[11/02/2010] News toscana

Conti: «Sostenibilità e dinamismo per rispondere alla collusione tra rendita, politica e urbanistica»

LIVORNO. «I grandi imprenditori devono trovare un punto di riferimento nella Regione, che deve accompagnare, come una sorta di cabina di regia, gli investimenti e le scelte. Solo così sarà possibile recidere un legame che si è dimostrato collusivo fra rendita e politica». Con queste parole l'assessore regionale alle infrastrutture Riccardo Conti (Nella foto) interviene sugli ultimi recenti episodi che stanno sconvolgendo il governo del territorio in Toscana, proponendo una sua ricetta anche se crede di poter derubricare questi "scandali" a "episodi": «Sono episodi, non sono cose gravissime e non è il caso di parlare di  mala urbanistica, però uno scivolamento verso queste filiere rendita-urbanistica c'è, ed è il frutto di questi anni 90, questo grosso peso della rendita accompagnata dal rallentamento produttivo. A cui ora dobbiamo rispondere invertendo la rotta, con la sostenibilità e il dinamismo».

Assessore, anche in Toscana, e non più solo sulla costa e nell'Arcipelago, emergono scandali edilizi, spesso legati all'interpretazione estensiva degli strumenti di pianificazione. La regione come esercita il suo controllo sui Piani strutturali e i regolamenti urbanistici approvati? E come interviene in caso di violazioni?

«Noi cerchiamo di lavorare a monte, con la collaborazione,  perche ogni giorno in Toscana di atti sul governo del territorio se ne faranno centinaia, l'idea del controllo assomiglia al bimbo olandese col dito nella diga. Dopodiché questo proliferare di scandali urbanistici io non la vedo. Io ho visto un solo vero caso urbanistico, che è il piano strutturale di Campi, perche lì era insito nella legge che veniva fuori l'errore. Proprio in relazione a questo abbiamo stabilito un criterio di monitoraggio dei piani strutturali e perfezionata la commissione paritetica estendendola anche ai regolamenti urbanistici. Gli altri  casi i cui ci imbattiamo se parliamo di Firenze o di Montespertoli o di Barberino, sono casi che definirei di "edilizia locale": io nella legge regionale non posso mica scrivere che non si cambia le carte in corso dei progetti, perche è inutile che lo faccia».

Come giudica la politica infrastrutturale che ha contraddistinto la Toscana negli ultimi anni?

«La risposta la danno alcuni numeri magici. Abbiamo un programma di investimenti già realizzati o comunque cantierati 7/8 miliardi. E altri 6/7 miliardi cantierabili  dell'ultimo accordo».

Non trova che si sia stato e vi sarà un po' troppo cemento e un po' troppo poco ferro? E che spendere importanti risorse economiche e logistiche (project financing a parte) per finanziare la mobilità privata significa, in un'ottica di "coperta corta", sottrarre risorse a progetti per la mobilità sostenibile?

«A parte che già ora il ferro è predominante grazie all'alta velocità, ma è sui piccoli interventi migliorativi che puntiamo davvero. Abbiamo un programma molto diffuso sulle ferrovie regionali: dal raddoppio della Pistoia-Montecatini alla velocizzazione della Pistoia.Lucca e poi gli interventi previsti sulla Firenze-Pisa e sul collo di San Rossore. La vera battaglia campale è il tunnel sotto Firenze e lo sbottigliamento della città che porterà 500mila toscani in treno, dai 160mila di oggi, impensabili qualche anno fa,  che siamo riusciti a raggiungere grazie al Memorario».

Anni fa si riteneva opportuno decongestionare il nodo fiorentino e puntare sulla costa,  Pontremolese compresa...

«In realtà l'alta velocità è stata la messa in sicurezza della linea ferroviaria tirrenica, che oggi è un'ottima linea. Oggi la mobilità è esplosiva e non potrebbe essere altrimenti a causa dei cantieri. Però è il sintomo di una situazione che si muove, ma detto ciò ora c'è una sfida più grande, cioè intraprendere l'opera di modernizzazione generale del sistema toscano.  

Questa innovazione non può prescindere dal contenuto ecologico degli investimenti, sia per le tecniche, che stiamo sperimentando per esempio per l'autostrada Tirrenica per il riutilizzo dei rifiuti della Lucchini, sia per i pannelli fonoassorbenti realizzati dalla plastica raccolta e riciclata in Toscana da Revet.

Il problema del paesaggio moderno è quello di poter dialogare con le infrastrutture della modernità, insomma bisogna fare ambientalizzazione, cioè green economy.

In secondo luogo dobbiamo finalizzare strategicamente questi progetti. Dietro il porto di Livorno va fatta la piattaforma logistica costiera, significa canali navigabili, grandi infrastrutture d'acque prolungamento fino alla Piaggio della navigabilità dello scolmatore, sistema dei Navicelli, sistema interporti. Per questa combinazione tra piattaforma logistica costiera e alta velocità, la città che più si avvantaggerà dal tunnel appenninico sarà la città di Livorno e il suo porto. Ora si capisce perché investiamo tanto sul nodo Pisa Livorno,  e sulla Valle dell'Arno che ha la possibilità di diventare  una grande valle della logistica».

Non è già un po' troppo piena questa valle?

«Ha ragione. Infatti io penso a una logistica creativa, che non è trascinata dal mattone ma dall'impresa, dalla capacità per esempio dello Scolmatore navigabile di attrarre imprese innovative, in grado di trovare nuovi vantaggi logistici. Anche il porto di Livorno avrà bisogno di grandi investimenti, io sogno un grande porto automatizzato ad altissima tecnologia, capace di dare servizi sulle grandi dimensioni e capacità gestionali per darli anche alle piccole aziende. Solo così la Toscana potrà tornare a crescere».

La Toscana aveva smesso di crescere?

«Noi dobbiamo parlare di crescita perché la crescita è cresciuta poco, quando rileviamo che  l'andamento del Pil ci vede penalizzati e gli andamenti di sviluppo umano ci vedono in testa alle graduatorie, significa che stiamo perdendo i vantaggi che avevamo accumulato nella nostra storia».

Ma non è che i buoni risultati negli indici alternativi al Pil, che misurano il benessere dei cittadini, sono proprio il frutto di una crescita non parossistica?

«No, io non sono convinto  che la crescita slow, sia sintomo di buon andamento. Leggo con attenzione Ruffolo, capisco Georgescu Roegen e l'entropia. Ma lo traduco in questo: bisogna inserire in un ciclo virtuoso quello che sta prima e quello che sta dopo la produzione, non ragionare solo su produzione. Dobbiamo cioè avere grandi beni pubblici, regole per l'economia, concorrenza per il mercato, dobbiamo introdurre molti elementi immateriali che segnano carenze... tutto questo, ma poi dobbiamo tornare a crescere, in modo corretto: 15 anni fa lo sviluppo toscano era troppo incline a favorire la crescita solo sul volano dell'edilizia. La Toscana ha incamerato una quantità di rendita che combinata con le prestazioni del welfare ha mascherato un declino produttivo».

In questi giorni si sta svolgendo il town meeting sul paesaggio...

«Il codice del paesaggio deve essere inteso come parte della pianificazione territoriale e non come un'aggiunta postuma. Vorremmo approvare il codice del paesaggio, che è già pronto, nel decennale della convenzione europea del paesaggio, in ottobre, nell'ottica di andare verso una cabina di regia, che valorizzi al massimo l'istituto della collaborazione tra comuni province e regione, dimezzando i tempi. Si fa insieme e non in successione, anche sui grandi progetti territoriali e qui torno a citare la piattaforma logistica e il parco della piana, ma anche una valorizzazione della costa e delle sue attrattività, come per esempio i porti turistici».

Non ce ne sono abbastanza di porti turistici, con annesse erosioni varie?

«Perché devo mettere un tetto? Io devo stabilire criteri di qualità e sostenibilità. Quindi nessun limite, ma anche nessun porto se non serve. Se io metto solo il tetto dei posti barca perdo il rapporto coi servizi e con ciò che sta a terra. Con il masterplan abbiamo rovesciato il rapporto: Partiamo dalla sostenibilità dell'intervento e dalla sua moltiplicabilità economica, poi vediamo se ne vale la pena. E' vero che in passato non è stato così e sono stati commessi molti errori, ma questo proprio perché il solo criterio del numero dei posti barca non bastava: oggi arriviamo anche a progettare porti turistici proprio per fermare l'erosione costiera».

Facciamo un gioco. Lei è proprietario di una casa, perfetta e funzionale. Per la legge ha la possibilità sia di aggiungere una stanza, che di rifare la casa da capo a piedi, stesso risultato finale in metratura. Cosa fa?

«Dipende. Io preferirei ammodernare la casa, non è detto mi interessi la stanza in più, ma una casa che si doti di quelle modernizzazioni ecologiche che me la rendano più efficiente. Io farei un'operazione del genere».

Bene, perché non è stata fatta la stessa scelta per la variante Aurelia, cioè di ammodernarla, invece di costruire accanto una nuova autostrada?

«Perché sarebbe stato ecologicamente più pesante con la necessità di una nuova complanare. La soluzione in sede va bene da Rosignano a Grosseto, ma da Grosseto a Civitavecchia sarebbe stata drammatica dal punto di vista del bilancio ecologico».

Dov'è questo bilancio ecologico?

«Il bilancio ecologico sono gli studi che abbiamo fatto guardando a come impattavano le due strade, confrontando i progetti concreti, quello collinare, quello costiero e quello in sede,  progettando via via nella maniera più sostenibile possibile. E l'ipotesi in sede non era la migliore, perché si rendeva necessaria una complanare e diverse gallerie molto impattanti. Io mi sento tranquillo ho fatto la scelta che avrei fatto per la mia casa: il progetto più moderno e più sostenibile possibile».

Da  una parte si chiede il massimo livello di partecipazione alle scelte di governo del territorio e dall'altra c'è invece la tendenza ad allontanar le scelte dal territorio, tanto che nel più recente rapporto dell'osservatorio Nimby, non si parla più di non nel mio giardino, bensì di non nel mio mandato...

«Io sono per la partecipazione regolata: la partecipazione ha un senso se è un ciclo di tre mesi, intenso, regolato, in rapporto con il garante e poi decide chi deve decidere, altrimenti c'è il rischio che diventi un alibi per dilatare dei tempi della decisione».

In un'economia come la nostra che basa (dovrebbe basare) il suo sviluppo sulla conoscenza e sullo scambio di informazioni l'accesso alla rete non dovrebbe avere almeno lo stesso valore di una grande infrastruttura essendo ormai ritenuto un "diritto universale"? Se è così, chi deve farsi carico degli investimenti necessari? Cosa ha fatto la Regione?

«Sono perfettamente d'accordo. Me l'avete anche già rimproverata questa cosa, e la prima giustificazione è che io sono assessore alle infrastrutture... materiali. E quindi ci sono problemi di competenze, di concorrenza di mercato, di rapporti tra pubblico e privato . L'osservazione culturale che voi fate l'apprezzo decisamente, non vorrei che fra 10 anni si scoprisse che il deficit infrastrutturale è quello tecnologico mentre io sono stato a fare strade e ponti. Ora io dentro il concetto di dinamismo della Toscana metto dentro anche queste infrastrutture e me ne farò sicuramente carico, sempre nei limiti delle mie future ed eventuali competenze».

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