[23/04/2010] News
LIVORNO. Secondo quanto scrive il sito nkj.ru, un team di geologi dell'università di Stato di San Pietroburgo e dell'Istituto di ricerche geologica russo Karpinski (Vsegei) ha scoperto una nuova tecnologia che permetterebbe di migliorare la produzione di metalli rari e che secondo la stampa russa rivestirebbe un'importanza strategica.
Il nuovo procedimento di estrazione dei metalli a partire dalle scorie della produzione mineraria porterebbe la percentuale di metali estratti a tra il 65 e l'85%.
I ricercatori russi ammettono che «Nei Paesi europei quest'indice è nettamente migliore, ma non sempre tutta una serie di componenti associati ai minerali viene utilizzata. Se ci contentiamo di dividere i minerali in pezzi di dimensioni normali, non possiamo ottenere un sensibile aumento dell'ampiezza della loro trasformazione. Ma se riduciamo queste frazioni a dimensioni nano-metriche, possiamo ottenere degli eccellenti risultati».
L'equipe di geologi russi avrebbe estratto, partendo dalle scorie minerarie, delle nano frazioni della dimensione di 1.000 nanometri.
Nkj.ru spiega che «La loro tecnologia, brevettata, permette di aumentare considerevolmente le riserve di metalli strategici utilizzando una materia prima poco onerosa, perché si tratta del minerale già uscito dalle profondità della terra. Le procedure tradizionali propongono di estrarre le nanofrazioni in una soluzione alcalina o acida. La particolarità di questa nuova tecnologia, ecologicamente sicura, è che l'estrazione delle nano frazioni si opera in una soluzione acquosa. In più, questo procedimento permette di individuare alcuni elementi chimici presenti a dei livelli di concentrazione di due o tre volte inferiori ai tassi abituali di estrazione».
L'interesse intorno a questa nuova scoperta è forte perché permetterebbe di isolare nelle scorie minerarie elementi disseminati come il renio (nella foto), un metallo molto costoso che in natura non si trova mai da solo ma sottoforma di impurità legate ad altri metalli del gruppo del platino. Per ottenere un chilogrammo di Renio bisogna trattare un'enorme quantità di minerale.
Il renio prende il nome dal fiume Reno, è stato l'ultimo elemento stabile presente in natura ad essere scoperto, nel 1925, infatti il Francio è stato l'ultimo elemento individuato in natura (1939), ma è instabile e liquido a temperatura ambiente e si può trovare nell'uranio e nel torio. Si tratta di un metallo pesante bianco-argenteo, con una concentrazione media di 1 parte per miliardo (Ppb), assomiglia chimicamente al manganese ed è ottenuto come sottoprodotto della raffinazione di molibdeno e rame.
Il Renio è uno dei più rari elementi della crosta terrestre e ha il terzo più alto punto di fusione dopo il tugsteno e il carbonio. Elena Panova, professore della facoltà di geologia del Vsegei spiega che «Grazie alla sua temperatura di fusione elevata, 3.000 gradi centigradi, le leghe contenenti renio costituiscono un materiale di costruzione promettente per le attrezzature nucleari. E' anche utilizzato nell'aeronautica e dall'industria di trasformazione petrolifera. Questa tecnologia apre nuove prospettive per l'estrazione del renio a partire dagli scisti neri e dalle bauxiti».
Infatti, le superleghe basate sul nichel utilizzate nei motori a reazione contengono fino al 6% di renio, facendo dell'industria aeronautica la più grande consumatrice di renio e dell'industria e dell'industria chimica catalitica un suo ramo importante. La scarsità del renio rispetto alla domanda ne fanno uno dei metalli più costosi a livello industriale, con un prezzo medio superiore ai 6.000 dollari al kg nel 2009.