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[12/03/2010] News
LIVORNO. La Fao dice che nel mondo ci sono un miliardo e 20 milioni di persone sotto-alimentate e secondo la Commissione economica dell'Onu per l'Africa (Caea) «Malgrado i 3 miliardi di dollari di aiuti alimentari ed i 33 miliardi di prodotti alimentari importati ogni anno, l'Africa conta 265 milioni di persone sotto-alimentate, cioè un africano su tre soffre di sotto-alimentazione cronica».
Chiudendo ad Abuja, la capitale della Nigeria, una conferenza sull'agribusiness, il direttore della sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile della Caea, Josue Dione, ha detto che «L'agricoltura africana è assetata perché meno del 4% del totale delle terre arabili sono irrigate a paragone del 33% nell'Asia-Pacifico ed al 29% in Medio Oriente. L'agricoltura africana ha fame perché riceve solo 14,6 chilogrammi di fertilizzanti per ettaro contro i 114,3 nei Paesi sviluppati. La quota dell'agricoltura africana nell'economia mondiale è caduta dal 15% del 1960 al 5,4% negli anni ‘80 e al 3,2% nel 2006». Secondo la Cea, i 33 miliardi di dollari spesi per importare prodotti alimentari dovrebbero essere utilizzati per sviluppare l'agricoltura del continente, contribuendo così a ridurre la povertà ed a riposizionare l'Africa nell'economia globale.
Le cifre non mentono: l'Africa restituisce con interessi carissimi gli aiuti che riceve, importando cibo 11 volte di più cibo. Il continente nero soffre della concorrenza sleale nell'intera filiera della produzione agroalimentare, ma la Cea è convinta che con politiche migliori il problema potrebbe essere risolto, soprattutto con incentivi agli investimenti privati nello sviluppo di un'agricoltura sostenibile.
Secondo Dione «L''Africa deve allocare maggiori risorse alla sua agricoltura interna. Questo permetterebbe di assicurare la sicurezza alimentare, la riduzione della povertà e di migliorare gli indicatori economici del continente. Queste riforme devono essere condotte a tutti i livelli, della produzione delle fattorie alla distribuzione ai consumatori».
Dal 15 al 18 marzo a Kigali, in Rwuanda, la Cea organizzerà il quattordicesimo meeting dell'Intergovernmental committee of experts (Ice ), un forum di esperti, ministri, comunità economiche regionali (Rec) ed altri stakeholders che discuterà di "Migliorare la sicurezza alimentare nella sub-regione dellAfrica Orientale".
Secondo un rapporto della United Nations Economic Commission for Africa's Sub-Regional Office, East Africa (Sro-Ea) L'Africa orientale è la sub-regione più colpita dall'insicurezza alimentare e «La situazione si è recentemente aggravata in alcuni paesi come Etiopia, Kenya e Uganda per l'impatto del cambiamento climatico, che ha portato a ricorrenti siccità e a scarsità d'acqua».
Dalla riunione di Kigali la Cea spera esca un programma quadro comune sulla sicurezza alimentare per l'Africa Orientale, «volto ad armonizzare le iniziative in corso per la sicurezza alimentare nella sub-regione, nonché a catalizzare gli sforzi delle parti interessate per la loro applicazione a tutti i livelli».
Il direttore della Sro-Ea Sig. Antonio Pedro è convinto che «Affrontare la sicurezza alimentare richiede un "cambiamento di paradigma" nei metodi di risposta e lo sviluppo di nuovi modelli. La sub-regione dell'Africa orientale e i suoi Stati membri sono molto ben posizionati per sperimentare, innovare e proporre un nuovo modello di pensiero, attraverso l'apprendimento dagli errori e delle storie di successo da altre regioni del continente e del mondo. Lo sviluppo delle commodities agricole regionali di tutta l'intera catena del valore offre un punto di ingresso credibile per produrre una trasformazione strutturale del settore agricolo e un sistema di sicurezza alimentare nella sub-regione».
Propri nell'Africa orientale c'è il "modello" più negativo dell'intero continente: lo Stato fallito della Somalia, dove il crollo dell'agricoltura causato dalla guerra eterna e dalla siccità ha trasformato gli aiuti alimentari internazionali nell'unica fonte di sostentamento per centinaia di migliaia di persone. Ieri il Programma alimentare mondiale (Pam) si è dichiarato favorevole ad un'inchiesta indipendente sulle sue operazioni di aiuto alimentare in Somalia, dopo che un rapporto del gruppo di sorveglianza dell'Onu accusava alcune aziende che lavorano con il Pam di rivendersi gli aiuti alimentari ai gruppi armati e di trafficare con loro sotto la copertura delle insegne del Pam e quindi dell'Onu. A gennaio il Pam aveva sospeso le sue attività nel sud della Somalia dopo gli attacchi e le intimidazioni al suo personale e davanti alle richieste di gruppi armati che chiedevano di gestire loro il flusso dei rifiuti nelle zone controllate dai diversi signori della guerra. Alcuni gruppi integralisti somali hanno vietato al Pam di accedere nelle loro zone di influenza. Una situazione esplosiva, in un Paese che m nel 2008 aveva meno di 10 milioni di abitanti, con un milione e 400 mila profughi interni e 560.000 rifugiati nei Paesi vicini.