[18/02/2010] News

Cosa tagliamo oggi? Massì... tagliamo gli Ato!

GROSSETO. Via le province, avanti le province. Via gli Ato avanti con gli agli Ato e ora, di nuovo, addio - entro un anno - agli ambiti territoriali ottimali per il servizio idrico e quello dei rifiuti. Il balletto in questi anni tra i proclami per cassare dall'ordinamento amministrativo le province, considerate enti inutili e serbatoio di poltrone, sembra adesso approdato al mantenimento in vita di questi enti territoriali, cui passerebbero le competenze ad oggi attribuite agli Ato, che verrebbero invece cancellati.

E' quanto stabilisce un emendamento proposto dalla lega e inserito nel pacchetto dei correttivi all'art.1 del decreto legislativo varato il 13 gennaio scorso dal Consiglio dei ministri in merito agli «interventi urgenti per il contenimento delle spese negli enti locali».

Il pacchetto dei correttivi che è stato approvato ieri dalle commissioni affari costituzionali e bilancio della camera e adesso dovrà andare al voto in aula, non ha accolto invece gli emendamenti proposti dall'associazione nazionale dei comuni (Anci) che chiedevano di avviare il confronto con il ministero dell'Economa in merito alla vicenda dei rimborsi Iva sulla tariffa d'igiene urbana; un problema sorto all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale che la scorsa estate ha decretato l'illegittimità dell'applicazione dell'Iva sulla tariffa d'igiene urbana, adottata sino ad ora, in via del tutto volontaria, da circa 1200 comuni.

Che rimarranno quindi senza risposte per sapere come muoversi. Come ancora i comuni che ancora applicano la tarsu non hanno elementi per decidere se e come passare a Tia . (vedi greenreport dell'8 febbraio, link a fondo pagina)
Siamo di nuovo di fronte, quindi, a cambiamenti in corso d'opera delle norme che regolano aspetti non certo marginali del settore di gestione dei rifiuti e delle risorse idriche.

Nel campo dei rifiuti, gli Ato, introdotti dal Dlgs. 22/97 (Decreto Ronchi, Edo) vengono ridefiniti nel testo unico ambientale che gli attribuisce natura giuridica e titolarità ad intervenire nella gestione dei rifiuti: sono gli Ato, infatti, chiamati ad individuare il gestore unico. Sul come farlo, il testo unico richiamava alla sola possibilità del ricorso a gara ad evidenza pubblica. Ma proprio sulle modalità di affidamento le norme sono state aggiornate recentemente con l'art.15 del dl 135/09 (anche questo Decreto Ronchi ma Andrea) convertito nella legge 166/2009, che va a modificare l'art, 23 bis della legge 133/08 ancora in attesa del definitivo regolamento d'attuazione.

In pratica si torna a poter scegliere per l'affidamento delle gestioni del servizio pubblico, in via ordinaria, tra la gara ad evidenza pubblica o l'affidamento diretto a società a partecipazione mista pubblico privata (il cui socio privato sia scelto con procedura ad evidenza pubblica) che abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi e che la partecipazione del socio privato non sia inferiore al 40%.

In via eccezionale, in deroga quindi alle modalità di affidamento ordinario, questo potrà avvenire in house ma solo in presenza di particolari condizioni molto stringenti. Nei fatti questa via diventa assolutamente marginale.

Quindi gli Ato, in estremo ritardo rispetto ai tempi previsti per l'affidamento del servizio al gestore unico, anche grazie ad una normativa in continuo divenire, stanno adesso attivandosi per scegliere la modalità che riterranno più opportuna per individuare il gestore . E si presuppone che non riusciranno ad espletare l'iter necessario entro i tempi che gli rimangono da vivere stabiliti da questo nuovo emendamento. Che succederà allora? Si farà un'altra norma per salvare i processi di affidamento in corso? O le procedure in essere passeranno, working in progress, alle province? Gli Ato andranno avanti comunque nelle procedure di affidamento o aspetteranno di nuovo che il quadro futuro sia più chiaro?

Come al solito sembra che chi è deputato a scrivere le norme non abbia come riferimento poco più dell'orizzonte relativo all'obiettivo da perseguire. In questo caso il taglio delle poltrone. Senza però minimamente domandarsi quale sarà il saldo finale tra costi e benefici, che in questo caso sembrerebbe più spostato verso la voce costi. E ancora una volta quello che ad ogni occasione si autodefinisce «il governo del fare» finisce per diventare il «governo del disfare».

 

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