[03/08/2009] News

Foreste del Congo Rdc, Greenpeace: «Che fine ha fatto la riforma?»

LIVORNO. René Ngongo, consigliere politico di Greenpeace Africa, e Karine Jacquemart, coordinatrice della campagna foreste africane per Greenpeace International, hanno scritto una lunga e dettagliata lettera aperta a José Endundo Bononge, il ministro dell'ambiente, conservazione della natura e turismo della Repubblica democratica del Cong (Rdc), per denunciare «una grave mancanza di trasparenza nella messa in applicazione della riforma del settore forestale».

Greenpeace chiede al governo di Kinshasa chiarimenti urgenti. «Questa riforma, finanziata da donatori internazionali, é stata avviata già da 7 anni - spiegano Ngongo e Jacquemart -  il ministro ha annunciato i risultati finali del processo di revisione legale dei titoli di sfruttamento forestale. Ora un progetto del governo di legalizzare un pugno di concessioni supplementari, invalidato dalla Commission interministérielle (Cim), sembra sempre di attualità. Une lettera di protesta della società civile congolese contro questo progetto é rimasta senza risposta».

Intanto, mentre le multinazionali del legname sono al lavoro e si appropriano di terreni sempre più vasti. Le comunità della foresta, private di ogni diritto a fare ricorso, vengono mantenute dalle autorità locali in una totale ignoranza rispetto alla riforma pagata profumatamente dai donatori stranieri perché le risorse forestali venissero gestite nel rispetto dell'ambiente e dei diritti delle popolazioni locali.

«Anche un'informazione così semplice come la lista dei permessi di abbattimento in vigore non é mai stata pubblicata - sottolinea Greenpeace - Le comunità vedono gli sfruttatori abbattere e sgombrare il legname, senza mai essere informati della legalità o dell'illegalità di queste attività. Il loro ruolo é ridotto ad essere testimoni impotenti del degrado delle loro foreste e dei loro mezzi di sussistenza. E' urgente che la riforma del settore forestale nella Rdc associ più seriamente le popolazioni interessate».

Non si sta parlando certo di un habitat di poco conto: le foreste della Rdc sono la seconda estensione forestale tropicale umida del pianeta dopo quelle dell'Amazzonia e Greenpeace dice al ministro Bononge: «La riforma forestale e l'attenzione internazionale sulla ricchezza eccezionale delle foreste congolesi potrebbero essere delle opportunità storiche per la Rdc: si sforzi di mettere in opera degli usi sostenibili delle sue foreste, tenendo di conto degli aspetti sociali, economici ed ecologici; valorizzi la biodiversità ed il ruolo delle sua foreste primarie intatte nella riduzione delle emissioni legate alla deforestazione e al degrado (Redd). Questo presuppone, e ne siamo lontani, trasparenza e governance efficaci. Questo deve anche necessariamente appoggiarsi su una zonazione nazionale e partecipativa, rispettosa delle zone di foresta primaria intatte e dei diritti d'uso dei popoli autoctoni  e delle comunità forestali, piuttosto che continuare a dare libero corso allo sfruttamento anarchico del legname».

Secondo Ngongo «C'é ancora il tempo per salvare le foreste primarie intatte della Rdc e per sostenere dei modelli di gestione veramente sostenibili e di sviluppo locale che siano di beneficio ai congolesi. Ma occorre agire molto velocemente».

Il ministro dell'ambiente della Rdc ha risposto alla lettera di Greenpeace dai microfoni di Okapi, la radio dell'Onu per l'Africa centrale, durante la trasmissione "Dialogue entre Congolais", chiedendo alla comunità internazionale di «sostenere la Repubblica democratica del Congo nella salvaguardia della sua foresta così come ha fatto con il Brasile. Ogni volta che sono in un a riunione internazionale, passando delle notti a negoziare, io dico: il nemico della foresta è la miseria e la povertà. Non possiamo mantenere questa foresta con una popolazione "misérabilisée", una popolazione povera che non ha scuole, che non ha centri sanitari, che non ha acqua potabile, che non ha elettricità. La Rdc è un Paese dove lo sfruttamento forestale è minore in rapporto a quello che è praticato in Brasile. Ma constato che il Brasile, che è il Paese che ha più decimato la sua foresta, è quello che ha ricevuto più sovvenzioni internazionali. E' indispensabile accordare più attenzione all'estensione della foresta tropicale che gestisce la Rdc, secondo polmone verde del mondo sul piano climatico dopo quello dell'Amazzonia in Brasile. D'altronde, la Rdc non è stata sostenuta per ospitare il Fonds pour la protection de la forêt du bassin du Congo,  la gestione P è stata affidata alla Repubblica sorella del Congo Brazzaville, mentre questo Paese non gestisce che più di una percentuale della foresta tropicale africana, contrariamente alla Rdc che ne dispone di circa la metà. Questo è quello che dico alla comunità internazionale: se non apportate il sostegno che noi ci aspettiamo, noi distruggeremo la foresta, è un modo per dire loro: voi dovete sostenerci nello stesso modo in cui sostenete il Brasile, perché noi siamo il secondo polmone».

La risposta sembra tanto minacciosa quanto vaga e lacunosa rispetto alle concessioni forestali che, come José Endundo Bononge non dice, non vanno ai sui poveri e miserabili ma proprio a quegli stranieri che non vorrebbero aiutare la Rdc a salvare le sue foreste. Al Congo restano solo pochi trucioli di questa lucrosa devastazione.

La lettera di Greenpeace ha avuto la solita risposta populistica ed evasiva che nasconde dietro le parole minacciose una chiara impotenza, per questo agli ambientalisti non resta che confermare che «Le riforme delle imprese nel settore forestale in Rdc non servono ad altro che a mascherare l'anarchia che regna nello sfruttamento delle sue risorse forestali. Siamo scioccati nel vedere gli operatori forestali evacuare le loro cataste verso l'esterno del Paese, mentre le loro concessioni sono state invalidate dalle autorità competenti».

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