[07/04/2010] News toscana

Economia montana, reindustrializzazione ed economia toscana: il caso dell’area ex-Smi di campo Tizzoro (Pt)

FIRENZE. «Non solo un semplice recupero edilizio, ma (che) si pone l'obiettivo di realizzare un nuovo insediamento con caratteristiche innovative, per sollecitare la localizzazione nell'area di nuove attività economiche in grado di produrre ricchezza, creare posti di lavoro e avviare un "circuito positivo" di rilancio socio-economico che contrasti il progressivo invecchiamento della popolazione, lo spopolamento conseguente e l'abbandono del territorio».

Così recitava il comunicato con cui, nel maggio 2002, fu annunciata l'avvenuta firma del Protocollo d'intesa tra Regione, Provincia e comuni per il sostegno al Centro impresa e innovazione (Cii) di campo Tizzoro (Pt) per la riconversione dell'area ex-Sedi. Il consorzio pubblico-privato nato nel 1987 ha in questi anni, con il sostegno di risorse provinciali, regionali e comunitarie (fondi Fesr), gestito il tentativo di reindustrializzazione dell'area di 10 Ha situata nella piccola frazione del comune di S.Marcello pistoiese in cui, dopo la chiusura degli stabilimenti della Smi (oggi Kme), è stato posto in atto un intervento di risistemazione urbanistica finalizzato al rilancio del manifatturiero locale.

Un tentativo che però, almeno secondo quanto riporta "La Nazione" di oggi, sta fallendo: dei circa 20 capannoni messi a disposizione dal Cii, solo il 40% sono stati occupati da imprese, e i restanti - e questo è il dato più sfavorevole, alla luce dell'obiettivo di attrarre imprese "da fuori" e non già incorporate nell'economia locale - sono stati assegnati o venduti a sole imprese locali. Il risultato di questa stasi è la prospettiva della liquidazione della società consortile (in rosso di bilancio per circa 1,5 milioni di euro), liquidazione che potrebbe essere scongiurata attraverso il risanamento o la ristrutturazione del debito, ma che probabilmente giungerà invece a compimento a causa della probabile opposizione dei componenti del cda al percorrere strade alternative.

Ma facciamo un passo indietro: era il 1910 quando la Società metallurgica italiana (Smi), gruppo deputato alla produzione di lavorati e semi-lavorati in rame (proiettili per uso bellico e tubature in primis) aggiunse, ai già presenti stabilimenti di Barga, Limestre e Mammiano, quello di campo Tizzoro. Fino a metà degli anni '50 (e poi ancora successivamente fino agli anni ‘80, ma in modo minore a causa della "esplosione" dello sci alpino nei vicini comprensori dell'Abetone e di Cutigliano) gran parte dell'economia della montagna pistoiese ha girato intorno alla produzione della Smi.

Ma poi cambiò il mondo, cambiò l'economia, e a campo Tizzoro (così come in varie parti del distretto montano pistoiese, e così come in altri mille analoghi distretti toscani e italiani) restò il vuoto produttivo e occupazionale, o quasi. E, tra le altre cose, fu smantellata (anni '60) la ferrovia a scartamento ridotto che da Pracchia giungeva fino a S.Marcello, lasciando al sistema socio-economico locale solo la vecchia SS66 per il collegamento con Pistoia (a valle) e verso S.Marcello (e quindi Lucca) a monte.

Ed eccoci all'oggi, o meglio al recente passato e al tentativo di reindustrializzazione compiuto dalla Cii. Mentre la Smi si è poi evoluta e oggi, sotto il nome di Kme, produce un fatturato di oltre 3 miliardi di euro e si sta convertendo tra le altre cose alla produzione di solare termico edilizio (tetti in rame ad accumulo di calore), a campo Tizzoro continua a latitare il progetto di riconversione.

E' chiaro se la ricetta dovesse vertere sul solo rilancio del distretto manifatturiero locale, allora si renderebbe necessario un cospicuo adeguamento infrastrutturale, che però (visto peraltro che i più significativi progetti ipotizzati in questi anni presuppongono la creazione di opere per la viabilità su gomma) avrebbe probabilmente un impatto tale da influire negativamente sull'altro elemento di spicco dell'economia del distretto, e cioè il turismo.

Dall'altra parte, il solo turismo (nell'area è peraltro presente una rete di bunker sotterranei anti-bombardamento creata nella seconda guerra, per la quale sono in corso progetti di restauro e apertura al pubblico) non può essere sufficiente, anche a causa delle criticità legate ai cambiamenti climatici che potranno, nei prossimi decenni, creare gravi difficoltà alle vicine stazioni sciistiche, sul cui indotto "di transito" si basa in buona parte anche l'economia dei paesi situati più a valle.

Un buon punto di equilibrio, in questo senso, potrebbe essere rappresentato dal comparto energetico, grazie alle prospettive offerte dallo sviluppo di una filiera bosco-legno-energia incentrata su biomasse locali e cogenerazione (progetto peraltro già ipotizzato dalla stessa Cii) e dai progetti per la realizzazione di una centrale eolica sulle montagne circostanti la vallata.

Ma il fulcro di tutto è stata, è e continuerà ad essere la questione del collegamento con l'economia "delle pianure", e quindi col mondo globalizzato. Collegamento che è scarso, e che andrà necessariamente ripristinato in direzione della mobilità sostenibile, sia con forti investimenti sulla mobilità immateriale (e in questo senso vanno svariati progetti già attivati dal Cii) sia con investimenti sulla mobilità fisica. E in questo senso acquisisce valore anche l'ipotesi di una riapertura della - ormai smantellata - ferrovia dell'appennino, che potrebbe contemporaneamente offrire sostegno sia al sistema produttivo sia al turismo locale.

In questo senso, l'appennino pistoiese può essere visto come uno "spaccato" della Toscana dei prossimi anni: una Toscana che, per contrastare la rendita e l'impoverimento dei territori, vuole e deve investire (come spesso ha giustamente sottolineato il nuovo presidente Rossi) sulla reindustrializzazione. Ma, per far sì che questa reindustrializzazione sia inquadrabile nei cardini della sostenibilità, è necessario che essa sia incentrata sull'innovazione di processo, sull'innovazione di prodotto, sulla compatibilità/interazione con i progetti di rilancio turistico e sullo sviluppo, a suo sostegno, di un sistema infrastrutturale - sia fisico, sia immateriale - vincolato a robusti canoni di sostenibilità. In poche parole, è necessario che il nuovo sviluppo si incentri sulla riconversione ecologica dell'economia

 

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