[16/04/2010] News
FIRENZE. Dovrebbe passare le Alpi e giungere sui cieli della penisola nel pomeriggio di domani, sospinta da venti di nord-ovest, la parte avanzata della nube di cenere eruttata dal vulcano Eyjafjallajökull che, sia per incidenza diretta (Londra, Glasgow) sia soprattutto per il blocco della cosiddetta "rotta polare", sta tenendo in scacco gli aeroporti di mezza Europa settentrionale.
L'eruzione, iniziata il 21 marzo e poi proseguita a fasi alterne, è dal primo aprile monitorata, tra gli altri, anche da tre ricercatori dell'Istituto nazionale di fisica e vulcanologia, che stanno effettuando prevalentemente misurazioni sul tasso di emissioni di fluoro da parte della bocca vulcanica. La fase attuale dell'eruzione, secondo l'Ingv, si caratterizza per la localizzazione dell'attuale luogo di emissione, che è situato sotto il ghiaccio e non più in superficie come nelle prime fasi: ciò comporta l'aumento dell'attività esplosiva di quello che è invece un vulcano di tipo prevalentemente effusivo, che non comprenderebbe cioè - nella sua tipica attività - ampie esplosioni di magma e cenere come quelle che invece, proprio a causa del "ruolo detonante" dell'acqua di scioglimento del ghiacciaio, si stanno verificando.
In molti, sulle cronache dei media generalisti e sul web 2.0, si stanno domandando se questa nube di cenere potrebbe avere effetti in termini di inquinamento "tradizionale" e/o in termini di mutamenti climatici su grande scala. E, come è ovvio, la risposta a questo dubbio non può che essere affermativa: è pressoché certo, cioè, che nei prossimi giorni le centraline di rilevamento degli inquinanti presenti nell'aria misureranno, in tutta Europa, un incrementato tasso di presenza di polveri, a causa dell'aumento della concentrazione di polveri di origine naturale, che sono tipicamente (almeno in Toscana - dati Regione) equivalenti a circa il 20-30% del totale.
Ed è altrettanto certo che si avranno effetti sul clima in direzione di una diminuizione delle temperature associata all'intercettazione dei raggi solari da parte della nube eruttiva.
Ciò che va capito in questo senso, al di là del "se", è il "quanto": va cioè ancora visto se l'eruzione sarà di portata tale da avere un effetto che vada al di là di quello locale, sia in termini di impatto da polveri e da altri agenti chimici, sia di quello climatico. In particolare molto dipenderà, a parte la durata dell'eruzione dell'Eyjafjallajökull, dal comportamento che avrà il vicino - e più grande - vulcano Hekla, le cui eruzioni sono, sia pure molto più frequenti del primo (l'ultima eruzione di Hekla risale a 10 anni fa, mentre occorre tornare al 1823 per registrare la precedente eruzione dell'Eyjafjallajökull), spesso associate alle fasi di attività di esso.
Ma, per avere effetti sul clima paragonabili a quelli causati dall'eruzione del Tambora (Indonesia 1815, evento che fu seguito da uno degli anni più freddi su scala globale degli ultimi due secoli), del Krakatoa (Indonesia, 1883) o, in modo minore, da quella del vulcano S.Elena (Alaska 1980) e del Pinatubo (Filippine 1991: riguardo a quest'ultimo le ricerche compiute hanno - sia pure in via approssimativa - stimato in 0,4° Celsius l'impatto dell'eruzione in termini di temporanea diminuizione delle temperature medie globali) occorre che sia proiettata nella troposfera e nella stratosfera una quantità di ceneri e altro materiale che sia paragonabile agli eventi citati: in questo senso, per una quantificazione approssimativa, possiamo riferirci all'indice Volcanic expolosivity index (Vei), che riunisce valutazioni quantitative (quantità stimata di ceneri, altezza nubi di polvere) e qualitative sulla potenza eruttiva. Secondo le prime stime disponibili, l'eruzione attualmente in corso dovrebbe avere un Vei di livello 3, mentre quella del Pinatubo fu giudicata di grado 5,5, e quella del Tambora di grado 6,5.
In termini di quantità di materiale eruttato, il grado 3 corrisponde a circa 0,1 km cubici, il grado 5,5 a circa 10 kmc, e il grado 6,5 a 100 km cubici. Anche se si tratta solo di un indice approssimativo, e anche se occorrerà vedere come si muoveranno le ceneri nell'atmosfera, è evidente che i possibili effetti climatici annessi all'eruzione in corso sono per ora (e ribadiamo per ora) da considerarsi minimi. Effetti di più lungo termine, comunque, potrebbero essere annessi anche alla copertura, da parte delle ceneri eruttate, di ampi spazi di calotta glaciale, elemento che avrebbe un significativo effetto sull'albedo delle zone in questione, col risultato di un aumento del calore intercettato.
Ma sono, quelle sopra riportate, solo considerazioni preliminari su un evento che terrà sicuramente banco nelle cronache (almeno) dei prossimi giorni, e le cui conseguenze andranno valutate più approfonditamente.