[22/04/2010] News
GROSSETO. L'Inventario nazionale 2010 sulle emissioni di gas serra, presentato oggi a Roma dall'Ispra, segnala una decrescita delle emissioni di Co2 tra il 2008 e il 2009 (mentre erano in crescita del 4,7% dal 1990 al 2008) ma indica che resta comunque ancora molta strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
Nel 2008 il decremento rispetto al 2007 è stato del 2%, ed è il primo anno in cui calano le emissioni da trasporto su strada, passando da 120,1 milioni di tonnellate a 115,3, mentre i dati preliminari relativi al 2009 indicano un trend del 9% di diminuzione, che - secondo Ispra - è da associare solo in parte al rallentamento delle economie globali. Nonostante questi trend si definisce ancora lontano l'obiettivo del 6.5% di riduzione rispetto ai valori del 1990, che il nostro Paese deve perseguire entro il 2012, secondo il trattato di Kyoto. Come altresì vengono considerati lontani da Ispra quelli che la nota dell'istituto definisce "annunciati" dall'Unione Europea, che prevedono un abbattimento delle emissioni del 30% al 2020 e dell'85% al 2050.
Rispetto agli altri paesi dell'Europa a 15, dove le emissioni sono diminuite complessivamente del 6,9%, il maggiore ritardo dell'Italia nell'applicazione delle direttive comunitarie - secondo Ispra- sembra essere nel settore residenziale e dei servizi (dove tra 1990 e 2008 c'è stato un incremento delle emissioni del 10,5%) e in quello dei rifiuti, la cui gestione e trattamento ha visto un crollo della produzione di gas serra del 39% nei paesi dell'Unione ma "solo" del 7,4% in Italia. Dal 1990 ad oggi il settore con l'incremento più elevato è comunque quello dei trasporti (+20%) seguito dalla produzione di energia (+16%).
Un aiuto al perseguimento degli obiettivi - segnala Ispra- potrà venire dal computo dei crediti derivanti dagli assorbimenti forestali (fino a 10 milioni di tonnellate) così come dall'attuazione di progetti per l'abbattimento delle emissioni nei paesi in via di sviluppo, come quelli già avviati con la Cina.
Meccanismi flessibili previsti dallo stesso Protocollo ai quali si può accedere solo con la presentazione dell'inventario delle emissioni, con gli andamenti delle emissioni unitamente ad una spiegazione degli andamenti osservati, che viene sottoposto ogni anno ad un esame da parte di un organismo nominato dal Segretariato della Convenzione sui cambiamenti climatici che analizza tutto il materiale presentato e ne verifica in dettaglio le rispondenze ai requisiti richiesti.
Uno scenario, quello presentato con l'inventario delle emissioni di Ispra, più pessimistico rispetto a quello delineato due mesi fa nello studio elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta da Edo Ronchi. In quello studio le emissioni di gas serra avrebbero iniziato la loro discesa già dal 2005, grazie ai primi interventi presi subito dopo che è entrato in vigore il Protocollo di Kyoto e sarebbero calate nei tre anni successivi (fino al 2008, quindi) di 35 milioni di tonnellate di C02 equivalenti. Nel 2009 si è avuto poi il massiccio calo delle emissioni di CO2, pari a 36,3 milioni di tonnellate in un solo anno tanto da raggiungere, una diminuzione che per la fondazione di Ronchi sarebbe quindi del 3% e non del 2% rispetto al 1990. Un effetto che sarebbe dovuto in maniera prevalente alla crisi economica e al conseguente calo della produzione (-17,5%) e della produzione di elettricità (-12,5%), sommato all'aumento della quota di energie rinnovabili (+9,3% a fine 2009) e al miglioramento dell'efficienza energetica (si è infatti ridotto il kilowattora per unità di Pil). Per arrivare quindi all'obiettivo previsto dal protocollo di Kyoto (483,3 MtonCO2 eq.) mancherebbe allora solo 19 milioni di tonnellate di C02 equivalenti da abbattere.
Un obiettivo che secondo Ronchi è possibile raggiungere in tre anni, «anche solo con una riduzione media come quella in atto prima della crisi»; una riduzione che «molto probabilmente, anche senza conteggiare i meccanismi flessibili sarà ancor maggiore del 6,5% richiesto». Un buon auspicio quindi anche per mantenere in piedi l'obiettivo per il 2020 «a meno che non si interrompano le misure di incentivazione delle rinnovabili e quelle di sviluppo dell'efficienza energetica».
GROSSETO. L'Inventario nazionale 2010 sulle emissioni di gas serra, presentato oggi a Roma dall'Ispra, segnala una decrescita delle emissioni di Co2 tra il 2008 e il 2009 (mentre erano in crescita del 4,7% dal 1990 al 2008) ma indica che resta comunque ancora molta strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
Nel 2008 il decremento rispetto al 2007 è stato del 2%, ed è il primo anno in cui calano le emissioni da trasporto su strada, passando da 120,1 milioni di tonnellate a 115,3, mentre i dati preliminari relativi al 2009 indicano un trend del 9% di diminuzione, che - secondo Ispra - è da associare solo in parte al rallentamento delle economie globali. Nonostante questi trend si definisce ancora lontano l'obiettivo del 6.5% di riduzione rispetto ai valori del 1990, che il nostro Paese deve perseguire entro il 2012, secondo il trattato di Kyoto. Come altresì vengono considerati lontani da Ispra quelli che la nota dell'istituto definisce "annunciati" dall'Unione Europea, che prevedono un abbattimento delle emissioni del 30% al 2020 e dell'85% al 2050.
Rispetto agli altri paesi dell'Europa a 15, dove le emissioni sono diminuite complessivamente del 6,9%, il maggiore ritardo dell'Italia nell'applicazione delle direttive comunitarie - secondo Ispra- sembra essere nel settore residenziale e dei servizi (dove tra 1990 e 2008 c'è stato un incremento delle emissioni del 10,5%) e in quello dei rifiuti, la cui gestione e trattamento ha visto un crollo della produzione di gas serra del 39% nei paesi dell'Unione ma "solo" del 7,4% in Italia. Dal 1990 ad oggi il settore con l'incremento più elevato è comunque quello dei trasporti (+20%) seguito dalla produzione di energia (+16%).
Un aiuto al perseguimento degli obiettivi - segnala Ispra- potrà venire dal computo dei crediti derivanti dagli assorbimenti forestali (fino a 10 milioni di tonnellate) così come dall'attuazione di progetti per l'abbattimento delle emissioni nei paesi in via di sviluppo, come quelli già avviati con la Cina.
Meccanismi flessibili previsti dallo stesso Protocollo ai quali si può accedere solo con la presentazione dell'inventario delle emissioni, con gli andamenti delle emissioni unitamente ad una spiegazione degli andamenti osservati, che viene sottoposto ogni anno ad un esame da parte di un organismo nominato dal Segretariato della Convenzione sui cambiamenti climatici che analizza tutto il materiale presentato e ne verifica in dettaglio le rispondenze ai requisiti richiesti.
Uno scenario, quello presentato con l'inventario delle emissioni di Ispra, più pessimistico rispetto a quello delineato due mesi fa nello studio elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta da Edo Ronchi (vedi link in fondo). In quello studio le emissioni di gas serra avrebbero iniziato la loro discesa già dal 2005, grazie ai primi interventi presi subito dopo che è entrato in vigore il Protocollo di Kyoto e sarebbero calate nei tre anni successivi (fino al 2008, quindi) di 35 milioni di tonnellate di C02 equivalenti. Nel 2009 si è avuto poi il massiccio calo delle emissioni di CO2, pari a 36,3 milioni di tonnellate in un solo anno tanto da raggiungere, una diminuzione che per la fondazione di Ronchi sarebbe quindi del 3% e non del 2% rispetto al 1990. Un effetto che sarebbe dovuto in maniera prevalente alla crisi economica e al conseguente calo della produzione (-17,5%) e della produzione di elettricità (-12,5%), sommato all'aumento della quota di energie rinnovabili (+9,3% a fine 2009) e al miglioramento dell'efficienza energetica (si è infatti ridotto il kilowattora per unità di Pil). Per arrivare quindi all'obiettivo previsto dal protocollo di Kyoto (483,3 MtonCO2 eq.) mancherebbe allora solo 19 milioni di tonnellate di C02 equivalenti da abbattere.
Un obiettivo che secondo Ronchi è possibile raggiungere in tre anni, «anche solo con una riduzione media come quella in atto prima della crisi»; una riduzione che «molto probabilmente, anche senza conteggiare i meccanismi flessibili sarà ancor maggiore del 6,5% richiesto». Un buon auspicio quindi anche per mantenere in piedi l'obiettivo per il 2020 «a meno che non si interrompano le misure di incentivazione delle rinnovabili e quelle di sviluppo dell'efficienza energetica».