[29/07/2009] News
LIVORNO. Se non puoi batterli, alleati. Il vecchio adagio ormai dovrebbe essere acquisito per quanto riguarda il genere umano nei confronti della natura. Per secoli si è combattuta per la sopravvivenza, poi ci siamo accorti che oltre un certo limite distruggerla equivaleva ad un suicidio di massa.
Oggi la natura - con l'ultima scoperta di un gruppo di scienziati della Missouri Western State University (Repubblica pagina 35) - diventa il cuore del computer del futuro (biocomputer). Come? Attraverso l'uso dei batteri. Non è fantascienza, bensì l'ultima frontiera per affrontare i difficili problemi matematici.
I batteri, tanto combattuti dall'uomo quanto altrettanto spesso utilizzati come alleati, potrebbero diventarlo (alleati) ancora di più in futuro al posto dei microchip in silicio. E promettono - dicono gli scienziati - migliori prestazioni in termini di potenza, economicità e consumi. Siamo nel campo della ricerca sul ‘dna computing'. Come i chip in silicio - si legge nell'articolo di Alessio Balbi che dà conto della ricerca - il dna di qesti batteri può gestire informazioni in formato binario, ovvero codificare sequenze di ‘0' e ‘1', perché anche le molecole di dna contengono dati sotto forma di basi (i nucleotodi) identificate dalle lettere A.T, C, G.
Al computer batterico è stato chiesto di risolvere un problema semplice e tradizionalmente noto come "cammino Hamiltoniano" e lo ha risolto correttamente. Non solo, ha dimostrato di risolverlo meglio degli altri pc perché capace di analizzare milioni di possibilità nello stesso istante. Ovvero: «Elimina la necessità - spiegano sempre i ricercatori - di intervento umano e si adatta al mutare delle condizioni. Inoltre il riprodursi esponenziale dei batteri aumenta continuamente il numero dei processori al lavoro sul problema».
In breve, natura batte invenzione umana, anche se ben altre prove e molto più complesse - ammoniscono gli scienziati - dovranno essere superate. Effetti collaterali? Non se ne conoscono e per certi versi ci torna però in mente il monito di Paul Virilio sulla necessità, di fronte ad una scoperta di questa portata, di un crash test da sperimentare nella da lui auspicata Università del disastro.
Sul piano etico poi, siamo sempre su un crinale discutibile e discusso, come del resto quando si parla dell'intelligenza artificiale, ma in questa fase affascina e incuriosisce anche il tipo di batteri usati per l'esperimento: i vituperati Escerichia coli.
Sì, quelli che - prendiamo la definizione di wikipedia - vivono nella parte inferiore dell'intestino di animali a sangue caldo (inclusi gli uccelli e i mammiferi) e sono necessari per la digestione corretta del cibo. E la cui presenza nelle falde acquifere è un indicatore comune di contaminazione da feci. Da segnalare inoltre che il numero di questi batteri nelle feci che un umano perde in un giorno va dai 100 miliardi ai 10 trilioni.
Insomma, forse nemmeno il grande Fabrizio De Andrè avrebbe mai pensato che la sua celebre "dai diamanti non nasce nulla, dal letame nascono i fiori" potesse valere addirittura per i pc!