[02/04/2010] News

L'impronta idrica dovrebbe comparire sull'etichetta degli alimenti e non solo

ROMA. Tra i vari indicatori che rendono conto del livello di sostenibilità della nostra azione sui sistemi naturali sta giustamente accrescendo il suo valore e la sua applicazione la cosiddetta impronta idrica, concepita da Arjen Hoekstra, professore di gestione multidisciplinare dell'acqua, presso l'Università di Twente a Enschede in Olanda. Hoekstra ha da tempo avviato un Water Footprint Network (vedasi il sito www.waterfootprint.org), un network mondiale che cerca di coordinare le numerose attività che, in tutto il mondo, si sono avviate per la valutazione dell'impronta idrica, che cura il miglioramento dei metodi di calcolo e cerca di mettere a sistema le conoscenze e gli avanzamenti teorici e pratici legati alla problematica centrale, per il futuro di noi tutti, della gestione dell'acqua in questo splendido nostro pianeta.

Proprio la scorsa settimana sono usciti alcuni comunicati stampa che hanno riportato l'ultimo lavoro scientifico apparso sulla rivista scientifica  "Global Environmental Change" scritto da Bradley Ridoutt del prestigioso CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization) australiano e Stephan Pfister dell'Istituto di Ingegneria ambientale di Zurigo, dedicato ad un ulteriore approccio rivisitato dell'impronta idrica per rendere ancor più trasparente l'impatto del consumo e della produzione sulla scarsità globale della risorsa idrica nel mondo e dimostrando come questo metodo stia diventando sempre più importante per comprendere al meglio l'uso che facciamo dell'acqua.

Il Wwf ha contribuito significativamente alla diffusione internazionale di alcuni significativi indicatori aggregati che forniscono un contributo importante per comprendere meglio la nostra pressione sui sistemi naturali che ci garantiscono la sopravvivenza. La grande organizzazione mondiale pubblica, ormai dal 1998, ogni due anni un noto rapporto internazionale intitolato "Living Planet Report", che riporta analisi sullo stato della biodiversità, dei sistemi naturali e delle risorse che utilizziamo e proposte concrete per intraprendere una strada verso la sostenibilità.

In particolare il rapporto pubblica l'andamento di due importanti indicatori  dei quali abbiamo già parlato nelle pagine di questa rubrica e cioè l'indice del pianeta vivente che rende conto dello stato di salute della biodiversità sulla Terra, attraverso l'andamento di circa 5000 popolazioni di oltre 1600 specie di animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) e l'indice dell'impronta ecologica che calcola la superficie in ettari globali che ciascuno di noi utilizza, secondo i suoi livelli di consumo, rispetto alle capacità bioproduttive dei sistemi viventi che ci supportano (vedasi il sito del Global Footprint Network www.globalfootprint.org). Dal Rapporto pubblicato nel 2008 (quello del 2010 verrà reso noto nel prossimo settembre) questi due indicatori sono affiancati anche dal calcolo dell'impronta idrica di tutti i paesi del mondo. L'impronta idrica di un paese è formata dal volume totale di risorse idriche utilizzate per produrre i beni e i servizi consumati dagli abitanti della nazione stessa. Comprende l'acqua prelevata dai fiumi, dai laghi e dalle falde acquifere (acque superficiali e sotterranee), impiegata nei settori agricolo, industriale e domestico e l'acqua delle precipitazioni utilizzata in agricoltura. L'impronta idrica presenta ovvie analogie con quella ecologica: mentre quest'ultima calcola l'area totale di superficie produttiva necessaria a produrre beni e servizi consumati da una data popolazione, l'impronta idrica calcola il volume totale di risorse idriche necessarie a produrre gli stessi beni e servizi.

Per avere un'idea dell'impronta idrica ricordo quanto riportato dal Water Footprint Network: per avere disponibile una fetta di pane sono necessari 40 litri di acqua, per un bicchiere di birra ce ne vogliono 75, 140 litri di acqua sono invece necessari per ottenere una tazza di caffè, 1000 litri per una tazza di latte, 2700 litri per una maglietta di cotone, 3400 litri per un chilo di riso, 5000 per un chilo di formaggio e 15.500 litri per un chilo di bistecca.

L'impronta idrica del consumo totale di una nazione è costituita da due componenti. Si tratta dell'impronta idrica interna rappresenta la quantità di acqua necessaria a produrre i beni e i servizi prodotti e consumati internamente al paese preso in considerazione e dell' impronta idrica esterna che deriva invece dal consumo di merci importate calcola cioè l'acqua utilizzata per la produzione delle merci nel paese esportatore. Le esportazioni di un paese non vengono incluse nel calcolo della sua impronta idrica.

Dalla considerazione di tutti questi dati emerge che l'impronta idrica media mondiale è 1,24 milioni di litri pro capite l'anno, equivalenti a metà del volume di una piscina olimpionica.

L'impatto di un'impronta idrica dipende interamente da dove e quando le risorse idriche vengono prelevate. L'utilizzo di risorse idriche in un'area ricca di acqua probabilmente non avrà impatti sociali o ambientali negativi, mentre lo stesso prelievo in un'area con carenza idrica potrà portare alla siccità di fiumi e alla distruzione degli ecosistemi, con annessa perdita di biodiversità e di fonti di sostentamento.

L'esternalizzazione dell'impronta idrica può costituire una strategia efficace per un paese con carenza idrica interna, ma comporta anche l'esternalizzazione degli impatti ambientali. Il commercio di acqua virtuale è influenzato dai mercati delle materie prime e dalle politiche agricole, che generalmente scaricano gli eventuali costi ambientali, economici e sociali, sui Paesi esportatori. Inoltre, tale commercio evidenzia la necessità di una cooperazione internazionale per la gestione delle risorse idriche in un mondo dove circa 263, fra i più importanti fiumi e laghi, nonché centinaia di falde acquifere, sono transfrontalieri.

L'impronta idrica di un prodotto è invece costituita dal volume totale di acqua dolce impiegata per produrre quel bene stesso, comprendente l'intera catena di produzione. Questo dato viene normalmente indicato anche come il contenuto d'acqua virtuale di un prodotto. Come ben sappiamo la pressione mondiale sulle risorse d'acqua dolce è in aumento in conseguenza della crescente domanda di prodotti ad elevata intensità idrica, come la carne, i prodotti caseari, lo zucchero ed il cotone.

In ogni singolo paese, le risorse idriche sono necessarie per la produzione dei beni e servizi che vengono consumati internamente o esportati. L'impronta idrica della produzione calcola quindi la quantità totale di acqua utilizzata a scopo domestico, industriale o agricolo in un paese, indipendentemente da dove i prodotti vengono realmente consumati.

L'impronta idrica è formata da tre tipologie di utilizzo idrico, note come impronta idrica blu, verde e grigia. L'impronta idrica verde è il volume di acqua piovana immagazzinata nel suolo. L'impronta idrica blu è il volume di acqua dolce prelevata dai corpi idrici che viene utilizzata e non restituita. L'impronta idrica grigia è il volume di acqua inquinata in conseguenza dei processi produttivi; si calcola come il volume di acqua necessario a diluire le sostanze inquinanti e permettere all'acqua di raggiungere uno standard di qualità accettabile.

L'impronta idrica della produzione può essere quindi utilizzata per valutare, per ciascun paese, l'impatto esercitato sulle proprie risorse idriche. L'impatto sulle risorse d'acqua blu si calcola su base annua come la differenza fra l'impronta idrica totale di produzione e la componente verde delle risorse idriche rinnovabili totali, disponibili nel Paese. Circa 50 Paesi stanno già oggi sperimentando una situazione di stress idrico, fra il moderato e il grave, su base annua; molti di più sono quelli colpiti da carenze idriche in vari periodi dell'anno. In altri Paesi, durante tutto l'anno, la pressione esercitata sulle acque blu risulta leggera, e ciò da conto della possibilità di migliorare la produttività agricola irrigando aree adatte. Tuttavia, perché un ulteriore prelievo idrico risulti sostenibile, si dovrà tenere conto della disponibilità idrica stagionale e dei potenziali impatti su utenti ed ecosistemi a valle.

In tutto il mondo, si calcola che la quantità di persone interessate da carenze idriche assolute o stagionali sia destinata ad aumentare rapidamente a causa dei cambiamenti climatici e della richiesta crescente. In tale contesto, risulta d'importanza strategica la conoscenza dell'impatto della produzione di cibo e fibre sulle risorse idriche, allo scopo di garantire forniture idriche adeguate a persone ed ecosistemi.

Diventa infatti sempre più necessario che nell'etichetta degli alimenti e non solo, compaia l'impronta idrica. Ciò comporterebbe un importante contributo conoscitivo per tutti del nostro quotidiano consumo di risorse.

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