli esperti, con condizioni di mare sulla costa del Perù settentrionale così simili a quelle dell'arcipelago ecuadoregno, sempre più otarie ed altre specie marine potrebbero iniziare a migrare in massa verso il continente.

La prima colonia di una trentina di esemplari di otarie delle Galapagos, la specie più piccola tra tutti i pinnipedi e l'unica otaria orsina a riprodursi in acque tropicali, è arrivata sulla costa peruviana da qualche tempo, fuggendo probabilmente davanti a El Niño che nella sua ultima violenta apparizione provocò una vera e propria decimazione di questi pinnipedi alle Galapagos, un paradiso sempre più in pericolo a causa del turismo, dell'immigrazione dall'Equador, delle attività umane e dell'introduzione di specie aliene invasive, tanto che l'Unesco nel 2008 ha dichiarato l'intero arcipelago primo World Heritage Site, "in pericolo " al mondo.

La questione di come le otarie e i leoni marini reagiscano ai cambiamenti climatici è ancora controversa: se è la prima volta che le otarie delle Galapagos stabiliscono una colonia sulla lontana costa sudamericana, sono noti gli spostamenti dei leoni marini americani alla ricerca di acque più fredde, anche negli ultimi anni.

Lo scorso novembre centinaia di leoni marini di San Francisco hanno abbandonato il mare della città californiana per trasferirsi davanti alle coste dell'Oregon dove abbondano le acciughe, probabilmente la migrazione dei pinnipedi è si legata agli effetti di El Niño che riscalda l'oceano al largo della costa meridionale, ma è soprattutto la ricerca delle prede che porta i mammiferi marini a nord.

Il biologo Michael Moore del Woods hole oceanographic institution di Cape Cod, nel Massachusetts, ha detto alla Bbc che «E' spesso troppo semplicistico dare completamente la colpa della migrazione animale al cambiamento climatico. Certo, il cambiamento climatico è una parte della forza motrice, ma a fianco dei cambiamenti di qualità degli habitat, l'inquinamento, il rumore ... penso che si tratti di molte cose che procedono insieme. La migrazione dei pesci mette in gioco una miriade di fattori, per esempio i punti in cui i pesci si spostano verso acque più calde e più fredde. Lungo la costa orientale, per esempio, piccoli delfini sono migrati a nord verso acque più fredde, anche mentre le foche hanno girato a sud verso acque più calde».

La miscela velenosa di inquinamento, rumori, global warming, traffico navale riguarda probabilmente più i leoni marini californiani delle otarie delle Galapagos, ma è sempre più evidente che l'immenso oceano, nell'era del cambiamento climatico e dell'Antropocene, è diventato un luogo molto "piccolo" e pericoloso per i mammiferi marini che cercano luoghi più "tranquilli" e vivibili, trasformandosi nei nuovi profughi ambientali di un pianeta che cambia, in un mare più caldo, più acido e più inquinato.

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