[15/02/2010] News toscana
FIRENZE. Società ed economia per il bene comune non sono nella campagna elettorale. Né il ruolo pubblico (contro cui premono le rendite professionali, di posizione, fondiarie e finanziarie) per i Diritti, un modello di lavoro e di produzione reciprocamente vantaggiosi, nuovi rapporti con tecnologia e scienza (dall'uso razionale dell'energia alle persone non ridotte ad appendici della tecnica). La destra vuole disfare il welfare e la sicurezza sociale, per interessi di parte.
Cosa ci serve? Affrontare i problemi demografici (invecchiamento), del benessere (stock di capitali), della tecnologia (mezzi per produrre per chi e cosa, con quale lavoro; ad es., le difficoltà dei distretti industriali nella crisi che non si superano con il distretto unico toscano) e degli impatti sul territorio.
Superare la frammentazione integrando tutela dei beni comuni (dal diritto all'acqua allo stop consumo di territorio) con risorse umane (diritto al lavoro e alla sua qualità, la libertà delle persone nel lavoro, contro lo sfruttamento degli immigrati la precarizzazione dei giovani e i differenziali a sfavore delle donne), con risorse energetiche (produrre rinnovabili e utilizzabili localmente escludendo le tecnologie centralistiche/rigide e autoritarie/insicure, l'opposto di un distretto industriale "energetico", di cui mancano i presupposti di conoscenza diffusa e partecipata, l'humus di Becattini, che non si "crea" concentrando in una provincia 2/3 grandi impianti gas), per "produrre ambiente" attraverso sistemi agricoli e industriali per beni di qualità, duraturi, riciclabili a basso consumo di materia energia (che aiutano a ridefinire e riqualificare anche poli industriali a tecnologie mature, ma necessarie, come la siderurgia a Piombino), sostenuta dalla domanda pubblica aggregata. Crescita sociale ed evoluzione economica che non si misurano col PIL.
La tutela dei diritti umani (vedi L.R. 29/2009 sull'immigrazione che la destra nostrana vorrebbe cancellare).
Infine regolazione/controllo, programmazione/concertazione (a partire dalla inapplicata L.R. 49/2004 e successive).
Ieri l'obiettivo della Toscana avamposto dello sviluppo sostenibile in Europa è fallito tra le resistenze (anche del pubblico) a coordinarsi e integrarsi, nonostante i buoni risultati rispetto all'Italia.
Oggi l'integrazione è priorità: tra ambiente/economia, salute/ambiente, lavoro/ambiente, economia/adattamento ai cambiamenti climatici.
Se le turbolenze del mercato e del clima esigono istituzioni forti e decisioni rapide, non vuol dire eludere la complessità ma rendere più efficiente ed efficacie, integrata, la partecipazione. Se aumentano i poteri dell'esecutivo verso fenomeni imprevedibili e turbolenti, ma anche per risolvere, ad es., annosi problemi come i necessari impianti per smaltire i rifiuti speciali, essi vanno bilanciati da organi di controllo realmente terzi e con modelli di garanzia, di autorità e certezza del diritto in controtendenza nazionale.
Programmazione e concertazione vanno ridefinite in funzione del bene comune, oltre la forma corporata che non ha ridotto gli interessi di parte e il consociativismo tra poteri pubblici e privati. Si delimitino gli ambiti da principi e diritti, politiche istituzionali (come il Bilancio), resi indisponibili per la concertazione, quali fondamenti del bene comune, mentre lo sono, con impegni codificati e cogenti, il DPEF, i piani attuativi di grande rilevanza, i patti locali per il lavoro, la ricerca, ecc.
Il diritto all'acqua (proprietà e gestione), bene primario o comune a domanda rigida (poco influenzata dal prezzo, mancando l'effetto sostituzione), Leggi e norme per l'ambiente, il paesaggio e beni culturali/artistici, non possono essere oggetto di concertazione. Non deve esserlo l'urbanistica che nasce proprio per mitigare il mercato e salvaguardare beni comuni come le città (Salzano).
(6.fine)