
[24/03/2010] News
LIVORNO. Negletta sia la green economy quando va agita. Benedetta in campagna elettorale e finché non ci sono scricchiolii nel consenso. Il dietrofront di Sarkozy sulla carbon tax, perno va ricordato della famosa grenelle de l'environment, è solo l'ultimo esempio di questo globale e glocale modus operandi delle maggioranze di governi, ahinoi, quale che sia il colore. Proprio la carbon tax nacque (ministro Ronchi) e morì in Italia con il centrosinistra al governo.
La Germania della Merkel non è stata da meno. Il cambio di priorità nell'agenda politica, speriamo strategicamente, di Obama negli Stati Uniti non è altra cosa. Poi ci sono le eccezioni che confermano la regola, come il governo Berlusconi che l'economia ecologica non sapeva dove stava di casa in campagna elettorale e ha mantenuto lo stesso atteggiamento anche dopo il voto.
Di fatto - con un po' di semplificazione - le questioni ecologiche tutte creano da sempre (qualche lettore attento si ricorderà le inchieste in Toscana di greenreport di qualche anno fa) maldipancia interni ai partiti, quali che siano, incapaci come sono da tempo di assolvere la loro funzione di decisori e di sopportare il dissenso che è il valore della democrazia. E che quasi sempre si manifesta quando ci sono di mezzo le questioni ambientali. Così il miglior modo di affrontare i problemi di tale portata è scansarli e sappiamo bene come, anche in Italia e in Toscana, la selezione dei leader politici la si faccia, spesso, proprio sulla base di chi è più bravo nel dribblare i temi caldi più che nel risolverli.
Sarkozy, da destra, non è stato da meno e l'ecologia di fronte alla disfatta elettorale l'ha prontamente rimessa nel cassetto. Spinto anche dalla sua maggioranza a farlo. Ma almeno in Francia il confronto sul tema c'è stato e pure serrato con le sinistre che ne hanno fatto la loro bandiera (trovando anche consenso), mentre da noi, a parte lo scontro ideologico su acqua e nucleare peraltro alla chetichella, il dibattito sulle "tematiche ambientali" si può archiviare sotto la categoria "folklore".
Se non ci fosse una crisi economica generata in larga parte dalla crisi ecologica che ha prodotto una enorme crisi sociale, forse ci sarebbe anche il tempo per dire che almeno nelle campagne elettorali di green economy se ne comincia a parlare. Italia a parte. Ma nello scenario dato, questo aspetto oggettivo diventa proprio il punto debole se si pensa che questi sarebbero dovuti essere i tempi maturi durante i quali costruire una governance mondiale in grado di riconvertire l'economia verso l'ecologia costruendo un nuovo paradigma economico...
Ma i fatti ci dicono che al di là delle posizioni e degli annunci elettorali non appena c'è un pericolo di perdita di consenso ci si rifugia nell'ideologia e nel pilatismo evitando le questioni scomode ma fondamentali come l'impatto antropico dell'uomo sul pianeta e la necessità di ridurre i consumi di materia e di energia.
In che cosa confidare dunque? Rifiutiamo il catastrofismo per coerenza, e professiamo ottimismo per volontà ma al momento non si può che registrare un'impasse preoccupante e disarmante. Attendiamo tempi migliori.