[16/03/2010] News toscana
LIVORNO. Due articoli, lo stesso problema: il fallimento di un modello gestionale. Questo emerge dagli scritti apparsi ieri a firma di Moschini e l'altro con l'intervista a Morisi.
Il primo ricorda come sia assurdo pensare che i piccoli comuni in particolare possano esercitare le funzioni in materia di paesaggio in particolare per quanto inerente la valutazione delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie.
Come sia velleitario, come richiesto dalla regione, sostenere che il procedimento paesaggistico deve essere altro rispetto a quello edilizio e che ci vogliono due distinti responsabili del procedimento (come se nei piccoli comuni, in quel caso delle Apuane, gli addetti ai servizi tecnici fossero una pletora), come sarebbe stato meglio affidare quelle competenze ad altri, l'ente parco per esempio, all'unione dei comuni che si continua a voler costruire in modo del tutto volontaristico e con incentivazioni risibili.
Il secondo annuncia una marcia indietro e un fallimento. La marcia indietro è relativa alla ricostruzione di un rapporto tra regione ed università - facoltà di architettura - che negli ultimi dieci anni è stato progressivamente annullato. Il fallimento è l'annuncio di una riscrittura, sembra parziale dell'adeguamento paesaggistico del PIT, ammantata di epocale condizione cooperativa, ovviamente sorvolando sul fatto che il ritardo dell'adeguamento paesaggistico del PIT penalizza non poco cittadini e imprese se anche per aprire o chiudere una finestra o una porta si debba ancora ricorrere all'autorizzazione paesaggistica, cioè ad un altro procedimento oltre quello per l'ottenimento del permesso a costruire, oltre la presentazione di una DIA.
Auspicando che al giro di boa elettorale queste considerazioni cessino di essere assunte con sufficienza o insofferenza, ovvero che finalmente siano assunte per quello che sono, cioè l'esercizio corretto della critica da chi ogni giorno si confronta con la concretezza dei problemi del governo del territorio, delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, viene dunque da chiedere ai candidati presidenti precisi impegni in materia cioè:
- riscrittura degli strumenti di pianificazione terriotriale generale o settoriale regionali in forma normativa e non più narrativa, anche con la specifica individuazione delle competenze di scelta a livello regionale perchè non si può formulare genrici indirizzi e trovarsi con 4 aeroporti internazionali, porti in concorrenza tra loro, aree industriai in competizione a pochi chilometri di distanza, prescrizioni invece che indirizzi per l'impiantistica energetica, per il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti, per le infrastrutture insomma che costituiscono l'ossatura della competitivittà regionale;
- rapido adeguamento del PIT quale piano paesaggistico per garantire una reale semplificazione dei procedimenti;
- chiara collocazione delle responsbailità di scelta urbanistica perchè cooperazione non deve voler dire che qualcuno ci mette la faccia e altri ci mettono condizioni o poteri condizionanti;
- ridefinizione dei procedimenti valutativi superando definitivamente e chiaramente il dualismo tra VAS e Valutazione integrata a garanzia di trasparenza, informazione, ma anche celerità dei procedimenti
- ricostruzione di una politica della casa, dell'edilizia pubblica anche da definire se del caso come vero e propio standard urbanistico da dimensionare unitamente agli altri standard urbanistici (ex DM 1444/1968) che ferttolosamente ed erroneamente molti hanno tentato di mettere in soffitta;
infine, ma non ultimo, un serio, concreto sforzo di ripensare la toscana; non gà perchè questa sia in fallimento, ma perchè non vogliamo un fallimento e quindi dobbiamo discutere di politiche industriali, di politiche per il turismo, di politiche per l'agricoltura e via discorrendo, accantonando i riti e la paura, anche e soprattutto quella di dover prendere chiara cognizione tutti che impianti industriali, industrie, sono arrivate al capolinea, che l'occupazione persa di colpo con la chiusura di una industria non si ricrea ne subito, ne senza ingenti risorse (creare un posto dilavoronel settore alberghiero tanto per fare un esempio comporta investire da 150.000 a 300.000 euro se si vuole stare da vincenti sul mecato), né tantomeno trasformando tutti in commerciati, cuochi, camerieri o bagnini.
E non sono amarezze del passato, è tensione per i futuro!