[22/02/2010] News
LIVORNO. Dopo lo sdoganamento del nucleare da parte di Obama negli Usa è cominciata la discussioni di come smaltire le scorie delle centrali "Generation IV" e si spulciano alla ricerca di soluzioni anche i programmi di Russia, Gran Bretagna, Francia, India e Giappone.
Un nuovo rapporto dell'International panel on fissile materials (Ipfm) cerca di rispondere ad alcune domande del rompicapo fino ad oggi nessuno è riuscito a risolvere: «Le preoccupazioni riguardo allo smaltimento inadeguato a lungo termine delle scorie dei reattori nucleari, significano che è giunto il momento di impegnarsi per lo sviluppo di nuovi reattori autofertilizzanti veloci? Quali sono le preoccupazioni legate al costo, all'affidabilità, alla sicurezza ed alla proliferazione connesse ai reattori veloci?»
Per valutare il potenziale dei fast reactor, il rapporto Ipfm prende in considerazione le esperienze, la storia e lo stato attuale dei programmi per i reattori veloci attualmente in funzione in Francia, India, Giappone, Unione Sovietica/Russia, Regno Unito e Stati Uniti.
«I reattori autofertilizzanti "Plutonium-fueled" sembravano originariamente offrire un modo per evitare una possibile penuria dell'uranio necessario a sostenere una tale visione ambiziosa con altri tipi di reattori. Oggi, con maggiore attenzione sia ai reattori della "Generation IV" ed al nuovo Obama Administration panel ci si concentra sugli altri temi del ritrattamento delle scorie, l'interesse si è spostato intorno ai "faste reactor" come un mezzo attraverso il quale sia possibile bypassare le preoccupazioni riguardo lo stoccaggio a lungo termine delle scorie nucleari».
Una missione che sembra impossibile anche all'Ipfm, un gruppo di esperti internazionali indipendenti provenienti da Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Irlanda, Giappone, Messico, Corea del Sud, Olanda, Norvegia, Pakistan, Russia, Sudafrica, Svezia, Gran Bretagna ed Usa, fondato nel 2006 che si occupa di controllo delle armi atomiche e di non proliferazione nucleare. Il compito che si è dato l'Ipfm è quello di analizzare le basi tecnica per iniziative politiche concrete e realizzabili per garantire, consolidare, e ridurre le scorte di uranio e plutonio altamente arricchito, cioè dei materiali fissili che sono gli ingredienti principali delle armi nucleari, il cui controllo, come ci insegnano le vicende recenti di Iran e Corea del Nord, ma ancor più la storia del nucleare militare diventato civile e poi del nucleare "civile" indiano, pakistano, israeliano... diventato militare, «è fondamentale per il disarmo nucleare, per arrestare la proliferazione delle armi nucleari, garantendo che i terroristi non si dotino di armi nucleari».
Secondo lo studio dell'Ipfm i reattori autofertilizzanti veloci non possono risolvere il problema dello stoccaggio a lungo termine per i rifiuti nucleari: i problemi con questo tipo di reattori «Rendono difficile contestare il fatto che questi reattori sono costosi da costruire, complessi da gestire, suscettibili di arresti prolungati a causa di malfunzionamenti anche di minore importanza e difficile da riparare perché richiede molto tempo». Inoltre, i reattori autofertilizzanti veloci scontano enormi ritardi di costruzione, problemi di sicurezza multipli (come incendi di sodio, spesso catastrofici, innescati semplicemente dal contatto con l'ossigeno) e rischi di proliferazione irrisolti e sono già costati oltre 50 miliardi di dollari solo per spese di progettazone e sviluppo, di cui più di 10 miliardi di dollari ognuno per Usai, Giappone e Russia.
Il rapporto dell'Ipfm sottolinea che «Eppure nessuna di queste iniziative ha prodotto da nessuna parte un reattore che sia anche solo vicino ad essere economicamente competitivo con i reattori ad acqua leggera Dopo 6 decenni e spese per l'equivalente di decine di miliardi di dollari, la promessa di reattori autofertilizzanti rimane in gran parte insoddisfatta e gli sforzi per commercializzarli sono stati costantemente tagliati in molti Paesi». Secondo il rapporto dell'Ipfm «La razionalità di reattori autofertilizzanti non è più sana..
Per gli scienziati dell'Ipfm importanti problemi di sicurezza non sono risolti: «Il principale svantaggio di sodio è che reagisce violentemente con l'acqua e brucia se esposto all'aria. Gli steam generators, in cui molten-sodium ed acqua ad alta pressione sono separati da metallo sottile, hanno dimostrato di essere uno degli aspetti più problematici di reattori autofertilizzanti».
A rischio di fughe radioattive sono soprattutto le tubazioni. Una buona parte di questo tipo di reattori sono stati fermi per la maggior parte del tempo in cui avrebbero dovuto produrre energia elettrica. «Una parte importante del problema è stata la difficoltà di manutenzione e riparazione dell'hardware del reattore che è immerso nel sodio». La complessità delle varie operazioni deriva proprio dal fatto che l'aria non deve venire a contatto con il sodio, così le riparazioni all'interno del reattore sino più lunghe e complesse che nei reattori raffreddati ad acqua: «Durante le riparazioni, il combustibile deve essere rimosso - spiega l'Ipfm - il sodio "scolato" e l'intero sistema lavato accuratamente per rimuovere residui di sodio senza causare un'esplosione. Tali preparati possono durare mesi o anni».
La soluzione dei reattori autofertilizzanti appare già come un'arma spuntata, visto che la maggior parte sono stati chiusi: «Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno abbandonato i loro programmi di sviluppo di breeder reactor - si legge nel rapporto - Nonostante gli argomenti portati dal conglomerato nucleare francese Areva». L'Ipfm fa l'elenco proprio dei fallimenti degli "esperimenti" francesi del nucleare di "ultima generazione" e scrive che «Il Phénix è stato disconnesso dalla rete nel marzo 2009 ed era prevista la sua chiusura definitiva entro la fine dello stesso anno. Il Superphénix, il primo breeder reactor al mondo di dimensioni commerciali, è stato abbandonato nel 1998 ed è in fase di smantellamento. Non c'è nessun follow-on breeder reactor previsto in Francia nell'ultimo decennio».