[02/04/2010] News
BRUXELLES. Il direttore per l‘Europa dell'Iucn, Hans Friederich, ha partecipato ad un dibattito sulla biodiversità e il cemento all'interno del workshop "Chain approach in raw materials - the case of concrete" organizzato da The European Partners for the Environment e dal ministero olandese per la casa, la pianificazione territoriale e l'ambiente.
La discussione si è incentrata sull'impatto della produzione di cemento sulla biodiversità e su cosa può essere fatto per migliorarne gli effetti. Ci sono impatti ambientali nella maggior parte dei passaggi nel ciclo di vita del calcestruzzo, ma la fase più critica per la biodiversità rimane quella dello sfruttamento delle cave. Devono essere individuate, attraverso un'attenta pianificazione, le aree più preziose per la biodiversità per evitare che le cave interferiscano e danneggino habitat ed ambiente.
Friederich ha sottolineato il ruolo della Lista Rossa e delle mappe delle aree protette: «Anche quando possono essere identificati potenziali conflitti e quando i soggetti interessati possono essere in contrasto, è necessaria una estesa consultazione». Per la fase successiva, la realizzazione della cava, bisogna capire quanto interesserà il paesaggio e quanta vegetazione verrà distrutta. Durante il periodo di sfruttamento della cava, l'impronta ecologica sul paesaggio aumenta e c'è il rischio di distruggere sistemi di grotte e di abbassare la falda idrica. Durante la fase di esercizio della cava, il rischio di inquinamento delle acque di fiumi sotterranei da parte delle acque reflue della cava diventa molto elevato. Quando le risorse necessarie alla produzione di cemento saranno del tutto sfruttate e le concessioni non rinnovate, la cava verrà chiusa, e il suo recupero ambientale dovrebbe essere avviato, utilizzando anche terra, ammendante e inerti provenienti dall'edilizia. L'obiettivo raccomandato dall'Iucn è che quello che l'intero ciclo termini con un "no biodiversity loss", nessuna perdita di biodiversità.
Una speranza che cozza con una realtà che per ora parla una lingua molto diversa, anche se il convegno di Bruxelles marca una nuova sensibilità e molte preoccupazioni per l'immagine di questo imponente business da parte degli imprenditori più avveduti, le tentazioni di una grossa operazione di greenwashing sono molto evidenti, anche leggendo diversi interventi al workshop.
L'Iucn sottolinea alcuni punti di discussione specifici che vanno ulteriormente affrontati e precisati: «La necessità di avere un "level playing" rispetto alla salvaguardia della biodiversità, che è un compito della Commissione europea; chi deve pagare per il risanamento delle cave e per quanto tempo deve durare questa responsabilità, le imprese su questo hanno chiesto delle linee guida; la questione se la salvaguardia della biodiversità in realtà aumenti gli utili o non faccia altro che aumentare i costi; chi determina e controlla il rispetto dei regolamenti sulla biodiversità; se esista è la possibilità di certificare la gestione sostenibile delle cave (e chi dovrebbe farlo) e la tracciabilità del "sustainably mined cement"», cioè dell'intero ciclo del cemento.
Mark Tyrer, della Mineral industry research organisation, si è chiesto: «E' possibile trasformare la protezione della biodiversità in una parte reale della catena di valore? Sono sufficienti degli accordi commerciali o abbiamo bisogno di una legislazione in materia di prestazioni ambientali nella fase di estrazione?». Tyrer non si è nascosto le difficoltà ambientali dell'intero ciclo e riciclo del cemento e la presenza di due elementi tanto importanti quanto contrastanti: Tutela della biodiversità attraverso il responsabile: la protezione della biodiversità deve essere attuata dagli stessi responsabili delle operazioni commerciali, che però devono anche massimizzare le loro business opportunities.
Questo porta troppo spesso ad ignorare gli strumenti di protezione ambientale internazionali ed europei che già esistono: Convenzione internazionale sulla biodiversità, Convenzione "Ramsar" sulle zone umide, Direttive habitat e uccelli dell'Ue, Direttiva Ue sulla responsabilità ambientale; Direttive Ue su discariche ed acque, Direttive aggregate, Piani di sviluppo regionale, Piani minerari locali specifici, misure Ippc regionali. «Abbiamo bisogno di mostrare le buone pratiche - ha detto Tyrer - E la tutela della biodiversità si fa attraverso queste buone pratiche: un'accurata pianificazione, all'avvio, durante il funzionamento e delle fasi di chiusura; futuri piani di utilizzo dei terreni; Valutazione di impatto ambientale completa; percezione positiva da parte dell'opinione pubblica; una comunicazione efficace dei piani; lavorare con i gruppi ambientalisti; sponsorizzazioni: un buon uso del gettito fiscale (necessità di lobby), è essenziale per pubblicizzare tali attività!»
Tyrer ha anche messo in fila possibili soluzioni per integrare la difesa della biodiversità nella catena del cemento: Gli impatti maggiori sono l'utilizzo dei suoli, i rifiuti e i e trasporti. L'utilizzo di calcestruzzo riciclato minimizza il tasso di utilizzo delle risorse naturali. E' essenziale un responsabile di cava. La logistica dei trasporti ha un ampio impatto ambientale e una gestione dei rifiuti efficace è in genere già in atto».
Però non mancano le opportunità: «Poche cose avranno un impatto sui nostri guadagni come la tutela della biodiversità, tuttavia, da questo può derivarne un enorme capitale per pubblicizzare le nostre aziende. La revisione dei nostri piani deve andare di pari passo con il futuro delle nostre attività. La business efficiency è anche minimizzare l'uso delle risorse del territorio e la biodiversità è il secondo più forte driver ambientale dopo i cambiamenti climatici!».