[20/04/2010] News

La ricerca per l’agricoltura

NAPOLI. Il 31 marzo a Montpellier, in Francia, si è conclusa la prima Conferenza globale sulla ricerca in agricoltura per lo sviluppo. Con un obiettivo ambizioso: trasformare il sistema di ricerca scientifica applicata ai campi  per raggiungere due obiettivi: eliminare la povertà nelle campagne e soddisfare la domanda, locale e globale, di cibo.

Gli scienziati venuti da ogni parte del mondo erano consapevoli - e lo hanno scritto già nel documento di preparazione del convegno - non solo della difficoltà di elaborazione della diagnosi (di una diagnosi puntuale) e della prescrizione della terapia (una terapia puntuale, in grado di tenere conto delle differenze locali), ma anche e soprattutto della difficoltà di convincere le istituzioni politiche a cercare di applicarle.

Tuttavia l'esercizio non è stato puramente accademico. Perché la discussione ci aiuta ad individuare non solo i temi e i problemi della comunità scientifica che fa ricerca in agricoltura, ma i  temi e i problemi del sistema alimentare globale.

Una conferenza scientifica non ha conclusioni, anche se spesso ha documenti conclusivi. Conviene allora riprendere le riflessioni di un osservatore privilegiato. E chi meglio di Marion Guillou, direttrice di quell'Istituto Nazionale per la Ricerca Agricola di Francia - il più grande del settore in Europa - che ha di fatto ospitato il convegno internazionale?

Marion Guillou ha rilasciato un'intervista ripresa dalla rivista Nature nel corso della quale ha indicato alcuni dei nodi del sistema agricolo che la ricerca scientifica può aiutare a sciogliere.

Ha confermato che in questo momento nel mondo non c'è un problema di produzione: nel mondo c'è abbastanza cibo per soddisfare un bisogno di 3.000 calorie al giorno per tutti e ciascuno i 6,8 miliardi di persone del pianeta. Insomma, se un miliardo di persone oggi soffre per sottoalimentazione è perché non riesce ad accedere al cibo che c'è.

Gli studiosi non hanno chiaro quali sono i meccanismi puntuali che impediscono all'offerta e alla domanda di cibo di incontrarsi. Per esempio, ancora non sono chiari i meccanismi a grana fine che nel 2008 hanno determinato un'impennata dei prezzi agricoli (e l'ulteriore aumento del numero di affamati). Quelli a grana grossa - la crisi finanziaria e il sostegno pubblico alle agricolture dei paesi ricchi - sono invece ben noti.

Una riforma del sistema mondiale di ricerca dovrà porsi tre obiettivi, secondo Marion Guillou e secondo molti degli studiosi presenti a Montpellier. Il primo è fornire un aiuto concreto e utile ai contadini poveri, isolati, quelli che non si dedicano all'agricoltura intensiva, trovando le forme migliori per la rotazione delle coltura, per l'integrazione tra coltivazione e allevamento di animali, per l'uso dei fertilizzanti organici prodotti dagli animali stessi.

Un secondo obiettivo è quello di ridurre le perdite in agricoltura. In questo momento tra il 30% e il 35% di quanto si produce nei campi viene perduto o, ancor peggio, buttato via. Occorre trovare i modi, ecologicamente sostenibili, per eliminare questo spreco. Tenendo anche conto che l'umanità, entro il 2050, crescerà meno del 30%. Se solo si eliminassero le perdite già oggi avremmo il cibo sufficiente per una popolazione di 9 miliardi e più di persone.

Già, ma quando il cibo può essere considerato "sufficiente"? Marion Guillou sostiene che è sufficiente una dieta di 3.000 calorie al giorno. Una quantità di cibo che, in media, abbiamo già. Occorre tuttavia cambiare la composizione. O meglio, la fonte. In futuro il numero di calorie che assumiamo provenienti da animali non dovrebbe superare le 500 calorie al giorno di conseguenza quelle di provenienza vegetale dovrebbe raggiungere le 2.500 calore al giorno. Tutto ciò farebbe bene alla salute dei singoli e farebbe bene al sistema agricolo mondiale. L'allevamento degli animali determina infatti un uso intensivo di risorse (terreno, acqua).

Possono aiutarci le biotecnologie, con gli ogm? Marion Guillou è molto equilibrata. Gli ogm, sostiene, non sono la pallottola d'argento. Alcuni possono aiutare a sconfiggere la povertà e a soddisfare una maggiore domanda di cibo. Altri no. Ma non bisogna considerarli una classe di prodotti. Occorre giudicarli -anche da un punto di vista sanitario ed ecologico - caso per caso. Gli ogm prodotti in occidente, per esempio, non sono granché utili, anzi fanno aumentare l'uso di pesticidi. Il cotone ogm realizzato in Cina sta invece contribuendo ad abbattere l'uso di pesticidi.

Ultima questione. La diminuzione degli investimenti pubblici nella ricerca in agricoltura. È un processo in atto, ma solo in occidente. Ed è pericoloso. Ma nei paesi a economia emergente la ricerca pubblica sta aumentando. E ciò fa ben sperare.    

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