[07/04/2010] News

Ban Ki-moon in Asia centrale: un tour nei disastri politici, ambientali e nucleari pre e post sovietici

LIVORNO. Nella sua tournée nell'Asia centrale ex sovietica il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon si è trovato a discutere di democrazia e diritti umani con i dittatori e gli uomini forti di regimi di Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kazakistan che hanno reso la libertà e lo stato di diritto poco più che una parodia.

La presenza di Ban potrebbe aver addirittura scatenato la disperata protesta dell'opposizione in Kirghizistan che ieri ha preso d'assalto la sede dell'amministrazione regionale di Talas ed oggi ha attaccato direttamente il palazzo presidenziale a Bishkek, scontrandosi con la polizia del regime. Le ultime notizie dicono che ci sarebbero 10 morti e molti feriti tra manifestanti e poliziotti e che è arrestato Bolot Sherniyazov, uno dei capi dell'opposizione. Ban Ki-moon ieri sera aveva chiesto a governo e opposizione di intavolare subito un dialogo, evidentemente non è stato ascoltato.

Il suo portavoce ha detto: «Anche se la libertà di riunione è un elemento essenziale di ogni società democratica, lo Stato di diritto deve essere rispettato». Appunto, bisognerebbe chiedersi se il Kirghizistan e gli altri Paesi dell'Asia centrale siano democrazie e Stati di diritto.

I disordini scatenati dai giovani dell'opposizione kirghiza arrivano alla fine di un lungo viaggio nel quale Ban ha soprattutto toccato con mano due pesanti eredità dell'Urss e della guerra fredda: il disastro ambientale dell'Aral e quello nucleare militare-civile che queste satrapie energetiche "islamiche", in bilico tra la fedeltà alla Russia e le sirene cinesi ed occidentali che cantano ad oriente e premono a sud dall'insanguinato Afghanistan, non sembrano in grado di affrontare. Intanto sta ingrossandosi un'altra (e annunciata) grana che potrebbe stravolgere le relazioni tra i giovani ed instabili Stati delle regione: la competizione per le risorse idriche.

Ieri Ban Ki-moon in Kazakistan ha visitato Semipalatinsk, un vecchio e tristemente noto sito di esperimenti nucleari sovietico, cogliendo l'occasione per felicitarsi della decisione degli Usa di riesaminare la loro strategia nucleare (vedi altro articolo, link a fondo pagina) e del trattato per la riduzione delle armi nucleari che Barack Obama ed del presidente russo Dmitri Medvedev firmeranno domani in sostituzione del vecchioo Start.

Ban ha sorvolato in elicottero una delle aree più "tossiche"del pianeta. «Semipalatinsk - ha detto - è considerato ormai come un simbolo del disarmo nucleare ed una speranza per l'avvenire. Più di 450 bombe nucleari sono state testate sul sito di Semipalatinsk, con un impatto terribile sulla popolazione e sulla natura. Questi esperimenti hanno completamente distrutto il nostro ambiente, avvelenato il suolo, i fiumi e i laghi, portato tumori nei bambini e malformazioni congenite».

Nel 1991, dopo il crollo dell'Urss, il presidente Kazako Nazarbaiev, decise di chiudere Semipalatinsk e di vietare tutte le armi nucleari , «E' stata una decisione visionaria - ha detto Ban - una vera dichiarazione di indipendenza. Il Trattato sulla Zona esente da armi nucleari in Asia centrale è stato firmato in questo sito». E' anche vero (ma questo diplomaticamente Ban non lo dice) che l'Asia centrale non ha affatto risolto i problemi dell'eredita nucleare sovietica, che è il territorio del pianeta più avvelenato dalle radiazioni delle discariche atomiche militari e civili e a rischio per i depositi di armi chimiche obsolete, che la presenza militare russa è crescente, mentre l'area è diventata la retrovia dell'infinito conflitto afgano e l'autostrada dell'infiltrazione dell'eroina verso i mercati russo ed occidentale.

Prima del Kazakistan il segretario generale dell'Onu era stato in Tagikistan, dove aveva incontrato il presidente Rahmon e il ministro degli esteri Zarif per parlare soprattutto di risorse naturali e in particolare di acqua ed energia: «Il problema è quello di sapere come utilizzare le risorse comuni per la prosperità comune - ha detto Ban ai due - E' per questo che visito l'Asia centrale, prima che le tensioni si aggravino. Tutte le parti dovrebbero evitare delle azioni unilaterali riguardanti la diga di Rogun fino a che la Banca mondiale non avrà concluso la sua valutazione tecnica del progetto di energia idraulica del Tagikistan. Sono contento che i dirigenti di Tagikistan ed Uzbekistan mi abbiano promesso che rispetteranno le conclusione della valutazione».

In Uzbekistan, dove ha incontrato il presidente Islam Karimov, Ban Ki-moon, aveva toccato con mano quello che è porse il più grande disastro ambientale del socialismo reale, provocato dalla distorta concezione dello sviluppo attraverso le grandi opere ciclopiche. Ban ha detto di essere «Scioccato nel constatare i grandi danni ambientali causati al mare di Aral», che ha sorvolato in compagnia del premier uzbeko Shavkat Mirziyoyev. «E' chiaro che è una delle peggiori catastrofi ambientali del mondo. Mi ha lasciato un profondo sentimento di tristezza il fatto che un mare possa sparire in questo modo».

50 anni fa l'Aral, condiviso da Uzbekistan e Kazakistan, era il quarto lago più esteso del pianeta, poi la sua superficie si è ridotta del 70%, soprattutto a causa dello spostamento dei suoi immissari per irrigare le enormi piantagioni di cotone volute dal regine sovietico per "sviluppare" l'Asia centrale. L'Aral è così passato da essere il vasto mare di 67.000 km2 del 1960, percorso da grandi navi, ai 30.000 km2 del 1996 e ad un calo del livello medio delle acque di 16 metri. Un disastro che è continuato con un'evaporazione accelerata, una desertificazione e salinizzazione inarrestabili ed il deserto che avanza ed inghiotte porti e canali nei quali "galleggiano" sulla sabbia gli scheletri delle navi, arenate davanti a città fantasma.

«E' una testimonianza evidente di quel che succede quando sprechiamo le nostre risorse comuni - ha detto Ban - quando dimentichiamo l'ambiente, quando gestiamo male l'ambiente. Ho constatato direttamente come la riduzione della superficie del lago colpisca direttamente milioni di persone che hanno perso i loro mezzi di sussistenza. Dobbiamo lavorare collettivamente. E' una responsabilità collettiva, una responsabilità condivisa tra I popoli della regione e condivisa tra le nazioni del mondo. L'Onu è pronta ad aiutare i Paesi dell'Asia centrale a risolvere questo problema ed a migliorare la situazione ambientale del Mar d'Aral. Noi dobbiamo salvare questo pianeta».

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