[09/04/2010] News
GROSSETO. Andiamo verso un mondo che assomiglia al Medioevo. Non è certo un bel presagio quello che fa l'economista Jacques Attali nell'intervista pubblicata oggi su La repubblica. Ma è purtroppo difficile non dargli ragione. L'occasione per l'intervista di Anais Ginori all'economista francese è l'uscita del suo prossimo libro dal titolo molto esplicito: "Sopravvivere alla crisi". Perché la crisi innescata dalla bolla finanziaria del 2008 «non è affatto terminata- dice Attali- nonostante i proclami trionfanti di qualche politico e banchiere. Quelli che gli anglosassoni definiscono "germogli" di ripresa sono, a mio avviso, soltanto segnali passeggeri.» E sostiene l'economista che «Nel prossimo decennio il mondo attraverserà cambiamenti radicali, solo in parte collegati all´attuale situazione finanziaria. Ciascuno di noi sarà minacciato e dovrà trovare gli strumenti per salvarsi».
Il motivo di questo cattivo presagio sta nel fatto che «La causa più profonda di questa crisi è l´impossibilità per l´Occidente di mantenere il suo tenore di vita senza indebitarsi: su questo non è stata avviata un´adeguata riflessione».
Non solo - potremo aggiungere - non è stata avviata alcuna riflessione in merito a questo modello di sviluppo di stampo occidentale che ha ormai contagiato anche le economie asiatiche (marcatamente la Cina), ma ancora si insiste nel voler risolvere il problema utilizzando gli stessi strumenti che lo hanno provocato e ponendo come sola via d'uscita la crescita, senza alcun tipo di declinazione o di aggettivo che la possa qualificare. Come dimostra quanto dice oggi Luca Paolozzi sul Sole24 ore -che non è nuovo a questa tesi come anche lui indica citando un articolo dello stesso quotidiano di Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti di alcuni giorni fa: «La priorità è tornare a crescere. Non solo, e perfino non tanto, per aumentare la ricchezza materiale. In fondo, si sente spesso dire, ci potremmo anche accontentare. Un canto ammaliante con molti padri nobili. Ma anche e soprattutto perché quando l'economia va male, la società incattivisce, vengono meno solidarietà e tolleranza, le persone si trincerano a difesa degli interessi particolari, perfino la democrazia ne è minacciata». E sul fatto che quando l'economia va male la società incattivisce possiamo anche essere d'accordo, ma quello che non convince è il fatto che si intenda riparare ai danni perseguendo sugli stessi errori. Perché se è evidente- come più volte abbiamo sostenuto da queste pagine- che per cambiare rotta è comunque necessario riavviare la locomotiva, diverso è poi stabilire da che parte andare. E colpisce il fatto che nonostante la strada percorsa in passato abbia portato a far deragliare il treno dell'economia, si voglia oggi proseguire senza alcun cambiamento, senza sfruttare l'opportunità che la crisi economica intrecciata a quella ecologica potrebbe offrire per cambiare il paradigma e avviare un percorso verso un sistema economico più rispondente alle esigenze di una comunità ormai globale. Una comunità fatta di persone in carne ed ossa che soffrono dei problemi della crisi economica, di quella ecologica e di quella sociale, in maniera semmai diversa, ma ormai diffusamente a livello planetario.
«Quello che più mi colpisce - sostiene Attali- è che molti potenti vorrebbero tornare rapidamente al vecchio ordine, anche se è quello che ha scatenato la crisi finanziaria. Nell´attuale modello economico l´impresa è passata al servizio del capitale, a sua volta manipolato dalle leggi della Borsa. Le cose stanno così dal 1975, data dell´invenzione delle stock-options negli Stati Uniti».
E giustamente dice l'economista francese «Non bisogna farsi prendere né dall´ottimismo né dal pessimismo. Negli ultimi 650 milioni di anni, la vita è praticamente scomparsa sette volte dalla superficie della Terra. Oggi rischiamo che succeda un´altra volta. Ma qualsiasi minaccia è anche un´opportunità. Quando si arriva a un punto di rottura siamo costretti a riconsiderare il nostro posto nel mondo e a cercare un´etica dei comportamenti completamente nuova. Sopravviverà di noi solo chi avrà fiducia in se stesso, chi non si rassegnerà.».
L'ottimismo della volontà in risposta al pessimismo della ragione potremo dire, che si ritrova nelle lezioni di sopravvivenza che Attali riassume in sette principi «da attuare nell´ordine. Innanzitutto bisogna partire dal rispetto di sé, e quindi prendere consapevolezza della propria persona, e dall´intensità, ovvero vivere pienamente sapendo proiettarsi nel lungo periodo. Ci sono poi l´empatia, indispensabile per capire gli altri, avversari o potenziali alleati, la resilienza che ci permette di costruire le nostre difese e la creatività per trasformare le minacce e gli attacchi in opportunità. Se questi cinque principi non funzionano bisogna cambiare radicalmente, coltivando l´ambiguità o persino l´ubiquità, imparando a essere mobili nella propria identità».
Un modo, si potrebbe dire, di riscoprire le sfumature che ormai sono diventate desuete, essendo sempre più la società e la politica inclini ad un manicheismo che porta ad essere amici o nemici a seconda di come la si pensa, di che religione si professa, se si è favorevoli o meno ad un certo intervento. Perdendo di vista la complessità della realtà e soprattutto il fatto che se vogliamo non solo sopravvivere ma garantire un futuro a chi verrà dopo di noi dobbiamo prendere atto che questo futuro va costruito, qui e ora e per farlo è necessario un cambiamento del modello economico e quindi sociale e non la sua restaurazione.