[13/04/2010] News toscana

Buoni-mobilità, Bardi (Cgil Toscana): «Ok proposta Ataf, ma serve una discussione più ampia»

FIRENZE. «Il titolo di viaggio per il trasporto pubblico, biglietto o abbonamento, potrebbe essere equiparato ai buoni pasto: le aziende potrebbero cioè sostenere l'uso del mezzo pubblico da parte dei dipendenti, intervenendo per coprire una parte dei costi, così come avviene per i buoni pasto». E' la proposta lanciata dal presidente di Ataf (l'azienda di tpl dell'area fiorentina) Filippo Bonaccorsi, a margine del suo intervento al seminario "La mobilità dopo la rivoluzione" organizzato venerdì scorso da Aci Firenze.

Bonaccorsi, che venerdì ha anche indicato nel «superamento della distinzione urbano-extraurbano» uno degli ambiti di azione da privilegiare nella politica di sostegno alla mobilità sostenibile della Piana fiorentina (vedi link in fondo alla pagina), ha quindi invitato le organizzazioni sindacali ad un confronto sull'ipotesi dei "Buoni-mobilità": «perché non portare questa richiesta nella contrattazione integrativa con le aziende?» ha sostenuto, ricordando come in Europa esistano in questo senso «esempi importanti, come nell'Ile de France dove, grazie ad una legge regionale, il 65% del costo dell'abbonamento per il mezzo pubblico viene coperto dalle aziende».

L'ipotesi riveste senso sia in termini generali di sostegno alla mobilità sostenibile, sia riguardo alla forte incidenza dei costi di trasporto nelle spese sostenute dalle famiglie: a questo proposito va citato un dato, riportato nel corso del workshop di venerdì dal vicepresidente di Aci Firenze, Mario Preti, secondo cui nello stesso distretto parigino citato da Bonaccorsi «il 38% del bilancio delle famiglie di lavoratori, in media, è speso per i trasporti».

Per conoscere il punto di vista delle organizzazioni sindacali riguardo alla proposta di Ataf, abbiamo contattato - per un primo commento - il coordinatore del dipartimento Ambiente e territorio di Cgil Toscana, Roberto Bardi.

Secondo Bardi, «occorre partire da una premessa, e cioè il fatto che la proposta del presidente di Ataf va inserita in un contesto più complesso, e cioè la gestione della mobilità nella sua interezza. Inoltre va considerato che, anche se parliamo di un'azienda influente, comunque essa agisce in un contesto politico locale, cioè limitato rispetto al piano su cui si sviluppano le politiche per la mobilità, che è quello regionale. E cioè a livello di Regione che vanno discusse le politiche inerenti al diritto alla mobilità, e questo vale in particolar modo per la Toscana, dove la mobilità pendolare (specie su ferro) ha una notevole incidenza».

«Detto questo - prosegue Bardi - vorrei fare riferimento all'appello pubblicato a settembre dal "Comitato nazionale per la mobilità urbana sostenibile" (sigla che riunisce le principali associazioni sindacali, quelle ambientaliste e di tutela paesaggistica oltre a svariate onlus, nda), in cui si sottolinea una generale necessità di condividere azioni finalizzate a promuovere ed incentivare l'uso del mezzo pubblico in alternativa all'auto, e giungere ad un modello più avanzato di mobilità sostenibile. Ma questo auspicio si scontra - va anche detto - con la logica tenuta dal Governo nazionale, che invece, come avvenuto nel 2009, taglia le dotazioni per il fondo per il trasporto sostenibile.

Fatte queste premesse generali, direi che per discutere la proposta del presidente di Ataf occorre sottolineare altri due presupposti: anzitutto va visto se le imprese vorranno assumere quella che definirei la "volontà positiva" di essere parte attiva nell'organizzazione degli spostamenti dei lavoratori nel percorso casa-lavoro. E il fatto che il mobility manager previsto dalle normative ancora non è stato individuato da molte aziende, certo non aiuta, in questo senso.

Comunque, nell'ottica di agevolare l'utilizzo del tpl da parte dei dipendenti, anche la proposta di Bonaccorsi per un "ticket mobilità" - come possiamo definirla - ha un senso. Questo però vale solo se la misura farà parte di una logica più generale: occorrerà, in questo senso, aprire degli elementi nuovi (e non "sostitutivi") di contrattazione, e puntare anche ad aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori. E poi, come detto, ci vuole la "volontà positiva" da parte delle aziende. Inoltre, occorre ragionare anche sugli orari dei trasporti (ad esempio per ritardi e coincidenze), e sulla relativa flessibilità: insomma, il problema è più complesso della sola soluzione del "ticket mobilità" (cioè degli incentivi economici), ma passa per una complessiva organizzazione del lavoro.

E il ragionamento da fare è complesso anche perché i ticket-pasto (e quindi gli eventuali ticket-mobilità) sono benefit, quindi sono esentasse. E inoltre va considerato che la già citata necessità di una contrattazione aggiuntiva comporterebbe dei costi incrementati rispetto alla situazione attuale. Ma comunque la "provocazione" di Bonaccorsi potrà essere oggetto di confronto, specie se il mondo imprenditoriale vorrà prendervi parte.

Naturalmente, visto che a Firenze il sistema di mobilità sostenibile è tuttora "monco" poiché è stata inaugurata solo una delle 3 linee di tramvia previste, è chiaro che se il sistema fosse completo il confronto auspicato dal presidente di Ataf diventerebbe più agevole, e anzi per migliorare il sistema andrebbero anche posti in opera i parcheggi scambiatori nelle aree periferiche. Voglio ricordare, peraltro, che a Firenze elementi di contrattazione per l'agevolazione dell'accesso al lavoro erano stati già attivati in passato: ad esempio la sede della ex-Zanussi di Scandicci poteva essere raggiunta direttamente dai dipendenti con linee di bus extraurbani dedicate».

«Insomma - conclude Bardi - come Cgil sosteniamo l'incentivazione all'uso del tpl e l'accelerazione dell'integrazione tra bus, treno e tramvia: più questo percorso di evoluzione infrastrutturale prende corpo, più ampi sono gli spazi di contrattazione che si aprono anche in direzione dell'istituzione dei "ticket mobilità" proposti da Ataf. Ma, ripeto, va vista anche la disponibilità delle imprese».

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