[06/04/2010] News

Civitavecchia, dopo l’incidente mortale il sindaco chiude la centrale

LIVORNO. Dopo che sabato nella centrale a carbone dell'Enel di Civitavecchia è morto un operaio addetto alla manutenzione, Sergio Capitani, oggi il sindaco della città laziale, Giovanni Moscherini, d'accordo con i presidenti delle province di Roma e di Viterbo, ha annunciato davanti agli operai della centrale riuniti in consiglio comunale «La chiusura della produzione della centrale Enel di Torrevaldaliga per il tempo necessario a fare chiarezza definitiva su quanto accaduto. Tre morti in tre anni sono troppi. Da domani mattina la produzione della centrale e il cantiere sono fermi. Già domattina è convocata una riunione con istituzioni preposte per attivare tutti i tavoli e stabilire come istituire un organismo di controllo. Utilizzeremo gli ammortizzatori sociali, probabilmente la cassa integrazione, per garantire un reddito ai lavoratori. Il periodo di chiusura non è deciso, lo stabiliranno gli enti preposti dopo due livelli di verifica, una a "freddo" a centrale spenta e una a caldo riattivando la produzione». Secondo Moscherini la chiusura della centrale è assolutamente necessaria «Perché su questa materia la nuova fabbrica, la trasformazione a carbone, non può vivere nell'incertezza della sicurezza. I lavoratori non possono vivere nell'incertezza della sicurezza e l'unico modo per chiarire è capire cosa non va a garanzia del buon funzionamento dell' impianto».

Che a dire queste cose sia un esponente politico che ha accettato la trasformazione a carbone della centrale e che ad applaudirlo siano gli stessi operai e sindacalisti che hanno contestato le manifestazioni delle associazioni ambientaliste contrarie ed i blitz di Greenpeace, rende la cosa piuttosto significativa.

Eppure che la situazione non fosse rosea era stato nuovamente descritto in un dossier di Legambiente "Carbone: vecchio, sporco e cattivo" di meno di due mesi fa (10 febbraio 2010) che aveva come sottotitolo: «Civitavecchia, Vado Ligure, Fiumesanto, Porto Tolle e Saline Joniche: la folle marcia indietro del nostro Paese verso la preistoria energetica  Perché il combustibile killer del clima non serve all'Italia ma solo agli affari delle aziende e ci allontana dagli obiettivi europei al 2020».

Ecco come il dossier degli ambientalisti descrive la centrale a carbone di Civitavecchia: «Nonostante referendum, manifestazioni e iniziative di cittadini e di molte istituzioni, l'impianto di Torre Valdaliga Nord è oggi in piena fase di avviamento. La produzione di elettricità dal primo gruppo è partita nel giugno 2009 e mancano ormai poche settimane perché anche la seconda sezione entri in esercizio. L'impianto, una volta entrato completamente in azione, produrrà elettricità da 1.980 MW per 6.500 ore all'anno di lavoro, sarà il secondo in Italia per emissioni di gas serra e aggraverà ulteriormente la situazione già critica di uno dei più grandi poli di produzione termoelettrica d'Europa. Si supereranno i 6.700 MW di potenza installata, insieme alle centrali di Torre Valdaliga Sud e di Montalto di Castro, impianti questi particolarmente impattanti che superano regolarmente le soglie INES di diversi inquinanti, come ossidi di zolfo, ossidi di azoto, cadmio, cromo e nichel. Intanto i lavori di riconversione vanno avanti e si produce energia da carbone operando con una sorta di proroga dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e in attesa di un rinnovo richiesto con una documentazione carica di incongruenze: manca un'analisi del contesto territoriale in cui si inserisce l'impianto, non è esauriente la descrizione del tipo e dell'entità delle emissioni né la definizione dei valori limite, non vengono descritte le caratteristiche chimico-fisiche del carbone utilizzato, non sono esplicitati né il carico inquinante delle acque depurate né la gestione dei fanghi. Inoltre non tranquillizza il fatto che le prescrizioni individuate nel Decreto VIA n. 680/2003 a tutela dei cittadini e dell'ambiente siano in notevole ritardo. Il sistema di monitoraggio della qualità dell'aria non è completo e le centraline sono collocate in punti inadatti alla rilevazione, la rete dell'Osservatorio Ambientale non comunica i dati dal 2005, né sono noti i dati dello SME (il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni). Il biomonitoraggio ambientale è datato e condotto con metodologie ormai superate. Così come appare inefficace il già discutibile trapianto di Posidonia Oceanica, inserito tra le prescrizioni per mitigare l'impatto della "Darsena energetico grandi masse", che presenta diverse aree distrutte e la prateria in pessimo stato».

«Basta morti assurde per la sciagurata riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga nord, sono uno scandalo insopportabile, sono passati inutilmente tanti anni ma almeno ora la chiusura della centrale serva a dare finalmente quelle regole certe che sono mancate troppe volte fino ad oggi -dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, unendosi al dolore per la morte di Sergio Capitani e alla protesta dei lavoratori-. Il modello delle grandi centrali impattanti è vecchio e superato, ormai è chiaro che non crea occupazione stabile bensì precariato e lavoro sempre meno sicuro, risponde solo a logiche di profitto per le quali la sicurezza ambientale è un'inutile aggiunta. Ma oltre al danno ora ci mancherebbe anche la beffa, visto che questo stesso modello si vorrebbe forse anche applicare al quarto gruppo di Torrevaldaliga sud, con una conferenza dei servizi già convocata tra poche ore, l'8 aprile, presso il Ministero dello Sviluppo Economico per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio continuo a 2.500 ore all'anno, di quello che finora sarebbe dovuta essere un gruppo di riserva. Si fermi tutto, prima di una nuova irresponsabile scelta».

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