[27/04/2010] News

Delta del Niger, l'amnistia del petrolio rischia di finire male

LIVORNO il programma di amnistia del governo nigeriano messo in atto per disarmare e riabilitare i ribelli del Delta del Niger offrendo loro una
pensione, formazione professionale e microcredito, ha prodotto una netta diminuzione delle violenze, dei rapimenti e degli attentati. Sono diminuiti i sabotaggi sulle condotte e in giro ci sono meno armi, quella che non sembra per nulla calata è la criminalità legata ai furti di petrolio. Ma l'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu, avverte: «I critici dicono che il governo ha commesso lo stesso errore di quasi tutte le altre campagne di disarmament, demobilization, rehabilitation and reintegration (Ddrr): troppo Dd (disarmo e smobilitazione) e non abbastanza Rr (riabilitazione e reintegrazione».

L'amnistia per i guerriglieri del Mend e di altri gruppi autonomisti del Delta del Niger è stata voluta del presidente della Nigeria Umaru Yar'Adua nel luglio 2009, dopo l'esplosione delle azioni armate tra il 2006 e il  2009 e quella che avrebbe dovuto essere una guerra lampo lanciata dall'esercito nigeriano, presto impantanatasi nelle paludi del Delta e che ha provocato solo morti, feriti e migliaia di profughi.
Nnamdi Obasi, un analista dell'International Crisis Group (Icg), spiega: «Il governo non ha applicato in maniera coscienziosa gli elementi di riabilitazione e di reintegrazione per l'amnistia. Questo è in parte stato attribuito al periodo di malattia del presidente, ma la causa è essenzialmente la cattiva progettazione e la mancanza di pianificazione».

La rivolta del Delta ha infatti ragioni soprattutto economiche, le comunità che ci vivono non traggono nessun beneficio dalla presenza delle multinazionali petrolifere e subiscono le conseguenze ambientali dell'estrazione del petrolio e del gas bruciato all'aria aperta. Il programma di amnistia prevede che i miliziani dei gruppi ribelli depongano armi nei centri di raccolta, che si iscrivano ad un corso di formazione professionale, ricevendo così 439 dollari a testa, prima di poter essere reintegrati nella vita civile. Il governo centrale di Abuja ha anche approntato delle misure per assicurare che una parte maggiore dei profitti del petrolio venga investita nello sviluppo economico degli Stati del Delta.

Il 21 aprile il presidente ad interim della Nigeria, Goodluck Jonathan, ha adottato una proposta di legge che dà la priorità alle imprese nazionali per la concessione delle aree petrolifere e che esige che le società straniere assumano più lavoratori locali. Pochi giorni prima aveva nominato un nuovo ministro degli affari del Delta del Niger e il nuovo ministro del petrolio dello Stato di Bayelsa, Diezani Alison-Madueke.

Secondo il governatore del Delta State, Emmanuel Uduaghan, «La maggior parte del bilancio dello Stato è investita nello sviluppo locale.

Nell'aprile 2010 le autorità del Delta State hanno adottato un budget di 2,2 miliardi di dollari, il 63% di questo verrà assegnato alla costruzione di infrastrutture negli Stati colpiti, inclusa la ricostruzione nel regno di Gbaramatu, un'area del Delta State composta da molti villaggi, che nel maggio 2009 è stata devastata dagli scontri tra le truppe governative e il Movement for the Emancipation of the Niger Delta (Mend)».

Il governatore dello Stato di Bayelsa, Timipre Sylva, ha detto all'Irin che il suo bilancio di 1,28 miliardi di dollari comprende la ricostruzione delle strade di accesso alla costa, il sostegno ai centri per i giovani e la ricostruzione dei centri sanitari. Nonostante tutto, è sempre più evidente che il governo centrale di Abuja ha sottovalutato le risorse necessarie per le attività di riabilitazione e reintegrazione a lungo termine, facendo gli stessi errori che hanno funestato i processi Ddrr nella Repubblica democratica del Congo, in Liberia e in Sierra Leone.

Il governo aveva previsto che al programma di amnistia si sarebbero iscritti 10 000 ex guerriglieri, se ne sono presentati almeno 17500, visto che ai veri ribelli si sono aggiunti giovani disoccupati, criminali e militanti di gruppi armati specializzate in rapimenti e razzie che Obasi chiama "micrants" (militant-criminals). Molti tra loro non si accontentano affatto del microcredito per la creazione di una piccola impresa e pretendono posti ben pagati dalle multinazionali petrolifere. «Un'altra preoccupazione - spiega Obasi all'Irin - è che, benché si siano iscritte al programma 17.500 persone, sono state depositate solo 2700 armi, il che è largamente al di sotto dell'arsenale che i militanti fanno circolare nella regione».

Andrew Cross, un ex guerrigliero di Ughelli, nel Delta State, si è lamentato con l'Irin: «I pagamenti mensili sono irregolari» e Oke Joseph, un esponente del movimento per i diritti umani conferma che «I centri di riabilitazione dove si suppone che questi ragazzi vengano formati, non dispongono delle attrezzature essenziali. Il programma è un fallimento. Gli attentati e l'auto-bomba messa nel luogo dei colloqui seguiti all'amnistia sono sufficienti per dire a tutti che il programma di riabilitazione post-amnistia non funziona».

Infatti, a segnalare il montare del malcontento e della protesta ci ha pensato il solito Mend, con due bombe piazzate a metà marzo a Warri, una città del Delta State, proprio fuori dallo stabile dove le autorità nazionali e locali discutono del programma di amnistia.

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