[03/08/2009] News

L'amara conferma del (non) Passante di Mestre

LIVORNO. Agosto è da sempre - nel nostro paese - sinonimo di ferie: chiudono la gran parte delle fabbriche, si svuotano le città, inizia il vero grande esodo estivo. E come sempre i bollettini del traffico annunciano , nonostante l'invito sia sempre quello delle partenze intelligenti ovvero scaglionate, bollini che vanno dal rosso al nero a seconda di previsioni fatte sulla base delle chiusure programmate delle grandi fabbriche del nord.

Bollino rosso era il bollettino annunciato lo scorso week end, che per i viaggiatori che hanno scelto la via del passante di Mestre per raggiungere le proprie mete si è trasformato in bollettino nero, con un ingorgo di oltre cinque ore e una coda lunga più del passante stesso...Il cosiddetto passante di Mestre è il tratto autostradale dell'A4, lungo 32,3 km, costruito con l'obiettivo di evitare l'attraversamento dell'ex tratto urbano dell'A4, ora ridenominato tangenziale di Mestre. Inaugurato come la soluzione ottimale dei problemi di traffico di quel tratto di territorio veneto lo scorso febbraio, («la fine di un incubo» era stato detto da Berlusconi) si rivela oggi per quello che è: un ulteriore generatore di traffico e di ingorghi.

Gestito da Cav spa, una società alla pari tra Anas e Regione Veneto, prevede il pagamento di un pedaggio, elemento che è stato chiamato in causa tra quelli che hanno contribuito a determinare i problemi del 1 agosto, per non aver fatto in modo che il traffico si diluisse maggiormente tra il passante e la tangenziale gratuita. Lo dice lo stesso ministro Matteoli «Io capisco che i concessionari hanno a cuore di far passare tutti sulle loro autostrade, però alla fine, quando succe-dono certe cose sono tutti a non farci una bella figura».

Ma il problema è anche che i quasi 33 chilometri di passante (in cui la mancanza di aree di sosta è determinata dalla loro non obbligatorietà per legge in tratti di questa lunghezza e non per le proteste degli ambientalisti) finiscono in un imbuto, quando le tre corsie si riducono a due nel punto in cui il passante si inserisce nel vecchio tracciato autostradale, A4.

La soluzione è quindi, lo sottolineano in molti, compreso il ministro, dare presto il via libera alle autorizzazioni necessarie per costruire la terza corsia dell'A4. Che poi obbligatoriamente dovrà finire in un altro budello più piccolo, come magistralmente ricorda Ascanio Celestini dalle pagine de l'Unità. Allora, a meno che la soluzione non sia quella di «sbracare tutte le strade del paese per evitare imbuti» come dice sempre Celestini, il problema andrebbe affrontato con un approccio più omnicomprensivo.

I problemi complessi hanno bisogno di soluzioni complesse e quello della mobilità delle persone e delle merci di un paese non può essere affrontato pensando solo di ampliare corsie autostradali, costruire autostrade laddove ancora non ci sono, e megaponti per evitare il ricorso ai traghetti laddove si trovi di fronte un tratto di mare.

Abbiamo più volte scritto che nel nostro paese il problema della mobilità rappresenta una priorità e che sarebbe una straordinaria occasione per affrontare anche il tema delle emissioni che il trasporto rivolto quasi esclusivamente su gomma determina. Solo riguardo agli 8 milioni di auto in circolazione nello scorso week end Legambiente calcola che prendendo come percorso medio un tratto di 300 km per ogni auto in movimento si sia raggiunta una quota di emissioni di 360mila tonnellate di Co2 e 120 tonnellate di polveri.

E non è certo un problema che si presenta - seppur con maggiore intensità - nei periodi di maggiori spostamenti causati dagli esodi vacanzieri. Anche su questo molto ci sarebbe da riorganizzare: siamo rimasti uno dei pochi paesi che ad agosto chiude per ferie e in cui le scuole rimangano serrate per ben tre mesi estivi.

Ma rimanendo solo sul versante mobilità, non è un caso che chi sceglie di muoversi sia per lo più costretto a ricorrere ai propri mezzi, date le condizioni in cui versano la gran parte dei trasporti ferroviari, dei treni e dell'assenza di collegamenti ferroviari (degni di questo nome) sulla stragrande maggioranza del territorio italiano. Stessa cosa vale per il trasporto e la distribuzione delle merci. Non è andata poi meglio ai viaggiatori che avevano scelto Alitalia per recarsi nelle località meta di vacanze.

Quello che servirebbe nel nostro paese è un piano nazionale per la mobilità, che intrecci le questioni del trasporto urbano con quello extraurbano, che tenga conto delle esigenze di spostamento delle persone e delle merci e che saldi le esigenze di conciliare il diritto/necessità alla mobilità con l'esigenza di ridurre l'inquinamento e le esternalità negative, quali le emissioni di gas serra, lo smog, l'inquinamento acustico, la congestione del traffico urbano e l'incidentalità. Tutte esternalità che hanno un costo sociale e ambientale che grava su tutti e che possono essere rimosse soltanto con una adeguata regolamentazione mediante intervento pubblico, erogazione di fondi adeguati, strategie integrate tra ferro, gomma, vie d'acqua.

Tutto al contrario di quanto invece ipotizzato e realizzato, dal momento che le priorità rimangono solo nei confronti di strade, autostrade e quindi trasporto su gomma per merci e persone. Come dimostrano anche le notizie dei 4 miliardi di fondi Fas sbloccati per la Sicilia e per la gran parte a questo destinati.

Il senso delle notizie, non solo quelle relative all'inferno degli ingorghi, che si susseguono in questi giorni si possono riassumere in tre parole, come segnala Eugenio Scalfari: implosione, disfacimento, secessione. «Tre parole che non riguardano soltanto il governo, i partiti, l'economia, la scuola, il federalismo, l'immigrazione, la sicurezza, il mezzogiorno, le mafie - scrive Scalari - ma riguardano l'intero sistema-paese. Riguardano l'Italia. Riguardano le istituzioni e lo Stato».

L'allarme rosso non è quindi solo per i bollettini autostradali dei primi week end d'agosto, ma è purtroppo per un intero paese «a rischio di implodere - sottolinea Scalari - e non è uno scenario collocato in un futuro sia pur prossimo, ma già visibilmente in corso». E l'ulteriore preoccupazione è nel fatto che i segnali che provengono da parte di chi dovrebbe correre ai ripari, sono della direzione opposta a quella di chi, consapevole di un problema così ampio, cerca di trovare il sistema di risolverlo. Il messaggio è anzi quello di chi cerca in ogni modo di far credere che sono gli altri a descrivere nera una situazione che in realtà è di tutt'altra tonalità e quindi : intanto ci si prepara per le ferie, poi si vedrà.

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