[19/02/2010] News
LIVORNO. Il Comune non può limitare considerevolmente le modalità di esercizio dell'attività di lavorazione e frantumazione di inerti estratti da una cava se in assenza di zonizzazione acustica, i limiti di immissione assoluti previsti per legge sono rispettati.
Il Tribunale amministrativo del Veneto (Tar), infatti, ribadisce che in difetto di classificazione acustica non sono applicabili i limiti differenziali stabiliti dal legislatore italiano (ossia quelli determinati con riferimento alla differenza tra livello equivalente di rumore ambientale e di quello residuo) che sono direttamente legati alla destinazione d'uso del territorio (zonizzazione).
La legge del 1995 - in ritardo temporale rispetto agli altri settori ambientali - è la prima legge che disciplina in materia organica la questione del rumore e che ha fatto del "bene salute" l'oggetto principale della sua tutela. Del resto il rumore può provocare fastidio o disturbo al riposo, alle attività umane e a lungo andare può creare pericolo per la salute, deteriorare gli ecosistemi, i beni materiali, i monumenti, l'ambiente abitativo o l'ambiente esterno.
La legge quindi prevede dei valori limite di emissione e immissione - quest'ultimi distinti in assoluti (ossia determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale cioè il livello di pressione sonora prodotto da tutte le sorgenti esistenti e attive in un dato luogo e in un determinato momento) e differenziali (che sono il risultato della differenza fra il rumore ambientale e il livello di pressione sonora che si rileva dopo l'esclusione della specifica sorgente disturbativa) - in base alle sorgenti sonore e in riferimento alle diverse destinazioni d'uso. Il territorio comunale, infatti, dovrebbe essere diviso in zone acustiche (competenza del Comune) in corrispondenza delle quali sono previsti limiti di rumorosità diversi.
Allo stato attuale la legge non risulta, però, pienamente operativa anche perché prevede un'ampia rete di adempimenti non solo comunali, ma anche statali e regionali che non sono stati completamente assolti. Di conseguenza vige un regime transitorio disciplinato da un ulteriore provvedimento ossia il d.p.c.m. del 14 novembre 1997.
Il provvedimento, fra l'altro, ha dato attuazione alla legge prevedendo limiti diversi a seconda della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e appunto, della destinazione d'uso della zona. In particolare definisce sei classi di destinazione d'uso e per le sei zone definisce diversi valori limite. Ma senza zonizzazione è difficile poter pensare di applicare il valore limite di immissione differenziale.
Comunque, il d.p.c.m. nel disciplinare il regime transitorio (ossia il periodo di assenza di zonizzazione) non prevede il rispetto dei valori limiti di immissione differenziali ma solo di quelli assoluti. In verità il Ministero dell'Ambiente con la circolare del 1997 cerca di giustificare il silenzio della norma sostenendo che anche i differenziali dovessero essere applicati perché ancorati a una suddivisione del territorio determinata "dalla disciplina urbanistica, si da non richiedere una specifica norma che ne autorizzi l'operatività".