[16/04/2010] News

Exit strategy? Dare la colpa della crisi al cittadino che non consuma!

LIVORNO. Dall'alto o dal basso della nostra capacità di stupirci ancora delle cose che leggiamo, la discussione su crisi-crescita-consumi ci pare abbia raggiunto livelli estremi. Se ormai abbiamo capito il rapporto consumi-crescita all'interno di questo paradigma economico, ovvero che non c'è crescita senza un continuo aumento dei consumi, che la crisi abbia in radice la riduzione dei consumi e non che la riduzione dei consumi sia causata dalla crisi, ci pare davvero un paradosso. In pratica si sta chiedendo esplicitamente alle persone che hanno sempre meno soldi in tasca di comprare di più perché altrimenti alimentano la crisi.

Insomma, indebitatevi ulteriormente per il bene generale. Non risparmiate un centesimo giammai. Date sfogo alle vostre pulsioni consumistiche senza remore o sarà la fine. Comprate di tutto, meglio se ecocompatibile ma non è fondamentale. Comprate anche le case e per quelle ecologiche vi diamo pure un aiutino, a patto che siano nuove costruzioni. Il fatto che negli Usa, questa richiesta continua a chi non aveva di far finta di avere, abbia generato la famosa bolla dei subprime è un'idea che, evidentemente, deve essere rimossa al più presto.

Che poi (anche se a parole) si voglia allo stesso tempo ridurre i rifiuti attraverso non ben identificate "operazioni" che riducano i consumi di energia e di materia è altra questione di cui parlare in altre stanze e in altre circostanze. Che qualcuno poi pensi che in tutto questo bailamme sia plausibile l'opzione rifiuti zero è ancora un'altra bella invenzione di questi strani giorni. Valga ad ultimo esempio quello che sostiene il famoso designer Piero Lissoni su Italia Oggi riguardo la green economy: «Il problema, oggi, è essere consapevolmente misurati».

Quale mito bisogna sfa­tare nella green economy e nell'interior? Gli viene chiesto dal giornalista e lui: «Che sia a buon prezzo e non inquini. Per esser più seri possibile nell'uso di un materiale diventiamo antieconomici: sprecarlo o usarlo in maniera tradizionale costerebbe un terzo rispetto alla ricerca per recuperare la massima quantità di materiali».

E l'inquinamento? «C'è ogni volta che non si può smaltire un prodotto. Prendia­mo i pannelli solari, nessuno ha detto che durano solo dieci anni e ci sono grossi dubbi su come stoccarlo dopo il suo utilizzo (in realtà la durata è molto più lunga, anche se ovviamente l'efficienza diminuisce nel corso degli anni, ed è inoltre già stato creato il primo consorzio europeo che si occup del riciclo doev è possibile e dello smaltimento dei pannelli, ndr). Stesso discorso vale per i pc, che dovrebbero far risparmiare carta, o per il riciclo della spazzatura».
Cassina ha debuttato con lei con la prima collezione green...«Sì, ma la linea Aire non è green in quanto fatta con materiale riciclato, ma perché i suoi componenti possono essere quasi totalmente recuperati senza inquinare se domani decidessimo di eliminare il divano di casa: dalla struttura metallica in nylon e kevlar si potrebbe ri­cavare una bicicletta, il tessuto riciclarlo. Ma come un motore ibrido, da qualche parte si perde energia, o in fase di concezione o in quella di utilizzo. Rassegnamoci che per essere etici bisogna pagare».

Con questo ben vengano i prodotti ecostenibili, ci mancherebbe altro, con l'auspicio che anche qui in un futuro prossimo si possa togliere l'aggettivo e che tutti i prodotti sostenibili lo siano di partenza, ma sia chiaro che dentro questo modello/paradigma economico imperante - crescita tout court - non c'è aria per la sostenibilità ambientale e tanto meno per quella sociale.

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