[19/04/2010] News

Il ruolo delle aree protette nella difesa delle coste

PISA. Al tema delle coste e al ruolo delle aree protette l'ISPRA ha dedicato uno studio ora raccolto in  un volume che nelle sue quasi 700 pagine offre una documentazione molto aggiornata e anche fotografica di cui vi era bisogno. Infatti spesso circolano i dati più fasulli. Al punto che si è avviata in parlamento -al Senato- una discussione su un disegno di legge concernente proprio le aree protette marine che ignora praticamente quello che invece - e per fortuna- troviamo nello studio dell'ISPRA, impegnata peraltro a difendere anche il suo ruolo oggi a rischio come molti altri comparti e settori della nostra ricerca.

Lo studio conferma che sono in calo le aree costiere libere che nel 1996 erano soltanto 362 per un totale di 2200 ha, così suddivise: il 29% integralmente libero, il 13% soggetto di occupazione estensiva, il 58% interessato da un'occupazione di tipo intensivo. Unica area libera di dimensioni rilevanti, lungo l'Adriatico, è rappresentata dai circa 60 chilometri del Delta del Po, mentre nel Tirreno, un'analoga situazione la si può ritrovare solo in Sardegna.

Il ruolo delle aree protette emerge subito anche in riferimento ad alcune più o meno recenti esperienze europee come in Spagna dove si è riusciti a rimediare o comunque a sanare notevolmente con importanti risultati interventi rovinosi del passato. In Italia continua, purtroppo, la destrutturazione dell'originario paesaggio costiero il che ripropone interrogativi sulla pianificazione dei parchi a cui si è sottratto recentemente -vedi un po'- il paesaggio.

E proprio alla pianificazione territoriale nelle aree protette marino-costiere è dedicata buona parte dello studio che si sofferma sulle varie situazioni ed esperienze in corso. E da queste situazioni si può facilmente comprendere cosa significa o dovrebbe significare quella integrazione di cui parlano molti e anche recentissimi documenti comunitari specialmente in riferimento alle aree costiere che invece -e certo non per caso- non ritroviamo neppure nel dibattito parlamentare a cui abbiamo fatto cenno che sembra aggirarsi confusamente tra boe e pesca sportiva.

In questo studio invece possiamo cogliere gli effetti che certi interventi e piani possono avere sul settore agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli. Un orizzonte che risulta del tutto assente o quasi dalle iniziative e gli impegni del ministero affaccendato in tutt'altre faccende a partire dai tagli ai finanziamenti ridotti ormai al lumicino.

Lo studio evidenzia anche la stretta connessione tra gestione delle aree marino-costiere e bacini idrografici anch'essi messi alle corde -e lo abbiamo visto in questi ultimi mesi- da politiche che considerano l'ambiente e il suolo un impiccio più che una risorsa. Viene opportunamente ricordato, infatti, che il piano ambientale delle coste pur previsto dalla legge non è mai stato promulgato; in compenso al Senato si sta cercando di tagliare fuori del tutto le regioni dalla gestione delle aree protette marine.

Così "gli obiettivi di una gestione integrata si perdono per l'eccessiva parcellizzazione delle competenze o per la mancanza di esperienze professionali consolidate, a livello locale" (Massimo Morigi, Massimo Paone). Non sorprende perciò che le dune non antropizzate abbiano ormai un'estensione residua di circa 330 Km, interessando in tal modo circa l'8,6% del totale della costa nazionale. E si tratta prevalentemente di sviluppi frazionati di sistemi discontinui di pochi chilometri.

Tra le varie regioni mette conto ricordare che la Toscana con 73 Km raggiunge il 73% come incidenza specifica (dune naturali/costa bassa). Da cui emerge peraltro il ruolo importantissimo del parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli specie dopo l'affidamento della gestione della Meloria e ovviamente del parco dell'Arcipelago ancora alle prese con decisioni che il ministero sa solo rinviare.

Non è possibile ovviamente dar conto e soffermarci su tutti i molteplici aspetti, profili e dati che mergono da questo studio. C'è solo da augurarsi che ne sappiano far tesoro tutti coloro che oggi sono chiamati nelle istituzioni, nelle associazioni e nel mondo della ricerca a dare risposte serie che non possono essere più ignorate o eluse.

Vale la pena infine di accennare ad una altro documento ‘ufficiale' del ministero successivo allo studio dell'ICRAM e dedicato al tema della biodiversità che sarà discusso prima di passare all'esame della Conferenza stato-regioni- in tre appuntamenti nazionali. Anche questo documento di oltre 120 pagine si sofferma naturalmente sulla condizione del mare e delle coste in riferimento alle specie animali e vegetali. Anche in questo documento pur in maniera troppo generica rispetto ad obiettivi concreti e operativi emerge chiaramente il ruolo che dovrebbe essere finalmente riconosciuto e assegnato ai parchi e alle protette nel loro complesso e specialmente a quelle marino -costiere.

Lo studio dell'ISPRA e lo stesso documento ministeriale sulla biodiversità pur con i limiti
accennati confermano il divario crescente tra i problemi con i quali parchi e aree protette dovrebbero misurarsi e la loro considerazione da parte della politica nazionale.

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