[03/08/2009] News

Il silenzio (e la complicità) di Areva sul golpe all’uranio del Niger

LIVORNO. Domani 6 milioni di elettori del Niger andranno alle urne per adottare con un referendum la nuova Costituzione che permetterà all'uomo forte del Paese, il presidente Mamadou Tandja, di rimanere al potere anche dopo la scadenza del suo mandato. In realtà si tratta di un vero e proprio colpo di Stato, visto che il referendum è stato imposto contro il parere della Corte costituzionale, del Parlamento e schiacciando una forte opposizione e manifestazioni di protesta in tutto il Niger. Non a caso ,tanto per far capire l'antifona, Tandja alla vigilia delle elezioni è apparso in televisione per ricordare all'opinione pubblica ed agli amici-padroni francesi le ragioni e la forze sulle quali  si basa questo golpe del deserto: «L'impegno per il Niger è di come valorizzare le importanti risorse di cui dispone (cioè l'uranio, ndr)  per metterle al servizio dello sviluppo, del progresso e della prosperità di tutta la nazione», poi ha reso omaggio all'esercito del Niger «Per la devozione con la quale compie la sua missione. Questi bravi uomini e donne hanno fatto grandi sacrifici durante questo periodo d'insicurezza che io penso sia ormai superato e che i nigeriani si avviano ormai a relegare nelle pagine oscure del nostro Paese. Questi uomini e queste donne che costituiscono il nostro esercito, hanno validamente assicurato la nostra sicurezza e, con onore e professionalità, l'integrità del nostro territorio».

Tandja si riferisce alla fine della ribellione tuareg nei territori dove Areva sfrutta o vuole sfruttare vecchie e nuove miniere di uranio, sedata dai fucili che mantengono al potere il nuovo dittatore di Niamey e dalle faide interne alle tribù e dagli odi etnici prontamente rinfocolati dal regime.

D'altronde Mamadou Tandja, uscito dalle scuole militari francesi in Mali e Madagascar, già nel 1974 aveva partecipare al colpo di Stato contro il primo presidente eletto del Niger indipendente, Diori Hamani,  che portò al potere u il generale Seyni Kountché fino alla sua morte nel 1987. Per Tandja la democrazia è poco più di una finzione da far camminare sulle canne dei fucili. Ora punta a diventare presidente a vita.

La campagna elettorale si è svolta in un clima tragicomico: tutti i media sono stati requisiti dal regime, la capitale Niamey e le principali città del Niger sono ricoperte di gigantografie del presidente e tutto il giorno le radio e la televisione nazionale trasmettono due canzoni che ne glorificano le gesta;: "Tandja le bâtisseur" e "Tandja le nationaliste".

All'opposizione è stata vietata ogni apparizione televisiva ed ogni intervento su radio e giornali ed i giornalisti stranieri che sono a Niamey per coprire il referendum devono essere affiancati sempre da un funzionario del ministero dell'informazione.

La comunità internazionale è sempre più allarmata per questo ennesimo golpe "istituzionale", ma dimostra anche tutta la sua impotenza verso un regime che governa un Paese poverissimo ma ricco di uranio e che rappresenta un fronte verso l'integralismo musulmano che si affaccia nel vicino Niger e un baluardo contro la ribellione etnica che ha di mira gli interessi delle multinazionali nucleari e petrolifere che operano nell'area del Sahara-Sahel.

La cosa sta creando non poco imbarazzo in Francia e probabilmente dalle sue vacanze Nicolas Sarkozy spera che della cosa si parli il meno possibile, magari anche per far dimenticare la sua recente visita a Niamey, qualche giorno prima del golpe, per assicurarsi che Areva ricevesse l'esclusiva sull'ambito uranio del Niger

Ma sarà difficile, primo perché la stampa francese è molto attenta a quel che accade nell'ex colonie, secondo perché la rete ambientalista "Sortir du nucléaire" oggi denuncia «Il silenzio complice delle autorità francesi di fronte al vero e proprio colpo di Stato organizzato in Niger del presidente Mamadou Tandja che, contrariamente a quanto previsto dalla Costituzione, intende ottenere un terzo mandato. Per raggiungere i suoi fini Tanja non ha esitato a dissolvere la Corte costituzionale ee ad organizzare un referendum illegale previsto per il 4 agosto».

La cosa riguarda da vicinissimo la Francia, visto che Areva sfrutta le miniere di uranio del Niger da oltre 45 ed ha recentemente ottenuto da Tandja l'autorizzazione ad aprire una nuova gigantesca miniera a Imouraren.

«E' perché la supposta "indipendenza energetica della Francia" non è che un mito - dice Sortir du nucléaire"  - e che il funzionamento dei reattori nucleari francesi è assicurato al 100% dalle importazioni di uranio, in particolare dall'Africa, che Sarkozy e le autorità francesi condonano le violazioni dei diritti umani. Queste violazioni hanno luogo nei paesi dove Areva sfrutta delle miniere di uranio: in Niger, sicuramente, ma anche ib in Congo dove il militante di un'associazione, Golden Misabiko, è imprigionato dal dal 24 luglio per aver pubblicato un rapporto che denuncia lo sfruttamento illegale di una miniera di uranio... da parte di Areva. Anche là le autorità francesi brillano per il loro silenzio».

"Sortir du nucléaire" gira il coltello nella piaga delle promesse di democrazia: «Durante la sua campagna presidenziale e dopo la sua elezione Sarkozy aveva promesso che la politica francese sarebbe stata "esemplare" riguardo ai diritti umani. L'accordo nucleare firmato il 25 luglio 2007 a Tripoli tra Sarkozy e il dittatore libico Gheddafi a già largamente dissolto queste promesse, come gli accordi nucleari firmati durante la visita di Sarkozy molto poco democratici come nel Maghreb, in Medio-Oriente o in Cina».

Poi ce n'è anche per la multinazionale statale atomica francese, con la quale giusto oggi Enel ha realizzato una joint venture per il nucleare in Italia (con uranio del Niger?): «E' necessario mettere in luce il ruolo centrale di Areva in questi affari antidemocratici. Nell'immediato, le autorità francesi devono pretendere il ritiro, esigere l'annullamento del referendum incostituzionale previsto il 4 agosto in Niger e costringere Areva a lasciare il Niger. Questa sarebbe d'altronde l'occasione per mettere fine alle gravi violazioni all'ambiente ed alla salute pubblica che sono prodotte dalle operazioni di estrazione dell'uranio».

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