[12/02/2010] News
GROSSETO. Con le dichiarazioni esplicite della candidata alle elezioni per il governo della regione, Renata Polverini, rafforzate da quanto ha espresso anche il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, anche nel Lazio si chiude la strada alla possibilità di realizzare una centrale nucleare.
Dopo i no del candidato nel Veneto e attuale ministro dell'agricoltura Luca Zaia, quello del governatore Roberto Formigoni che si appresta al terzo mandato in Lombardia, l'indisponibilità dichiarata dai candidati del centrodestra pugliese Poli Bortone e Rocco Palese, ora anche la contrarietà espressa nel Lazio il governo perde alleati nella sua stessa compagine sul territorio e rende la strada per il ritorno al nucleare sicuramente più tortuosa di quanto già non fosse per tutti gli altri problemi - non ultimo quello economico- che questa scelta comporta.
Certamente non darà una mano a rispettare i tempi che caparbiamente il ministro Claudio Scajola ribadisce ad ogni occasione utile e che ha ripetuto anche al varo da parte del consiglio dei ministri del decreto sui criteri: «i primi lavori nei cantieri dal 2013 e la produzione di energia elettrica dal 2020».
Già il decreto appena varato in merito ai criteri per l'individuazione dei siti presuppone un cronoprogramma di almeno due anni per arrivare a certificare i siti idonei sui quali poi le aziende interessate potranno avanzare le loro ipotesi e quindi già questo porrebbe problemi alle ipotesi tempistiche del ministro Scajola.
Oltre alle 15 regioni che si sono schierate contro la legge sviluppo che rilancia il nucleare in Italia, di cui 11 l' hanno anche impugnata per incostituzionalità e aspettano l'udienza calendarizzata per il mese di giugno, il dissenso espresso dai candidati ad essere i futuri governatori delle regioni nelle quali questi siti potrebbero essere individuati pone di nuovo il problema della necessità della condivisione della scelta, che pare essere però lontana.
E se vale quanto ha detto il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, ovvero che «nessuna centrale verrà costruita contro la volontà della regione» che dovrà ospitarla, la situazione per il governo si pone davvero in maniera molto critica.
I candidati dell'area di opposizione hanno risposto un secco no alla scelta del governo e alla possibilità di ospitare nella propria regione un ipotetico sito nucleare. La mappa messa a punto da Legambiente che ha chiesto ai candidati alle elezioni regionali 2010 di esprimersi a favore o contro è chiara: in tutte le regioni al voto il no è unanime.
Ma la lista dei contrari è lunga anche per i candidati che appartengono alla maggioranza di governo, e con la dichiarazione di ieri di Renata Polverini, rimangono veramente pochi i disponibili: Roberto Cota in Piemonte, Sandro Biassotti in Liguria (che appare comunque assai improbabile come eventuale sito idoneo) e altri che devono ancora decidere o rispondere alla richiesta fatta da Legambiente. Dalla mappa emerge che sono solo in cinque a dichiararsi convinti delle scelta e pronti ad ospitarla, quindi l'area si fa sempre più ristretta, soprattutto se in queste cinque regioni risulterà che non vi sono le caratteristiche richieste.
Inoltre nessuno dei candidati appartenenti all'area di maggioranza si esprime dicendo di essere di principio contrario al nucleare, ma da parte di tutti (o quasi) la motivazione della contrarietà viene espressa come una già raggiunta autosufficienza energetica della regione (se non addirittura un surplus energetico) o comunque facilmente perseguibile, come ha indicato ieri il sindaco Alemanno «impegnandosi nelle rinnovabili».
Ma allora a cosa servono queste centrali? E se come scrive oggi sul sole 24 ore Iacopo Giliberto «per trovare le risorse del programma atomico, una delle idee che stanno cominciando a prendere forma» è quella «di una finanziaria pubblica» appare ancora più incredibile la scelta pervicace del governo di voler continuare su questa strada.