[24/02/2010] News toscana
FIRENZE. Secondo stime prodotte dall'Ue e riprese nel Piano regionale di risanamento e mantenimento della qualità dell'aria (Prrm) 2008-2010 della Toscana, investendo circa 7 miliardi di euro l'anno per il contrasto alle emissioni inquinanti non climalteranti si potrebbero ottenere, su scala continentale annuale, risparmi in spese sanitarie calcolati in circa 42 miliardi di euro.
Questo obiettivo, però, presuppone il raggiungimento degli obiettivi normativi di qualità dell'aria, obiettivi che la direttiva 50/2008 indica (tra le altre misure previste, in particolare riguardo al monitoraggio anche del pm2,5) in un massimo di 35 giorni/anno in cui la concentrazione di pm10 non superi i 50 µg/mc. Il problema è che la direttiva ancora non è stata recepita nella legislazione italiana, e questo ha fatto sì che, dal gennaio 2010, siano entrate in vigore le prescrizioni - più restrittive - contenute nel percorso legislativo nazionale che va dal Dm 163/99 al Dm 60/02, che prevedono un massimo, in termini di superamenti della soglia per il pm10, di 7 giorni l'anno.
Anche se le procedure di infrazione della Ue si basano sugli sforamenti avvenuti nelle stazioni definite "di fondo", e non su quelle "di traffico", comunque va riportato che ancora nel 2009, nelle 25 stazioni facenti parte della rete regionale, 10 hanno superato la soglia dei 35 giorni/anno, di cui due sono stazioni di fondo. Un valore che rappresenta un miglioramento rispetto agli anni passati (le stazioni con andamenti "irregolari" erano 13 nel 2005, 16 nel 2006 e nel 2007, 14 nel 2008), e che si somma ai generali miglioramenti dell'aria toscana negli ultimi anni (-40% dal 2005 al 2009 per gli sforamenti totali in regione, -15% in termini di medie annuali regionali), ma che comunque indica che la strada è ancora lunga, per adempiere agli obiettivi di legge.
E, se adeguiamo i dati disponibili all'obiettivo di legge entrato in vigore nel 2010 (cioè i 7 giorni di sforamento permessi) otteniamo che su 25 centraline, ancora nel 2009, solo 6 mostravano un numero di giorni di sforamento inferiore al limite, mentre nei punti più inquinati della regione (le famigerate centraline di viale Gramsci e di via ponte alle Mosse a Firenze) i giorni di sforamento sono stati rispettivamente 88 e 82. E anche i dati del 2010 (finora, riporta "Repubblica" su dati Arpat, a Firenze gli sforamenti sono già stati 29 nel solo 2010, un dato peraltro peggiore di cosa avvenne, alla stessa data, nel 2008 - 28 sforamenti - e nel 2009, con 23 sforamenti) indicano una situazione che è genericamente peggiore degli obiettivi di legge non solo per la nuova normativa, ma anche per quella vigente fino al 2009, e che non è escluso sia riportata in auge al momento della ratifica della direttiva 50/08.
Questo il quadro, insomma. E' pensabile che si possa arrivare entro breve tempo ad adempiere ai limiti posti nella normativa più stringente, se non si è riusciti nemmeno a raggiungere - pur in un contesto di significativo miglioramento - quelli indicati dalla norma più "soft"?
Probabilmente no. Di sicuro, comunque, la strada che prevede un miglior coordinamento tra le singole municipalità, sia su scala provinciale, sia regionale, è quella giusta, anche perché è abbastanza evidente che molte amministrazioni locali - probabilmente terrorizzate dalle possibili perdite di consenso - fanno di tutto per evitare di prendere quelle misure che sono sì scomode (sia per gli amministratori sia per il sistema socio-economico da essi gestito), ma che sarebbero in teoria anche obbligatorie. E non dimentichiamo che proprio su questo tema è in corso un processo a vari amministratori locali (es. l'ex-sindaco di Firenze Domenici e vari altri sindaci) e regionali (il presidente Martini, l'ex-assessore Artusa) per getto pericoloso di cose e omissione di atti d'ufficio. Processo che - comunque andrà a finire - porterà sicuramente ad una maggiore chiarezza su quale sia il confine tra "obbligatorietà" e "facoltatività" dell'adozione di misure contro le emissioni inquinanti.
Inoltre, come greenreport ha già sottolineato ieri riportando dichiarazioni dell'assessore all'Ambiente della provincia di Firenze Crescioli, in assenza di coordinamento sovra-comunale «il rischio reale è che ogni comune vada per conto suo, determinando un caos normativo per i cittadini» e anche vanificando ogni possibile reale miglioramento della qualità dell'aria, già limitato in caso dell'applicazione di misure emergenziali.
In particolare, la nuova legge regionale sulla qualità dell'aria, approvata a fine gennaio in Consiglio, prevede che i Pac (piani di azione comunale) diventino obbligatori, e comunque in generale prevede che la Regione potrà sostituirsi alle autorità locali in caso di insufficiente azione di contrasto alle emissioni inquinanti. Nello stesso tempo, la nuova legge affida alle province un ruolo di coordinamento delle iniziative previste nei vari Piani di azione comunali.
La situazione è comunque ancora nebulosa, e - almeno per quanto riguarda l'area fiorentina - sarà solo a marzo che saranno definiti i criteri di intervento.